Per gli economisti ed esperti intervenuti alla tavola rotonda di Class Cnbc la crisi del debito europeo è dovuta al fatto che al problema greco non è stata data risposta tempestiva. Ma per battere la speculazione l’Italia deve attuare subito il maxi-emendamento. Senza ricorrere alla patrimoniale 

di Andrea Cabrini ClassCnbc

Quella che stiamo attraversando più che una crisi economica è una crisi della politica. Quella stessa politica che ha lasciato degenerare un problema circoscritto come quello del debito greco al punto da mettere a rischio la stabilità di tutta l’Eurozona, se non di un’area più vasta.

Ma per l’Italia, e per il governo di Roma, ciò non può rappresentare un alibi per non agire. Anzi, sebbene il Paese non presenti problemi di solvibilità, per non offrire il fianco agli attacchi della speculazione internazionale deve rapidamente mettere in pratica, senza incoerenze e tentennamenti, almeno una parte delle misure contenute nel maxi emendamento al decreto Sostenibilità, presentate al G20 di Cannes appena concluso. E per soddisfare le aspettative dei mercati non occorrono interventi traumatici come un’imposta patrimoniale. Un grosso contributo potrebbe arrivare invece da una serie di cessioni del patrimonio pubblico, non solo immobili ma anche asset come beni dati in concessione o reti della Rai. È questa la conclusione cui sono giunti i partecipanti al dibattito ospitato da Partita Doppia, il talk show di Class Cnbc, che ha ospitato gli economisti Paolo Savona e Tiziano Treu, il direttore generale di Confindustria, Gianpaolo Galli, il senatore Lamberto Dini, il dirigente di M&G Investments Italia Matteo Astolfi, il docente di economia politica alla Bocconi di Milano, Carlo Altomonte e Paolo Panerai, direttore ed editore di MF-Milano Finanza.

Tutti soddisfatti con il taglio dei tassi Bce, la prima decisione di Draghi da presidente di Eurotower, meno dell’ipotesi patrimoniale che invece Galli ha caldeggiato.

Domanda. Secondo voi che cosa cambia con il maxiemendamento al ddl Stabilità richiesto dalle istituzioni europee e che cosa serve per calmare i mercati?

Dini. Gli spread sono aumentati a seguito dell’annuncio da parte della Grecia dell’intenzione di tenere un referendum sulle misure di austerità che il governo deve prendere. Questa provocazione è stata interpretata come un desiderio della Grecia di abbandonare l’Europa. Su queste basi, per fare in modo che i mercati si calmino, l’Italia deve realizzare una parte delle misure proposte dal governo, alcune delle quali sono contenute nel maxi emendamento. Poi c’è ovviamente il ruolo della speculazione contro l’euro proveniente dal mondo anglosassone, che ha sempre visto male l’esistenza della moneta unica e quindi si attaccano i titoli dei Paesi che presentano alti livelli di debito pubblico, in questo caso l’Italia. Ma si tratta di un attacco all’euro non solo di un attacco all’Italia.

D. Professor Savona, lei insieme ad altri economisti ha firmato un appello chiedendo al governo di fare presto e di fare bene. Quello che l’esecutivo ha fatto finora l’ha convinta?

Savona. Il Paese deve fare quanto gli è stato chiesto. Ma non è questo il problema principale. Il vero problema è che l’Europa si è messa in una situazione simile a quella che gli Stati Uniti hanno creato quando è fallita Lehman Brothers.

Non avendo rapidamente sistemato la questione del debito greco ci si è trovati in una situazione in cui il mercato non ha più fiducia nell’euro. C’è stata in altri termini la conferma che dietro l’euro non c’è la volontà politica di impedire che si producano eventi di questa portata. Quindi il maxiemendamento è necessario, ma non basta a portare l’Italia fuori dalla crisi. I problemi sono esattamente quelli di inizio agosto.

D. Confindustria ha chiesto insieme all’Abi e all’Ania di adottare subito misure di sostegno alla crescita. Dottor Galli, pensa che quello che il governo ha fatto nelle ultime ore sia venuto incontro alle vostre richieste?

Galli. Il maxiemendamento non lo conosce nessuno. Probabilmente se ne conoscerà il contenuto quando verrà presentato in Parlamento. Ciò che si conosce è un testo del decreto Sviluppo che era stato portato in consiglio dei ministri ma non era stato approvato. Posso dire che sebbene il testo non approvato contenga alcune cose interessanti il giudizio rimane sospeso, perché è possibile che nell’ultima versione ci siano misure che non erano inserite nel decreto Sviluppo non approvato.

D. È difficile comprendere che cosa ci sarà nel maxiemendamento ma si capisce che la situazione politica è molto delicata.

Galli. L’ Italia è in una situazione di stagnazione. La nostra idea è rimodulare il prelievo fiscale e usare i proventi della patrimoniale per ridurre il prelievo su chi produce la ricchezza. Questo a nostro avviso è il punto fondamentale.

Panerai. Dissento. Se venissero accolte dal governo alcune proposte di Confindustria, il risultato potrebbe essere pessimo. Perché avere il coraggio di dire che i problemi del Paese si risolvono inserendo nella legislazione fiscale un’imposta patrimoniale è demagogico. In Italia c’è stata una patrimoniale, molto anomala, sulla liquidità. E le conseguenze di quella legge furono tre anni di recessione.

Galli. Confindustria ha proposto una tassa patrimoniale che esiste in quasi tutti i Paesi del mondo ed è una tassa ordinaria sui grandi patrimoni. Non una misura volta ad abbattere il debito pubblico, bensì ad aumentare l’avanzo primario. Nella lettera di impegni dobbiamo ancora attuare una delega fiscale che deve portare alla riduzione del disavanzo di ben 16 miliardi nel 2013 e di 20 miliardi nel 2014. E questo deve essere fatto con tagli o aumento di imposte. L’altra cosa che noi proponiamo è l’utilizzo di una parte di queste imposte per ridurre il cuneo fiscale sul lavoro perché è l’unica misura vera che può rilanciare lavoro e competitività.

Dini. In ogni caso basta con le riforme che aumentano le imposte o le patrimoniali di cui non c’è bisogno. Quello che lo Stato dovrebbe fare è vendere il patrimonio senza mettere le mani nelle tasche degli italiani. E quando dico patrimonio dello Stato non mi riferisco solo ai beni immobili ma anche alle partecipate, come per esempio due canali della Rai. Non è necessario che lo Stato ne possegga tre. Su questo il governo appare molto timido e non riesco a capire perché.

D. Come si è mosso il sistema Italia in questa situazione?

Savona. L’Italia ha fronteggiato la crisi abbastanza bene. Le banche hanno resistito. Le imprese hanno patito il contagio della crisi finanziaria ma sono sopravvissute. E proprio da qui è emerso il grande problema del Paese, la crescita. Mentre ci si stava dedicando alla ristrutturazione è scoppiata la grana della Grecia. E a questo punto la soluzione potrebbe esser quella di dare in garanzia l’oro e il patrimonio pubblico. A causa della vicenda greca, la sostenibilità del debito pubblico italiano oggi è incerta, e questo presta il fianco agli attacchi della speculazione. Che insisterà finché non riceverà una risposta, che non può essere solo dell’Italia ma collettiva.

D. Che cosa si può fare concretamente adesso?

Treu. Si è visto che la manovra ha sempre insistito sull’aumento delle imposte senza incidere sulle spese. Per questo è peggiorata la situazione. La Grecia, poi, ha drammatizzato lo scenario ma l’Italia si era già incamminata verso il burrone.

D.Che cosa percepiscono i mercati in questo momento?

Astolfi. Noi non investiamo in titoli di Stato italiani ma in corporate bond di aziende italiane perché ci sembra che alcune di queste abbiano preso le giuste decisioni, come cercare di aumentare i ricavi investendo sui mercati emergenti e nel frattempo provvedendo a tagliare le spese. Ma ci rendiamo conto che questo è più difficile per lo Stato. Al momento ci sembra che la situazione sia un po’ in stallo e nel frattempo non vengono prese decisioni.

D. Quanti in questo momento risentono dell’aumento dello spread? Quanto costa adesso il denaro alle aziende italiane?

Galli. La deriva sta peggiorando molto rapidamente. Forse non siamo ancora in una situazione di credit crunch simile a quella del 2009 ma ci siamo molto vicini. La valutazione che dà Confindustria è che l’aumento del costo della raccolta per le banche si scaricherà rapidamente sulle imprese.

D. A questo punto che cosa ci dobbiamo aspettare dopo il sostanziale nulla di fatto dell’ultimo G20?

Savona. Credo che i capi di Stato abbiano compreso che siamo tutti sulla stessa barca. Adesso bisogna vedere come il mercato accoglierà questo esito. Io penso che oggi l’euro si regge grazie alla debolezza del dollaro e quest’ultimo si regge perché la Cina mantiene una politica valutaria, quella di acquistare i dollari che arrivano in più sul mercato, che sia l’Europa che gli Stati Uniti vorrebbero abbandonasse. È una situazione instabile che porterebbe a ridiscutere gli assetti della politica monetaria internazionale, ma le cose si complicherebbero ulteriormente. In sintesi non si tratta del G20 e di quello che deciderà l’Italia in termini di riduzione della spesa pubblica; il problema è che ormai comanda il mercato e quindi bisogna cercare di capire cosa vuole in futuro soddisfare le sue richieste.

Panerai. In una situazione come questa è necessario chiarire quali sono i problemi di tutti i Paesi, dagli Usa alla Francia e alla Germania. E in tutti i casi si possono ricondurre alla lotta di potere tra partiti. In questo momento se si avesse il senso dello Stato si troverebbe una soluzione comune. Invece la crisi è vista come un’occasione per combattere contro chi è al governo o all’opposizione. Abbiamo assistito alla situazione più drammatica negli Stati Uniti, quando si è trattato di innalzare il tetto del debito. È la stessa situazione in cui ci si trova oggi. Il problema è europeo.

D. L’Italia ce la farà a mantenere gli impegni?

Treu. L’Italia ce la farà. Ma oggi vedo incapacità di decidere e incoerenza. Tutto il contrario di ciò che vogliono i mercati. C’è stata solo imprudenza nelle affermazioni. Ad esempio sulle pensioni c’erano linee su cui discutere ma alla fine la stessa maggioranza si è messa contro. Questo è un Paese che si contraddice all’interno.

Panerai. L’Italia non ha problemi di sostenibilità del debito e quindi serve eliminare la differenza che abbiamo con tutti gli altri Stati europei. Questo si può fare riducendo il debito. E il debito si può ridurre vendendo il patrimonio dello Stato.

D. Dini, secondo lei un intervento sulle pensioni è necessario?

Dini. Certamente misure che tendano a rafforzare il sistema sarebbero di grande aiuto.

D. Basterà Draghi con la sua Bce a rimettere in moto l’economia o servirà un ulteriore fondo salva-Stati per risolvere la situazione?

Dini. Draghi ha ridotto i tassi perché prevede un calo dell’inflazione nei prossimi mesi e in particolare nel 2012. Questo dovrebbe aiutare le banche a finanziarsi sul mercato e quindi anche a erogare prestiti alle imprese in modo da sostenere l’economia. Se non scende il differenziale di rendimento sul debito pubblico rispetto al Bund sicuramente non può scendere il costo della raccolta per il sistema bancario.

D. Come vedete la politica delle Bce?

Astolfi. La Banca centrale europea dovrebbe assumere un ruolo analogo a quello della Federal Reserve. Se così fosse potrebbe avere un peso importante. In Europa è possibile che per la fine dell’anno i tassi saranno tagliati ancora. Affinché il sistema possa ripartire ha bisogno di liquidità.

D. Le imprese stanno pagando di più il denaro alle banche e questo potrebbe accelerare la recessione. Come se ne esce?

Altomonte. Da un lato è necessario prendere delle misure per far respirare le imprese. E poi il rafforzamento patrimoniale delle banche non deve avvenire a carico degli Stati.

D. Il taglio dei tassi di Draghi aiuterà le banche?

Savona. Il sistema bancario ha retto bene perché le banche non sono state contagiate. Per quanto riguarda la politica della Bce, Draghi deve preoccuparsi dell’Europa. (riproduzione riservata)

ha collaborato Giuliano Castagneto