LUCA ENRIQUES *

La crisi del debito sovrano impone riforme che permettano di rendere l’indebitamento sostenibile nel breve e nel lungo termine. Non esistono facili ricette, ma è chiaro a tutti che un maggior rigore fiscale e di bilancio non sarà sufficiente: è indispensabile stimolare anche la crescita del settore privato.
Perché possano crearsi le condizioni di un rinnovato sviluppo è necessario che siano ridotti gli oneri amministrativi che gravano sulle imprese, per tali intendendosi sia i costi che derivano dall’adempimento di oneri burocratici sia quelli risultanti da regole che non producono benefici superiori ai costi stessi. Per corporate governance si intende il modo in cui le società sono gestite e controllate: esistono oggi innumerevoli previsioni, di legge e di regolamento, europee e nazionali, che la disciplinano, e ancor di più saranno in futuro, a giudicare dall’attivismo che la Direzione Generale del Mercato Interno della Commissione ha mostrato ultimamente. Alcune norme sono giustificate ma altre non supererebbero una valutazione costi/benefici condotta con criteri rigorosi e senza il pregiudizio per cui la presenza di rischi di comportamenti scorretti giustifica vincoli rigidi all’agire privato.
L’Ue dovrebbe procedere con decisione alla revisione delle regole di corporate governance per eliminare le regole che impongano oneri amministrativi non giustificati. Essa dovrebbe altresì raccomandare agli Stati membri un analogo esercizio e spingerli a rendere più flessibili i rispettivi ordinamenti societari anche attraverso l’introduzione di regimi opzionali europei in diversi ambiti (come, limitatamente alle non quotate, per i gruppi di società). Le norme europee in tema di informazione societaria e finanziaria e di revisione legale impongono alle società, specialmente mediopiccole, costi significativi e non sempre proporzionati: ne sarebbe auspicabile una revisione complessiva, sottoponendo ciascuna previsione a una rigorosa analisi costi/benefici e a una stringente verifica di proporzionalità.
È politicamente impraticabile proporre che vi sia meno informazione o propugnare un quadro di regole che, pur liberando risorse, accresca il livello di rischio. Difficile politicamente è poi ogni tentativo di ridefinire le regole in modo da ridurre le rendite che esse generano per gruppi di interesse pubblici e privati. La strada della revisione del diritto societario europeo che intenda ridurre gli oneri amministrativi dovrebbe accompagnarsi a un rafforzamento della tutela degli investitori contro il rischio di pratiche espropriative da parte degli amministratori e degli azionisti di controllo, core business del diritto societario. L’espropriazione a danno degli investitori può avvenire nei modi più disparati, tra i quali i più comuni sono le operazioni in conflitto d’interessi e gli abusi di mercato. Le regole europee che contrastano queste pratiche scorrette dovrebbero restare in vigore e anzi essere rafforzate: ad esempio, estendendosi le norme che nella proposta del nuovo regolamento sugli abusi di mercato richiedono la comunicazione delle operazioni di Borsa degli insider agli azionisti di controllo, come già in Italia. Ancora, si potrebbero predisporre nuove disposizioni europee sulle operazioni in conflitto d’interessi introducendo, almeno suppletivamente, il requisito della necessaria approvazione da parte della maggioranza dei soci per operazioni di grandi dimensioni, come raccomanda il Doing Business Report della Banca Mondiale.
Un approccio simile non sarebbe in grado, da solo, di rendere più facilmente percorribile la strada della semplificazione del diritto societario europeo: i soci di controllo sono una lobby potente, che naturalmente si aggregherebbe con altri interessi costituiti per opporsi a queste novità. Pertanto, anche per meglio affrontare le resistenze dei vari gruppi di interesse che traggono rendite di posizione dal diritto societario, la revisione dovrebbe, in secondo luogo, riguardare esclusivamente le società che verranno ad esistenza o si quoteranno in futuro: esse dovrebbero essere libere di scegliere tra il nuovo regime e quello tradizionale. Questo doppio binario potrebbe rappresentare la soluzione per promuovere la crescita del mercato europeo dei capitali senza toccare nell’immediato le rendite esistenti. Alle norme attuali si affiancherebbe una nuova disciplina, più leggera in termini di vincoli posti all’ordinaria attività d’impresa svolta in situazioni non conflittuali ma, al contempo, in grado di contrastare efficacemente eventuali estrazioni di benefici privati da parte degli amministratori e dei soci di controllo.
*Commissario Consob. Sintesi dell’intervento alla European Corporate Governance Conference, novembre 2011.
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