È responsabile di «danno ambientale», con lo scattare dei conseguenti obblighi di bonifi ca del sito o risarcimento per equivalente patrimoniale, anche il gestore della discarica che accetta in deposito rifi uti con potenziale inquinante maggiore di quello che è autorizzato a ricevere. E ciò in base al fatto che per confi gurare, dal punto di vista oggettivo, un danno ambientale è sufficiente anche il solo incremento illegittimo del livello di inquinamento già insistente su un terreno. A pronunciarsi sulla portata dell’istituto previsto dal dlgs 152/2006 (cd. «Codice ambientale») è la Corte di cassazione, che con sentenza 12 ottobre 2011 n. 36818 ha confermato la responsabilità riconosciuta dal giudice di appello in appello in capo al gestore di una discarica per inerti non pericolosi che aveva accettato, ai fi ni dello smaltimento, rifi uti speciali (invece) pericolosi. Il «danno ambientale». Con la pronuncia in parola, la Suprema Corte ha effettuato una ricognizione della defi nizione di danno ambientale recata dall’articolo 300 del dlgs 152/2006 quale «deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato (…) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio signifi cativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente». E, per la Cassazione, la presenza in discarica di rifi uti maggiormente inquinanti rispetto a quelli che il medesimo sito è, in base alle proprie caratteristiche costruttive (e alla speculare autorizzazione rilasciata al gestore), in grado di recepire sicuramente costituisce deterioramento rispetto alle condizioni originarie del terreno. La disciplina del danno ambientale, attualmente disciplinata dalla Parte Sesta del dlgs 152/2006 (insieme ad alcune residue disposizioni della storica legge 349/1986), prevede il sorgere della responsabilità in capo all’autore dello stesso sussistendo, oltre al degrado dell’ecosistema, gli ulteriori requisiti del nesso causale tra condotta ed evento e l’elemento psicologico consistente nell’aver agito «realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche». Il tutto facendo sorgere l’obbligo al ripristino ambientale oppure, ove impossibile o eccessivamente oneroso, al risarcimento patrimoniale per equivalente a favore della pubblica amministrazione. Il controllo dei rifi uti in discarica. Con la medesima sentenza la Corte si è altresì soffermata sugli obblighi gravanti sul gestore della discarica in relazione al controllo in entrata dei rifi uti, sottolineando come la «verifi ca» della corrispondenza tra i beni a fi ne vita effettivamente conferiti e la tipologia risultante dal formulario di trasporto degli stessi (obbligo all’epoca dei fatti previsto dal dm Ambiente 11 marzo 1998 n. 141, attualmente dal dlgs 13 gennaio 2003, n. 36) non possa ritenersi soddisfatta mediante il semplice controllo visivo del carico in entrata, ma necessiti dell’adozione di tutti i mezzi idonei a provare realmente tale conformità. Ciò, assume la Corte, sulla base che principio generale informatore della disciplina sulla gestione dei rifi uti sia la protezione dell’ambiente e dell’uomo, principio la cui attuazione impone quindi una interpretazione non restrittiva delle disposizioni a carico dei soggetti gestori delle discariche.