Di Carlotta Scozzari

«L’aspetto del rapporto con la situazione internazionale è centrale e da questo punto di vista la figura che abbiamo chiamato ci appare particolarmente indicata». È anche con questa argomentazione che il presidente del consiglio di sorveglianza, Giovanni Bazoli, ha motivato le scelta del numero uno di Allianz Spa, Enrico Tomaso Cucchiani, come nuovo consigliere delegato di Intesa Sanpaolo. Così, come ha annunciato una nota della banca datata 24 novembre, «su proposta unanime del comitato nomine, il cds, al completo dei suoi componenti e all’unanimità, ha nominato Cucchiani membro del consiglio di gestione con decorrenza della funzione dal 22 dicembre 2011 (in modo che il manager abbia tempo per rassegnare le dimissioni dalle cariche incompatibili, ndr) e lo ha indicato al cdg quale consigliere delegato e ceo». Successivamente, il cdg, riunitosi sotto la presidenza di Andrea Beltratti, all’unanimità, ha formalizzato la nomina di Cucchiani.
«La nostra banca – ha argomentato Bazoli, che nella scelta sembra essersi mosso in asse con l’amico di sempre, il numero uno di Cariplo, Giuseppe Guzzetti – è di grande dimensione e complessità, presente soprattutto in Italia mentre all’estero non ancora sviluppata. Nel piano industriale – ha aggiunto Bazoli – abbiamo considerato anche l’opportunità di estendere all’estero la nostra presenza e questa è un’indicazione precisa della qualità della persona che cercavamo». Bazoli ha sottolineato inoltre come sia «di grande
importanza» l’esperienza e la professionalità che Cucchiani ha
in una delle strutture assicurative più grandi d’Europa. Il manager ex McKinsey, laurea in Bocconi e master alla Stanford University, è, inoltre, membro del cdg di Allianz Se, con la responsabilità dei mercati assicurativi in Europa, America Latina e Africa nonché del business Danni a livello mondiale. Sicuramente, dunque, un profondo conoscitore dei mercati internazionali e non soltanto del «giardinetto» italiano, anche se qualche osservatore fa notare che, soprattutto in questo momento, potrebbe rivelarsi azzardato spingere troppo sull’internazionalizzazione. E Unicredit, la banca prima concorrente di Intesa Sp, ne sa qualcosa visto che nell’ultima trimestrale ha dichiarato una perdita monstre da 10,6 miliardi, in gran parte legata alla svalutazione degli avviamenti ereditati dagli anni di fusioni e acquisizioni sfrenate su cui l’ex-amministratore delegato, Alessandro Profumo, aveva puntato tutto o quasi (sono addirittura stati azzerati i goodwill di Ucraina e Kazakhstan). Senza contare che, complice l’acutizzarsi della crisi, molti Paesi europei stanno frapponendo sempre più ostacoli all’arrivo e/o allo sviluppo di operatori stranieri (basti pensare alla Russia, che nei giorni scorsi ha chiesto alle proprie banche di limitare i prestiti alle controllate estere). Inoltre – e anche in questo caso Unicredit costituisce un esempio – sicuramente non incentiva l’internazionalizzazione la regolamentazione che impone agli istituti di maggiore rilevanza sistemica, le cosiddette Sifi, cuscinetti aggiuntivi di capitalizzazione. Nonostante questi ostacoli, il nuovo ceo Cucchiani, sessantunenne milanese di nascita e tedesco di azione, potrebbe riuscire laddove l’ex numero uno e attuale ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture, Corrado Passera, ancora non era riuscito: dare a Ca’ de Sass un tocco di internazionalità. Proprio come in Unicredit, banca che del resto Cucchiani conosce molto bene, non soltanto perché siede nel suo consiglio di amministrazione in rappresentanza di Allianz (per la formalizzazione delle sue dimissioni, preannunciate al presidente Dieter Rampl, sarebbe questione di giorni), ma anche perché il vicepresidente, Fabrizio Palenzona, è un suo caro amico. Poco più di un anno fa, tra l’altro, stando a quanto sembra emergere da alcune intercettazioni telefoniche che coinvolgono anche il faccendiere Luigi Bisignani, Cucchiani avrebbe contribuito alla defenestrazione di Profumo, anche nella speranza (poi vanificata dalla nomina ufficiale di Federico Ghizzoni) di raccoglierne il testimone. Da giovedì 24, però, è riuscito nell’intento di diventare ceo dell’altra big bancaria italiana.
Oltre all’internazionalizzazione, indicano gli analisti di Equita Sim nel morning note del 25 novembre, il manager bocconiano potrebbe a stretto giro dovere affrontare un altro tema, forse più spinoso (soprattutto per quel che attiene i rapporti con le Fondazioni socie): quello della politica di dividendo, che potrebbe essere rivista al ribasso. «In occasione del piano – spiegano gli analisti della Sim, che su Intesa hanno rating buy con target price a 1,5 euro – era stata indicata una cedola di 8 centesimi. L’azzeramento del dividendo, a nostro parere, sarebbe negativo, anche se altre banche come Société Générale e Unicredit hanno già fatto lo stesso passo. Dimezzarlo per portare il payout al 30% – concludono da Equita – ci sembrerebbe più accettabile».