Più tasse su case (anche le prime) e consumi e meno sui redditi di privati e imprese. Questo potrebbe essere il titolo della manovra fiscale di Mario Monti, l’economista chiamato a furor di popolo dall’Europa a risolvere i problemi italiani. Ma quale sarà sulle società quotate a Piazza Affari l’impatto di una riforma che intende comunque utilizzare parte delle risorse per rilanciare l’economia? Gli analisti interpellati da B&F fanno un’analisi ad ampio spettro: se è vero che il taglio dell’Irap fino al 30% è l’unica scelta possibile per dare fiato alle Pmi, è altrettanto vero che un aggravio di circa 480 euro a famiglia (derivante da aumento dell’Iva e reintroduzione dell’Ici, secondo le stime della Cgia, l’associazione degli artigiani e delle piccole imprese di Mestre) avrebbe un impatto negativo sulle società che fanno retail, come Benetton e Stefanel, sui produttori di beni di consumo, come Zucchi, Caleffi, ma anche Fiat e Piaggio e su costruttori, cementieri e società immobiliari (vedere infografica in pagina). «Con un patrimonio netto di 8.700 miliardi, o 340.000 euro pro capite, i proprietari di casa italiani sono i meglio posizionati del G7», sostiene Daniele Antonucci, analista di Morgan Stanley. Almeno per ora. «Un’Iva cresciuta in pochi mesi dal 20 al 23% comporterebbe una spesa media supplementare per l’acquirente di un’auto nuova di quasi 700 euro: non c’è modo migliore per smantellare un settore già in sofferenza, perché non è pensabile affrontare una contrazione dei volumi di vendita con un aumento della tassazione», ha dichiarato in merito Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto che poi ha aggiunto: «Un aumento di altri 2 punti sull’Iva rischia di decimare l’intero settore automotive, che da solo vale il 12% del prodotto interno lordo».
Saranno invece avvantaggiate le banche retail da una misura singolare: quella di limitare il prelievo di contante a favore delle transazioni in denaro virtuale. Mentre la necessaria riforma delle pensioni darà gas a società di assicurazioni nel ramo vita e Sgr. «Mediolanum e Generali innanzitutto potrebbero beneficiare di un tendenziale incremento della previdenza privata», afferma Patrizio Pazzaglia di Banca Leonardo.
Non solo. Al di là delle singole mosse strategiche per la manovra e, successivamente, per il rilancio dell’economia, attenzione va prestata anche alla squadra di Governo formata da Monti. «La nomina di Corrado Passera al ministero delle infrastrutture mi lascia pensare che ci sia un buon margine di manovra sul settore. Lo stesso nome del Ministro è una garanzia in tal senso», commenta Pazzaglia. Per questo, a giudizio del gestore, pur in un contesto di evidente e necessaria prudenza potrebbe rivelarsi uno spunto strategico di investimento giocarsi la carta di quelle società attive nel settore delle infrastrutture. «Impregilo, Astaldi, Trevi e Ansaldo Sts, tutti i big contractor per iniziare – spiega Pazzaglia – Mi aspetto iniziative nel comparto che, in un secondo tempo, possano dare sprint all’economia del Paese. Ma non si tratta solo di questo. Su Impregilo e Ansaldo Sts c’è anche un forte appeal speculativo. In entrambi i casi infatti ci potrebbero essere dei cambiamenti di proprietà che potrebbero passare anche dal mercato». Cautela invece sui consumi, che potrebbero essere penalizzati da una pressione fiscale vista in forte aumento, e sulle società regolamentate (dalle società che gestiscono le reti autostradali come Atlantia o Sias, ai gruppi erogatori di servizi come le utility) che potrebbero a loro volta risentire di un irrigidimento delle tassazione o degli interventi richiesti. Quanto alle privatizzazioni, per l’esperto di Banca Leonardo non è questo il momento per collocare le società strategiche ancora partecipate dallo Stato.
Ma è chiaro che la riforma da sola non salverà l’Italia. «I problemi dell’Italia non possono essere risolti con una sola manovra – dice a B&F Jon Day, gestore alternativo del Bny Mellon Global Bond fund – riformare l’economia e ricostituire il suo potenziale di crescita richiederà molto più tempo. Tuttavia Monti dovrà concentrarsi su come ridurre il debito pubblico, oggi al 120% del Pil. Ha la fortuna di aver iniziato con un basso deficit annuale e ha l’opportunità di ampliare la base imponibile tramite le tasse sul patrimonio come ad esempio le tasse sulla proprietà, più difficili da evadere». Sfortunatamente qualsiasi inasprimento fiscale influirà direttamente sul Pil e con il rallentamento della crescita mondiale, questo rischia di portare l’Italia alla recessione, cosa che, a quel punto, renderebbe molto più difficile ridurre il debito. «In ogni caso – continua Day – riforme che cambino la struttura sottostante dell’economia per riportare il Paese a essere competitivo sono assolutamente vitali per tentare di compensare l’austerità specialmente senza banche centrali indipendenti che possano ridurre il tasso di interesse o svalutare la moneta in modo indiretto». Secondo il gestore di Bny Mellon Am perché il Paese recuperi competitività è necessario un decennio, un tempo simile a quello che servì alla Germania per tornare a brillare dopo la riunificazione tra est e ovest. «Sfortunatamente, crediamo che il mercato obbligazionario impiegherà molto tempo per riconquistare fiducia – conclude Day – e abbiamo già visto come in Grecia le manovre di austerity per ridurre il debito possano essere fatte naufragare da una crescita a segno meno. Il mercato avrà bisogno di vedere la prova della stabilizzazione dell’economia italiana e la prova di riforme reali. Crediamo che le emissioni obbligazionarie del governo italiano rimarranno ampie il prossimo anno e che il supporto della Bce sarà di vitale importanza per tenere sotto controllo i rendimenti».