Dell’Olio
Milano
Una regolamentazione rimasta monca sul fronte dell’inquadramento professionale e del sistema di controlli, in attesa di 2,5 milioni di euro che il ministero dell’Economia non ha ancora messo a disposizione. È la situazione che caratterizza i consulenti finanziari indipendenti, figura introdotta dalla Direttiva Mifid per identificare i professionisti slegati da qualunque società finanziaria e impegnati esclusivamente a fornire consigli dietro pagamento di una parcella (al pari, quindi, di avvocati e commercialisti). In alternativa, quindi, a sportelli bancari e promotori, che sono inquadrati in una struttura aziendale e chiedono una regolamentazione anche per gli indipendenti: “La concorrenza è benvenuta perché aumenta le possibilità per i risparmiatori”, osserva Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti (l’associazione delle imprese da cui dipendono i promotori finanziari) “ma non è ammissibile l’assenza di controlli in una fase in cui tanto di discute della necessità delle regole per evitare nuove crisi sistemiche”. In sostanza, chi assicura che i professionisti del settore abbiano le competenze necessarie per svolgere proficuamente l’attività professionale e siano nelle condizioni di aggiornarsi, anche nei casi in cui non fanno parte di un network che condivida i costi per l’acquisto di ricerche e report finanziari? Si tratta di domande che non trovano risposta perché, a tre anni dall’introduzione della figura professionale nell’ordinamento italiano, la normativa è ancora incompleta. Manca ancora il regolamento del ministero dell’Economia che istituisca l’Albo professionale, le modalità per l’iscrizione e i relativi controlli. Il vero ostacolo è rappresentato dalla mancanza di fondi da parte del dicastero di Via XX settembre: la Consob aveva quantificato in 2,5 milioni di euro (tra costo del persone e strutture) la somma necessaria per tenere in vita l’Albo e la commissione di vigilanza su eventuali infrazioni: una somma non certo rilevante per le casse pubbliche. E aveva stimato il raggiungimento del breakeven point al secondo anno in presenza di almeno 5mila iscritti, addirittura al primo in caso di 10mila adesioni. Ma le somme non sono ancora arrivate e il decreto Milleproroghe attesto per fine anno dovrebbe prorogare nuovamente la regolamentazione transitoria che consente a chi già era consulente prima di queste norme di continuare a svolgere quest’attività (ma, anche qui, chi controlla le dichiarazioni?). “L’istituzione dell’albo aiuterebbe a fare chiarezza nel settore, aiutando anche i risparmiatori a orientarsi nell’offerta. A patto, comunque, che non si trasformi in un carrozzone burocratico”, commenta Cesare Armellini, presidente di Nafop, l’associazione nazionale dei professionisti e delle società di consulenza finanziaria indipendente, che ha cominciato il percorso di adesione a Napfa, l’organizzazione mondiale del settore.
Alcuni promotori sottolineano che la normativa comunitaria consente loro di offrire, in alternativa ai prodotti della casa, un semplice servizio di consulenza, senza vendita. Aggiungendo che non esistono certificazioni terze dell’indipendenza da parte dei consulenti puri. “E’ una critica che si può facilmente smontare”, ribatte Armellini. “E’ sufficiente guardare all’atteggiamento dei nostri colleghi, che come step iniziale del loro lavoro si propongono di rinegoziare con l’istituto di credito del cliente le condizioni applicate, in modo da minimizzare i costi commissionali”. Insomma, un atteggiamento che non si può conciliare con chi ha interessi comuni con il mondo dell’offerta. “Peraltro, i consulenti tendono a offrire alla clientela un ventaglio di opportunità a livello di prodotti, servizi ed emittenti per cui non c’è modo di tenere il piede in due scarpe”, aggiunge, ricordando nei sei anni dalla fondazione dell’associazione non ci sono mai state denunce di clienti truffati o di conflitti di interesse in capo ai professionisti. Armellini sottolinea, infine, i risultati di una ricerca condotta dall’associazione, da cui emerge che il 50% degli associati ha riscontrato negli ultimi due mesi un aumento della clientela, riconducibile al timore di perdite economiche dovute alla situazione di crisi mondiale. In sostanza, la sfiducia verso il mondo delle banche porta nuovi clienti.”.