Di Gigi Giudice

La RIB-Reinsurance International Broker si segnala al mondo degli operatori per l’annuale Convegno di Cap Ferrat. Che promuove da diciotto anni, imponendosi fra le consuetudini dell’universo assicurativo, non solo italiano.

Un modo entrante di fare pubbliche relazioni e, nello stesso tempo, di mantenere l’attenzione su come si sta orientando il business assicurativo.

Aiuta abbastanza il clima atmosferico, che ha dell’incredibile quanto a mitezza. Quando già sulle nostre riviere l’aria è autunnale, nell’ansa di Cap Ferrat si fa il bagno. Non vi dico della piscina dell’Hotel Royal Riviera, la cui l’acqua è riscaldata.

Mescolando dolcezze a confronto di idee, la mattina del 28 sono iniziati i lavori, introdotti da Franco Curioni, presidente della RIB, che, di fronte ai venti di una crisi che non cessa di mordere, ha fatto appello alle doti di pragmatismo e ottimismo che fanno parte della sua personale visione del mondo.

Unendo sapienza a leggerezza, Fausto Panzeri è entrato nella parte di moderatore-delibatore di commenti presentando il presidente dell’AIBA, Francesco Paparella, che in tandem con Antonia Boccadoro, alle prime uscite come segretario generale, ha svolto l’intervento su crisi economica e futuro del brokeraggio.

Cresce il numero dei broker e la loro quota di mercato, ma l’assetto iperconcentrato delle compagnie ingessa la competizione. Per non dire delle carenze di innovazione quanto a prodotti, accompagnata dall’affievolimento del background tecnico e dalla quasi demotivazione al cimento nell’area corporate.

Per il futuro, al di la delle fantasmagoriche ipotesi sciorinate da Accenture (90 miliardi di premi a portata degli assicuratori) al recente insurance day di Milano Finanza, si spera nel quasi miracolo della ripartenza degli investimenti e nella sensibilizzazione delle piccole medie industrie.

Antonia Boccadoro si è diffusa sullo scenario macroeconomico di medio-lungo periodo, augurandosi una crescita dimensionale dell’imprenditoria italiana per reggere alle sfide internazionali. Mentre c’è urgenza di liberalizzazioni, di riforma della previdenza e di sburocratizzazione.

Dovendo ragionare in chiave europea, gli assicuratori sono alle prese con le novità di Solvency II e di direttive come la IMD2, mentre l’impianto normativo e regolamentare nazionale tiene desta l’attenzione degli operatori, che devono pure subire la ferula dell’Istituto di vigilanza, che nel 2010 ha erogato 39 milioni di euro di sanzioni agli intermediari e 41 alle compagnie.

L’auspicio è che – insieme alla maggiore snellezza dei regolamenti- l’impianto sanzionatorio diventi meno oneroso.

Nel relazionare sulla congiuntura economica e la dinamica del credito alle imprese, Raffaele Rinaldi, responsabile dell’ufficio crediti dell’ABI, ha detto che i prestiti alle famiglie e alle imprese da parte del sistema bancario italiano crescono molto più che nel resto d’Europa. Pur a fronte di sofferenze lorde che hanno raggiunto i 100 miliardi di euro.

Il sostegno delle banche alle imprese per dare loro liquidità c’è stato, ma l’impreveduto protrarsi della crisi continua a pesare. Con la necessità – per rispettare le regole europee – di doversi capitalizzare in misura molto maggiore rispetto al passato. Con il rischio che l’aver in pancia titoli del debito pubblico faccia avvitare l’intero sistema. Il dowgrading dell’Italia è un mostro difficile da fronteggiare.

Introdotta da Jean Choueri, personalità con un passato di grande impegno nell’ambito di Munich Re, la relazione di Mowaffaq Ridha, chief executive della Scope Insurance Consultancy Company, ha preso in esame le conseguenze che potranno derivare ai sistemi assicurativi dei paesi arabi dopo le recenti vicende della “primavera araba”.

Argomento su cui gli assicuratori italiani dovrebbero essere sensibili, data la storia dei rapporti e della presenza dell’Italia su quella che era chiamata “la quarta sponda” del Mediterraneo.

All’illustrazione dello stato dell’arte in quelli che sono i 19 paesi arabi e all’indicazione delle prospettive potete leggere un articolo nel numero di Assinews di novembre in uscita in questi giorni.

 

L’intervento di Mario Tommasi, responsabile dell Investment Management della Banca Aletti (che fa capo al Banco Popolare) ha messo il dito sull’assenza di un potere centrale bancario europeo.

Un handicap che rischia di mettere a repentaglio la tenuta dell’euro. Di fronte al rischio défault di alcuni paesi, l’arca di salvataggio potrebbe essere l’emissione di eurobond. Ma l’unico paese nelle condizioni di farlo è una Germania per ora non disponibile.

Intanto si deve fare i conti con la grave situazione dell’Italia, la cui potenziale uscita dall’euro porterebbe alla fine della stessa moneta europea.

La BCE ha sbagliato ad alzare i tassi in presenza di momenti di rallentamento dell’economia. Sarà un’impresa per Mario Draghi ottenere provvedimenti che possono in qualche modo favorire l’Italia.

Desta nel contempo stupore vedere come la Francia, la cui situazione dei conti economici non è certo rosea, riesca a mantenere un apparente distacco dai problemi che assillano le economie europee. E stupisce anche il prestito di 2,3 miliardi di dollari delle banche Usa a quelle anglosassoni e tedesche.

Bernake stima che, fino al 2013, la ripresa economica sarà surplace. Ma nel frattempo?

 

Giacomo Birolini, executive director Treaty Department della RIB, con“La riassicurazione non tradizionale nel controllo delle esposizioni catastrofali del capitale”  ha esposto un tema di feroce tecnicismo, oltre i limiti della possibilità di sintesi. Dunque rinvio a un prossimo Assinews la sua integrale illustrazione.

Fuori dai tecnicismi è l’argomento trattato dal vostro umile scriba: “Assicuratori, Assicurazioni e Risorgimento”. Su cui potete documentarvi a josa andando a rileggere le puntate uscite sui numeri di Assinews, da marzo a ottobre. In coincidenza con i 150 anni dell’Unità d’Italia sono ripercorse, attingendo dalle pagine di un bibliografia abbastanza fitta, le vicende risorgimentali in cui sono stati protagonisti parecchi uomini dell’assicurazione.

Presenza fissa da almeno cinque edizioni del Convegno, il presidente dell’Ania, Fabio Cerchiai, ha svolto il suo intervenuto alla ripresa dei lavori il mattino seguente (dopo la tradizionale cena di gala, che ha avuto come seguito una serie di esibizioni di assicuratori-musicisti-cantanti, partecipatissime dalle signore che si elettrizzano quando si tratta di cimentarsi su evergreen come “Luci a San Siro”, “Io vagabondo”, “Genova per noi” ). Per affrontare i nuovi scenari competitivi, l’assicurazione italiana deve tener conto della crisi originata dal fallimento Lehman Brothers. Che si è estesa all’economia occidentale, senza che le cure con cui si è tentato di guarire l’infezione sortissero gli effetti sperati. Anzi, la crisi si è aggravata, estendendosi ai debiti sovrani e incidendo sugli assetti produttivi di molti paesi. Come nel caso dell’Italia, che ha il carico di un debito pubblico da record.

La crisi si protrarrà per diversi anni, anche negli Stati Uniti. Dunque non si potrà contare su una crescita economica significativa.

Ci si avvia a una situazione rischiosissima: un mercato di tassi d’interesse drogato determina una volatilità che non consente di pianificare a medio termine.

Ne consegue la fuga degli investitori che puntano a portare i loro denari là dove c’è stabilità.

E l’Italia si trova in una situazione tuttaltro che stabile.

Le compagnie,tradizionalmente grandi investitori istituzionali, non hanno avuto bisogno, come invece è accaduto in molti paesi, a partire dagli Usa, di interventi pubblici per resistere all’impatto della crisi. Sono dotate di margini di solvibilità al disopra dei limiti richiesti e hanno superato gli stress test.

I regolamenti, il loro rispetto, avranno un forte impatto sulle possibilità di ripresa. Pur con il timore che un eccesso di regole possa provocare asfissia.

 

Per uscire da una situazione di tale difficoltà occorre uno sforzo di sistema. Non solo a parole.

Controllori e controllati, forze e rappresentanze sociali debbono confrontarsi. Per rispondere al problema dell’invecchiamento della popolazione, “ripensando” il sistema pensionistico, sul quale finora i politici non si sono voluti impegnare se non per soluzioni a breve. Che non possono risolvere alcun problema. Mentre occorrono riforme strutturali.

Cinque associazioni imprenditoriali (fra cui l’Ania) hanno redatto il testo di un “Progetto per l’Italia”, in cui si rinuncia a interessi di settore per lavorare su un documento essenziale. Dove si arriva a prevedere l’introduzione di una patrimoniale ragionevole.

Ma al “Progetto Italia” il governo in carica non ha dato risposte. Solo l’opposizione ha manifestato consensi, probabilmente in funzione antigovernativa.

Su cosa possano fare gli assicuratori per contribuire a risollevare le sorti del Paese e risolvere i problemi di un welfare pubblico alle corde Fabio Cerchia ha rinnovato i dubbi che lo assalgono da tempo.

Da quando si è reso conto che nelle teste di chi ha responsabilità di governo non balugina nemmeno l’idea di vedere nell’assicurazione uno degli strumenti cui riferirsi per sopperire alle carenze dello Stato. Prevale la logica del ragionare a brevissimo termine. Quindi del non fare.

Gli assicuratori, più di dieci anni fa, avevano prodotto rilevazioni e studi sulle aree del Paese dove è maggiore la possibilità che si verifichino catastrofi naturali.

L’asilo che con il contributo degli assicuratori è stato costruito a L’Aquila è rimasto come ai tempi del terremoto.

Previdenza, sanità,assistenza. Temi delicatissimi sui quali gli assicuratori vogliono cooperare con lo Stato, tenendo conto della sostenibilità economica dei bilanci delle famiglie.

Pronti a misurarsi con chi governa su piani e programmi e tempi credibili

Identificando le azioni che aiutino le famiglie e le imprese nell’utilizzo della leva fiscale per favorire gli investimenti in previdenza privata. All’insegna dello slogan “migliore Stato e migliore mercato” .