Piazza Affari tira il fiato. Dopo il tracollo di mercoledì, ieri l’effetto Monti ha tenuto a galla la Borsa seppur tra segnali preoccupanti che fanno presagire che al di là dell’incertezza politica, gli attacchi speculativi sull’Italia non sono finiti. Nel dettaglio ieri i listini hanno tentato il rimbalzo aiutati in mattinata dall’intervento della Bce, che ha acquistato titoli di Stato; dall’esito dell’asta per 5 miliardi di euro dei Bot e dalla nomina di Lucas Papademous a nuovo capo del governo greco. Poi hanno prevalso i timori per un contagio della crisi del debito con un occhio agli spread francesi, su nuovi record rispetto al Bund. E soprattutto il taglio delle stime di crescita dell’Eurozona da parte della Bce. Il Ftse Mib si è fermato così sotto al punto percentuale (+0,97%). Trend analogo ha interessato lo spread Btp-Bund che, pur rimanendo su livelli elevatissimi, ha ripiegato dai massimi scendendo perfino sotto i 500 punti base. A sostenere il differnziale, le speranze legate al possibile incarico di presidente del Consiglio per Mario Monti, presidente dell’Università Bocconi di Milano e della Trilateral Commission per l’Europa. Dopo una rapida discesa però, ieri sul finale di seduta lo spread è tornato a correre sopra 520 per poi chiudere a 510 punti con il rendimento del decennale italiano che si è attestaro al 6,89%. Un chiaro segnale che la crisi si è ridimensionata, ma che l’Italia non è ancora immune dalle speculazioni. La situazione resta dunque critica, come ricorda la nota di Mike Riddel, analista di M&G Investment: «Se l’Italia vuole farsi finanziare per due anni, il tasso di interesse che deve pagare è del 6,5% l’anno, rispetto allo 0,5% di Germania e Regno Unito. Se l’Italia vuole farsi finanziare per più di cinque anni, allora deve pagare interessi oltre il 7% l’anno». Ieri intanto il Tesoro ha vissuto una mattina da cardiopalma nel collocamento di 5 miliardi di Bot. Grazie al sostegno della Bce il rendimento non ha sfondato quota 7% pur restando su livelli preoccupanti. Lo yield si è attestato infatti sopra al 6%, ai massimi da 14 anni a questa parte. Un pessimo risultato per il Tesoro anche se per i trader va riconosciuto il buon livello della domanda, doppio rispetto all’importo offerto, e anche la buona partecipazione del retail. «Finanziarsi al 6% sui 12 mesi può essere una tantum – spiegano i trader – ma non c’è dubbio che questa non può essere una prospettiva accettabile, neanche nel breve termine. Perchè se è vero che il Bot annuale offerto oggi, mercoledì quotava su livelli ben più elevati e non si può pensare che l’Italia sia in grado di sostenere nel tempo tassi di questo tipo per accedere ai mercati». Va poi tenuto presente che l’asta ha comunque beneficiato di alcuni fattori che hanno contribuito a favorire il buon esito del collocamento. In primo luogo l’importo limitato: la strategia della prudenza ha consigliato al Tesoro di offrire solamente 5 miliardi di bond sulla scadenza annuale a fronte degli oltre 6 miliardi in scadenza. «Non è un caso – dice un trader – se il Bot ha continuato ad essere acquistato anche subito dopo l’asta scendendo su livelli di rendimento inferiori al 6%. C’erano molti operatori che non erano riusciti ad acquistare sul mercato primario». Inoltre, l’offerta ha beneficiato dagli acquisti sul secondario della banche centrali che si sono concentrati nei minuti precedenti al collocamento (vedi pezzo a fianco). «La Bce – dice un trader – ha tirato la volata al mercato. Ha acquistato con più forza quando i titoli italiani stavano già rimbalzando e questo ha fatto schizzare i prezzi verso l’alto». Insomma, una serie di fattori che hanno aiutato. «Dopo la seduta catastrofica di mercoledì ci si poteva aspettare di tutto, ma per fortuna i danni sono stati contenuti». Rimangono però molti dubbi sui livelli di rendimento: i 250 punti di rendimento che il Bot annuale ha guadagnato nell’arco di un mese (dal 3,5 al 6 per cento) non sono un buon viatico in vista delle prossime aste. Lunedì sarà la volta dei Btp a 5 anni e anche in questo caso il ministero dell’Economia ha scelto la strada della prudenza: la forchetta di offerta tra 1,5 e 3 miliardi lascia ampio margine al Tesoro per tarare il collocamento.