di Gianluca Zapponini

Tassare le transazioni finanziarie in Europa potrebbe essere vantaggioso per l’Italia: al punto di far risparmiare alle casse dello Stato tra i 5 e i 6 miliardi di euro all’anno, intesi come minori contributi da versare all’Ue. La tesi è stata sostenuta in un incontro con la stampa da Manfred Bergmann, direttore per la tassazione diretta e indiretta presso la Commissione europea. Come ha spiegato Bergmann, un’aliquota dello 0,1% sullo scambio di azioni e obbligazioni e dello 0,01% sui derivati si tradurrebbero in un gettito complessivo di 57 miliardi di euro, che andrebbe interamente a finire nel budget. E secondo i calcoli di Bruxelles questo significherebbe una sostanziosa riduzione dei contributi all’Ue da parte degli stati membri, tra cui l’Italia, per cui si profilerebbe appunto un beneficio di 5 o 6 miliardi di euro all’anno. Aspetti pratici a parte, a Bruxelles tengono particolarmente alla cosiddetta Tobin tax anche per un’altra ragione. Tassare le transazioni sarebbe secondo Bergmann un modo per «implementare il principio che chi beneficia di una politica di sostegno deve pagare per questo: dopo i salvataggi con denaro pubblico di aziende del settore bancario e finanziario chiediamo di restituire quanto speso». Bocciare la Tobin tax, ha sottolineato ancora il funzionario Ue, significherebbe incoraggiare «la tendenza di privatizzare i profitti e socializzare le perdite». E poi, ha fatto notare Bergmann «bisogna fare qualcosa di simile a quanto fatto per il clima, ovvero muoversi senza aspettare il big bang». In dettaglio, la tassa che Bruxelles vuole portare il prima possibile all’esame degli stati membri «colpirà tutte le transazioni sui mercati regolari e sull’over the counter e si baserà sul principio di residenza di almeno una della parti, non sul luogo in cui avviene l’operazione», ha spiegato Bergmann.

 

Al di là dello buone intenzioni della Commissione, però, la Tobin tax difficilmente riuscirà a vedere la luce. Per approvarla, occorre infatti un sì unanime: un traguardo che al momento appare molto difficile da raggiungere. A far finire nel cassetto la misura fortemente sponsorizzata dal cancelliere tedesco Angela Merkel e dal presidente francese Nicolas Sarkozy, potrebbe essere il Regno Unito, che vede la Tobin tax come una minaccia per la piazza finanziaria di Londra. Oltremanica hanno più volte fatto sapere che l’unica condizione valida per ottenere l’assenso inglese, è che il prelievo si abbatta anche su Stati Uniti e Cina, che però a loro volta hanno escluso tale ipotesi. Proprio ieri il ministro delle Finanze inglese, George Osborne ha definito un «suicidio» e una «catastrofe» una Tobin tax solo europea: «una misura del genere sarebbe un proiettile nel cuore di Londra», ha ammonito Osborne. Per il futuro lo stesso Bergmann si è detto «poco fiducioso» sulla possibilità che Londra possa, alla fine dare il suo benestare. «Il rischio», ha concluso Bergmann, «è che ci possa essere una vera e propria delocalizzazione all’interno della stessa Ue». (riproduzione riservata)