di Guido Salerno Aletta

L’Isvap ha sanzionato, ancora una volta, una serie di compagnie assicurative per violazione dell’obbligo a contrarre nel settore della responsabilità civile auto: le tariffe proposte, nei casi prospettati dagli utenti, erano talmente alte da rappresentare un’offerta inaccettabile sotto il profilo della eccessiva onerosità per il contraente. Anche il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato è intervenuto di recente sulla questione, rilevando un tasso elevato di frodi nel settore e l’insufficiente azione di contrasto da parte del sistema assicurativo. La stessa innovazione a favore degli utenti contenuta in una delle famose lenzuolate per la liberalizzazione del mercato, consistente nella liquidazione diretta dei danni da parte della compagnia dell’assicurato anziché da quella del responsabile dei danni arrecati e che fu improvvidamente salutata come una conquista dei consumatori per la maggiore celerità della liquidazione del sinistro che ne sarebbe derivata, ha contribuito a ridurre ulteriormente l’incentivo a contrastare le frodi.

La situazione è palesemente fuori controllo: si è aperta una forbice preoccupante sotto il profilo del rapporto tra vetture che risultano immatricolate, e per le quali viene regolarmente pagata la tassa di proprietà, e vetture che vengono assicurate. Alcune vanno in giro con contrassegni assicurativi contraffatti, altre con contrassegni rilasciate da compagnie non abilitate a operare sul territorio italiano, così come ci sono casi in cui c’è un veloce carosello messo in scena da compagnie che si fanno pagare i premi e poi evaporano senza lasciare tracce, ma infiniti problemi agli assicurati e alle autorità di vigilanza. Finora ha retto il meccanismo di copertura residuale dei danni da parte del Fondo vittime della strada, alimentato con una quota parte dei premi pagati da coloro che sottoscrivono il contratto assicurativo, ma ormai è saltato il meccanismo con cui per anni il rincaro delle tariffe è stato il comodo rimedio per fronteggiare il fenomeno delle frodi. Fenomeno non italiano, visto che dai dati ufficiali risulta che il numero dei tentativi rilevati e sanzionati in Gran Bretagna e Germania è tra le due e le quattro volte superiore rispetto a quello riscontrato da noi in Italia. A dare retta alle statistiche, l’Italia sarebbe in teoria il Paese con le frodi più basse d’Europa ma, non casualmente anche quello in cui in pratica le tariffe assicurative sono le più alte: i cittadini che si assicurano pagano il costo del mancato contrasto alle frodi da parte delle compagnie. In Italia, quindi, non ci troviamo di fronte a maggiori rischi di incidentalità, di un numero maggiore di furti d’auto o di costi più alti nelle riparazioni degli automezzi, ma alla semplice traslazione sulle tariffe dei maggiori costi derivanti dal mancato contrasto delle frodi, che altrove avviene e da noi no. Viene spontaneo chiedersi il perché accada tutto questo solo in Italia. La risposta è semplice, purtroppo sempre la stessa: i costi e i tempi delle procedure giudiziarie, per difendersi dalle tentate frodi, sono superiori al costo evitato. C’è un intero mondo di soggetti che prima vivevano sui costi del contenzioso giudiziario e che di recente si dedica con ancora minori scrupoli e con maggior successo a far lievitare le richieste di risarcimento diretto: viene il dubbio che, mentre una volta venivano risarciti solo i danneggiati di un sinistro, ora anche il danneggiante del medesimo sinistro trovi una qualche maniera per farsi risarcire quelli riportati dalla propria autovettura.

Che ci siano ormai sinistri del tutto fittizi non è una novità. La liquidazione diretta del danneggiato ha avuto come effetto indiretto anche quello di semplificare e di accelerare la riscossione dell’indebito, visto che è stato eliminato il naturale contrasto di interessi tra chi tenta di truffare e chi è altrimenti tenuto a pagare. L’obbligo di assicurarsi e la liberalizzazione dei premi senza limiti agli aumenti e senza adeguati controlli sulle frodi hanno prodotto una situazione paradossale, simile a quella del gestore del supermercato che non ha interesse a reprimere i furti alle casse, perché si rifà sui prezzi: tanto, si può comprare solo da lui. Ora che l’Isvap ha cominciato a sanzionare i casi più eclatanti, stiamo tutti in attesa di osservare le reazioni che ne verranno. Quando si tratta di aumentare le tariffe, ci sono sempre di mezzo le medie europee cui adeguarsi, la redditività che va rispettata perché altrimenti si diserterebbe il nostro mercato; quando si tratta di farle scendere perché sono più alte, emergono d’improvviso, come ostacoli insormontabili, le peculiarità italiane. Quello che c’era e c’è di veramente insormontabile è il malfunzionamento della giustizia civile, che non dipende dall’impegno dei magistrati né dai codici di procedura, ma dall’interesse ad avvalersene a sproposito, senza costi e senza rischi. Inutile, limitarsi a istituire un’Agenzia antifrode, l’ennesima autorità che si va ad aggiungere alle altre, finora incapaci di contrastare il fenomeno. Meglio sarebbe obbligare le compagnie a rientrare nei parametri europei anche per quanto riguarda la repressione delle frodi e incentivare l’utilizzo di soluzioni tecnologiche a basso costo per il rilevamento delle dinamiche dei sinistri. Quanto basta a far cambiare il paradigma di fondo: chi tenta una truffa deve avere la ragionevole certezza di essere consegnato alle patrie galere, non quella di ricevere in tempi ragionevolmente certi un assegno. Ormai è chiaro: a pagare le truffe non sono gli altri, siamo noi. (riproduzione riservata)