Il rendimento del decennale è troppo basso (1,98%) e la Germania non è più considerata un rifugio sicuro Gli investitori latitano e si dirigono verso Usa e Regno Unito. La moneta unica scende a 1,332 dollari 

di Marcello Bussi

Siamo al redde rationem: nessuno è più immune dal contagio. Dopo Spagna, Italia, Belgio e Francia ormai anche la Germania traballa. L’asta dei Bund decennali che si è tenuta ieri è stata «un disastro», come ha detto Jens Peter Sorensen, capo degli analisti di Danske Bank.

 

Il Tesoro tedesco avrebbe dovuto piazzare fino a 6 miliardi di euro. Ne ha invece raccolti 3,6, di cui 2,4 provenienti dalla Bundesbank, una somma, quest’ultima, pari al 39% dell’offerta. Si tratta della più grande quota di debito invenduto in un’asta di Bund decennali dal 1995. Nouriel Roubini ha subito commentato con un tweet, parlando di «giustizia poetica». Secondo l’economista della New Yok University, infatti, la Bundesbank continua a considerare un anatema gli acquisti di titoli di Stato dei Paesi a rischio sul mercato secondario effettuati con parsimonia dalla Bce, ma non ha esitato a intervenire direttamente sul primario per evitare che l’asta dei Bund si trasformasse in una disfatta totale. Si tratta di un «segnale allarmante», ha detto Ewald Nowotny, governatore della Banca centrale austriaca, spiegando che l’incertezza sui mercati è molto alta e spetta ai governi decidere se lanciare gli eurobond. Questi ultimi sono considerati un modo efficace di resistere alla speculazione sui titoli di Stato dei Paesi di Eurolandia, insieme alla trasformazione della Bce in prestatore di ultima istanza.

 

Ma entrambe le soluzioni sono duramente osteggiate da Berlino. Così, lasciando i Paesi dell’unione monetaria senza vere difese, si rischia seriamente di assistere agli «ultimi giorni dell’euro», come ha scritto lunedì scorso Credit Suisse. E tutti sono convinti che la Germania non uscirebbe immune dal crollo della moneta unica. Ecco perché, di fronte a questa prospettiva, gli investitori sono rimasti alla larga dall’asta di ieri, dove il Bund decennale è stato collocato con un rendimento dell’1,98%, giudicato troppo basso visto che Berlino rischia di perdere lo status di rifugio sicuro. Non a caso due giorni fa Thorsten Polleit, capo economista di Barclays Capital Deutschland, aveva avvertito che la tripla A per la Germania «non è affatto garantita». E anche se il governo tedesco, rendendosi conto che l’euro è sull’orlo del baratro, decidesse di fare cadere il veto sugli eurobond e sulla Bce stile Federal Reserve, il rendimento dei Bund sarebbe destinato a salire comunque perché con queste scelte si metterebbe in moto un processo di trasferimento di ricchezza dai Paesi più solidi a quelli più a rischio.

L’epoca in cui Berlino, approfittando del crollo della fiducia nei confronti degli altri Stati di Eurolandia, poteva finanziare il proprio debito pubblico (pari all’83,7% del pil, un livello decisamente superiore al 65,2% della martoriata Spagna) a costo zero sta quindi per finire. Logica vorrebbe che il governo tedesco si decidesse finalmente ad approntare misure rapide ed efficaci per evitare la fine dell’euro.

 

Ma Berlino insiste nel sostenere che l’unica risposta capace di riportare la fiducia è una riforma dei Trattati Ue che preveda, tra l’altro, la perdita della sovranità sui bilanci per i Paesi inadempienti. Ma una simile riforma richiede tempi che non si conciliano con la rapidità dei mercati, che nel frattempo potrebbero mettere definitivamente in ginocchio l’intero progetto di unificazione europea. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, parlando ieri sera all’Associazione dei sindaci, ha dichiarato che o l’Europa «uscirà tutta insieme» dalla crisi «o ognuno morirà per conto suo». «I 17 Paesi della zona euro devono essere più integrati e la Germania e la Francia» devono essere «lo zoccolo della stabilità della zona euro», ha aggiunto Sarkozy.

Oggi vedremo che cosa ne pensa il presidente del Consiglio, Mario Monti, che a Strasburgo incontrerà la cancelliera tedesca e il presidente francese, il famigerato mostro Merkozy.

Ma se la Germania non è più un rifugio sicuro, dove ci si può riparare dalla tempesta che scuote l’Europa? La risposta, come sempre, la danno i rendimenti dei titoli di Stato. Ieri quello del T-bond decennale Usa è sceso all’1,893%, mentre il Bund è salito all’1,967%. In calo anche il rendimento del Gilt britannico, al 2,036%. Da questo caos escono vincenti gli Stati Uniti, sempre più rifugio sicuro anche grazie alla libertà di manovra della Fed, nonostante il rapporto debito pubblico/pil sia nettamente superiore a quello della Germania (101% contro 83,7%).

Ieri infine la Banca centrale greca ha avvertito che Atene rischia un’uscita disordinata dall’euro, in caso di mancata attuazione delle riforme. La moneta unica è scesa da 1,345 a 1,332. Mentre le borse europee hanno chiuso in territorio negativo e ancora una volta Piazza Affari (-2,6%) si è aggiudicata la maglia nera. (riproduzione riservata)