La proposta di rendere temporaneamente impraticabili le scalate ostili agli istituti di credito e alle altre imprese strategiche è stata rilanciata ieri al Comitato di stabilità dal presidente della Consob Vegas. Bankitalia rassicura

di Roberto Sommella 

Il governo si prepara a blindare le banche italiane reintroducendo nell’ordinamento alcuni dei paletti anti-opa ostili già varati nel 2008 in piena burrasca finanziaria. E potrebbe farlo presto, forse con un provvedimento apposito o con un emendamento alla legge di stabilità se i corsi azionari degli istituti si manterranno ancora su livelli di guardia.

Il suggerimento all’esecutivo, oggi come allora, è arrivato dal presidente della Consob, Giuseppe Vegas che ieri ha partecipato alla riunione del Comitato di stabilità finanziaria insieme al ministero dell’Economia, all’Isvap e alla Banca d’Italia. Vegas, così come il suo predecessore Lamberto Cardia, ha portato all’attenzione del ministro dell’Economia Giulio Tremonti e del vicedirettore generale della banca centrale, Anna Maria Tarantola, quanto sottolineato molto chiaramente dal presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli non più tardi di due giorni fa: gli istituti di credito italiani, che una decisione questa sì davvero ostile dell’Eba (l’Authority bancaria europea) costringerà a ricapitalizzazioni per quasi 15 miliardi di euro, hanno di fronte a loro due strade: una strisciante nazionalizzazione o diventare prede di appetiti stranieri. E se a questo si aggiunge che oggi è possibile acquistare i big del credito in borsa con 40 miliardi di euro, il quadro da allarme rosso è completo. Ecco perché Vegas ha messo sul tappeto un tema così importante che ora sarà esaminato da Tremonti.

Il presidente della Consob, peraltro, fin dal suo insediamento ha perorato la causa della revisione delle leggi che sovrintendono l’opa obbligatoria in Italia. Lo scorso maggio, nella sua prima relazione annuale, Vegas è intervenuto sul tema della contendibilità dei gruppi quotati. «Non sempre le acquisizioni sono guidate dal desiderio di incrementare il valore dell’impresa, a volte celano intenti di sfruttamento di benefici privati, di acquisizione di potere di mercato e creazione di posizioni dominanti», questo il suo pensiero, «da sempre la legislazione italiana ha fortemente privilegiato la contendibilità, limitando le possibilità di difesa delle società a fronte di scalate ostili. L’effetto indesiderato è stato quello di accentuare la chiusura degli assetti proprietari delle imprese». Queste dichiarazioni arrivarono in un momento in cui la normativa opa era al centro dell’attenzione per via della scalata di Lactalis aParmalat. Per Vegas, insomma, «diventa cruciale definire norme sull’opa in grado di contrastare il rischio di distruzione di valore» e inoltre «tutelare l’interesse del mercato perché le acquisizioni non incidano negativamente sulla governance post-opa delle società-obiettivo». L’ex viceministro dell’Economia ha auspicato così da tempo l’ampliamento delle possibilità di difesa: in particolare, questa la sua proposta sul tavolo, si potrebbe «sviluppare l’orientamento che ha permesso alle società quotate di derogare per via statutaria alla disciplina della passivity rule».

Come si tradurrà questa intenzione del governo? Non è ancora dato saperlo. Giova ricordare che nel 2008 l’esecutivo, sull’onda della tempesta finanziaria dovuta al fallimento di Lehman Brothers, varò appunto un decreto che di fatto blindava le aziende italiane, impedendo le scalate ostili: oltre alla sospensione della passivity rule, l’esecutivo Berlusconi, su suggerimento del presidente della Consob Lamberto Cardia, istituì l’innalzamento della soglia per l’acquisto di azioni proprie dal 10 al 20% e inasprì il tetto per l’incremento annuale della quota dei soci di maggioranza (portata al 5%) che faceva scattare l’opa da consolidamento. Tutte queste misure sono state successivamente ritirate, salvo la possibilità autonoma, per ciascuna azienda, di reinserire la sospensione della passivity rule nel proprio statuto.

 

Sicuro sulla solidità delle banche italiane si è detto il Comitato a fine riunione. La Banca d’Italia ha sottolineato che il sistema bancario italiano sta subendo «l’impatto della crisi del debito sovrano e della modesta crescita economica e risente di difficoltà di raccolta sui mercati internazionali all’ingrosso». Le banche italiane «dispongono però di ampi margini per aumentare il ricorso al rifinanziamento presso l’Eurosistema grazie alle attività stanziabili ancora disponibili». La dotazione patrimoniale delle banche italiane, secondo Via Nazionale, «è cresciuta nel 2011, mediante aumenti di capitale e la capitalizzazione degli utili e sarà ulteriormente rafforzata nell’ambito delle iniziative in corso a livello europeo». Ma un’aggiuntiva blindatura degli istituti non farà certo male. (riproduzione riservata)