Centinaia di fabbriche chiuse a Bangkok dalla scorsa settimana in seguito alla peggiore inondazione degli ultimi 50 anni che ha interrotto l’esportazione di forniture in tutto il mondo, causando, con ogni probabilità un forte aumento di perdite agli assicuratori, con le compagnie giapponesi in prima fila.

Tre mesi di piogge torrenziali, alluvioni ed esondazioni dei fiumi hanno colpito praticamente un terzo delle province della Thailandia causando 506 morti e costringendo alla fuga centinaia di migliaia di persone.

La capitale Bangkok è una delle aree maggiormente colpite. Molti quartieri, soprattutto quelli settentrionali, sono ancora sott’acqua: il centro della città è protetto da una diga ma non è ancora al sicuro, anche perché più volte gli abitanti dei quartieri allagati hanno chiesto l’apertura degli argini per far scendere il livello dell’acqua.

Grandi aree industriali a nord della città sono andate distrutte, compreso il polo dell’industria Hi-Tech che ospita 143 società ha dovuto chiudere i battenti per via degli allagamenti, mentre sulla east side di Bangkok sono ancora oggi molte le imprese a rischio chiusura.

Ad assorbire la maggior parte dei danni assicurati (circa l’80%) saranno le compagnie giapponesi. Intanto il governo ha stanziato quattro miliardi di dollari per far fronte all’emergenza, che ha già portato la banca centrale a rivedere le stime di crescita del PIL del paese, mentre la primo ministro Yingluck Shinawatra è finita sotto accusa per la gestione dei soccorsi e per aver sottovalutato l’impatto delle alluvioni sulla capitale, che a lungo è stata considerata al sicuro. E invece, un quinto della città è sott’acqua e non è ancora chiaro quando la situazione potrà migliorare. Anzi, molte cose sono peggiorate: ogni giorno nel nord di Bangkok diventa più difficile.

Per quanto riguarda le perdite assicurate vengono stimate in un range che va dai 2,5 miliardi di dollari, secondo uno studio realizzato da Deutsche Bank, ai 5 miliardi della “Thailand Office of the Insurance Commission” fino ai 13 miliardi stimati da JLT Re, braccio riassicurativo di Jardine Lloyd Thompson P.L.C..

Insomma, i danni sono enormi, ma la difficoltà negli spostamenti rende ancora molto difficile valutazioni approfondite dei danni subiti dalle imprese, che saranno possibili solo dopo il ritirarsi dell’acqua alta. Ma ci vorranno settimane per capire l’entità della business interruption e dei danni subiti dai macchinari.

La Marsh ad esempio ha effettuato una prima ricognizione dall’alto, utilizzando un elicottero il livello dell’acqua che copre ancora la maggior parte delle fabbriche rende impossibile qualunque analisi.