Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

Un miliardo cercasi. Di pari passo con l’intensificarsi del fronte di opposizione all’articolo 18 della manovra che prevede un aumento della tassazione dei dividendi per le società che hanno partecipazioni inferiori al 10%, sale l’urgenza del governo guidato da Giorgia Meloni di scovare fonti alternative d’incasso. In ballo potrebbe esserci un intervento più incisivo dell’anticipo dell’imposta di bollo sulle polizze unit linked che era stato introdotto con la manovra 2025 e spalmato fino a giugno 2028. Ma torna anche in campo la questione di un aumento della tassazione dal 2,5% al 12,5% delle polizze auto legate agli infortuni del conducente. Secondo l’Agenzia delle Entrate a quelle polizze andrebbe applicata la stessa aliquota delle coperture Rc Auto, pari appunto al 12,5% con un effetto retroattivo di 10 anni che produrrebbe un afflusso stimato proprio in 1 miliardo. Posizione respinta con forza dalle compagnie che, in ogni caso, vogliono tenere la questione fuori dai conti della manovra.
Più di tre italiani su cinque (62%) sono ormai convinti che la pensione pubblica, da sola, non sarà sufficiente a garantire un tenore di vita adeguato dopo l’uscita dal lavoro. Nonostante questa consapevolezza, solo il 38% ha già valutato o intende valutare la sottoscrizione di una forma di previdenza complementare. A fotografare l’immobilismo degli italiani sul fronte della pianificazione finanziaria e previdenziale è la terza edizione dell’Osservatorio ‘Look to the Future’ di Athora Italia, realizzato in collaborazione con Nomisma, che evidenzia anche un calo di fiducia nella possibilità di accantonare risorse per il futuro. Un segnale però incoraggiante arriva da un altro fronte: cresce la consapevolezza del valore della consulenza finanziaria come strumento per pianificare con maggiore sicurezza la propria pensione. Un paradosso che conferma come l’incertezza sul futuro non si traduca in azioni concrete di protezione e pianificazione. Alla base, c’è una insufficiente o scarsa capacità di risparmio, evidenziata dal 43% dei connazionali.
Ormai il trend va avanti da così tanto tempo da essere percepito quasi come una regola generale: se l’industria italiana dei fondi comuni macina ancora importanti numeri di raccolta, il merito è quasi integralmente dei fondi obbligazionari. Lo confermano i dati di settembre di Assogestioni: nel corso del mese, a fronte di una raccolta complessiva negativa per 905 milioni di euro (contro i quasi 6 miliardi di afflussi di agosto), solo due categorie di prodotti hanno terminato il periodo con il segno più: i fondi chiusi (441 milioni) e i comparti del reddito fisso (681). Da inizio anno, certifica l’associazione di categoria presieduta da Maria Luisa Gota (Eurizon), le associate hanno raccolto oltre 26 miliardi di euro (12 sui fondi comuni), di cui circa il 60% (16,4 miliardi) ascrivibili ai soli comparti obbligazionari, che oggi gestiscono masse pari a 479 miliardi: oltre un terzo (36,5%) di tutto il patrimonio dei fondi comuni.
Il conto alla rovescia per il divorzio di Unicredit da Amundi è partito e Azimut potrebbe beneficiarne non poco. Entro il 2027 l’istituto guidato da Andrea Orcel dovrebbe interrompere la partnership con il colosso francese del risparmio gestito. A cambiare non sarà solo un contratto ma la strategia complessiva della banca, sempre più orientata a valorizzare internamente le attività ad alta componente commissionale, a partire dall’asset management.
Da luglio a settembre 2025 le operazioni di m&a (fusioni e acquisizioni) a livello globale hanno registrato un forte aumento e i risultati per l’intero anno si preannunciano oltre le aspettative. In totale, rileva il Quarterly Deal Performance Monitor di Wtw, nel terzo trimestre del 2025 sono state completate in tutto il mondo 191 operazioni del valore superiore a 100 milioni di dollari, rispetto alle 169 operazioni concluse nello stesso periodo dell’anno precedente (+13%). Si tratta della performance trimestrale più solida dal 2021. Soprattutto il valore delle operazioni completate è decollato, raggiungendo in soli tre mesi 371 miliardi di dollari e superando il valore complessivo dei primi due trimestri del 2025 (334 miliardi di dollari). I dati, elaborati in collaborazione con il M&A Research Centre della Bayes Business School di Londra, mostrano che questo è il miglior terzo trimestre in termini di valore delle operazioni dal 2015.

Una buona notizia per i futuri pensionati, per chi incrocerà le braccia il prossimo anno 2026. Vedrà rivalutare del 4,04% il suo montante contributivo (è la base su cui si calcola l’assegno di pensione, pari ai contributi versati durante tutta la vita lavorativa). Lo rende noto il ministero del lavoro con la pubblicazione, sul sito internet, della nota prot. 1915604/2025 dell’Istat, che ufficializza il tasso medio annuo di variazione del Pil (prodotto interno lordo) nei cinque anni precedenti il 2025, utilizzato quale tasso di rivalutazione dei montanti contributivi maturati al 31 dicembre 2024 a chi deve mettersi in pensione nell’anno 2026. Un esempio: 250.000 euro di contributi si rivalutano in 260.111 euro; di conseguenza, l’importo della pensione, per chi si mette a riposo a 67 anni, sarà pari a 14.587 euro annui (sarebbe stato 14.307 per un montante di 250mila euro).
C’è una qualche apprensione per il calo di ascolti dei telegiornali nazionali, soprattutto di quelli del servizio pubblico, e in particolare sul target dei giovani. Anche se spesso è più questione di piattaforma distributiva che di testata. Perché, come già facevano notare i dati di Sensemakers pubblicati da ItaliaOggi nei giorni scorsi, le news non assunte dai giovani in tv vengono comunque digerite da questo segmento di audience attraverso gli account social degli stessi tg. Oggi Il CeRTA (Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi della Università Cattolica) presenta a Milano i risultati della ricerca «Il consumo di news nell’età delle piattaforme e il ruolo del servizio pubblico», con alcune interessanti tendenze che ItaliaOggi è in grado di anticipare: per la Gen Z (16-24enni) c’è una assoluta centralità dei social media nel consumo di informazione, soprattutto su Instagram e TikTok; per i Millennials (24-45enni) i social e più in generale Internet sono fondamentali, in particolare Instagram, Facebook e YouTube; per la Gen X (46-60enni) ecco fare capolino anche la tv, insieme con Internet; infine per i Boomer (61-70enni) è ancora centrale la tv.
In tema di associazioni non riconosciute, tra cui rientra l’associazione tra professionisti, la responsabilità personale e solidale di chi ha agito in nome e per conto dell’associazione è assimilabile alla fideiussione (e, pertanto, trova applicazione l’articolo 1957 del c.c.); il termine di decadenza semestrale per l’esercizio dell’azione sarà quindi applicabile anche nei confronti di chi abbia agito per questa associazione. Sono le conclusioni della sezione terza della Cassazione civile che si leggono nell’ordinanza n. 27163/2025 del 10 ottobre.

L’auto europea rischia lo stop a causa della mancanza di semiconduttori. A lanciare l’allarme è l’associazione dei carmaker del Vecchio Continente, preoccupata per i risvolti — alcuni già tangibili — del divieto di esportazione dei chip Nexperia, imposto da Pechino, in seguito alla nazionalizzazione della società da parte di un tribunale de l’Aja. «L’interruzione delle linee di assemblaggio potrebbe avvenire nel giro di pochi giorni», avverte l’Acea, che esorta a trovare una via diplomatica per uscire da questa crisi. Già la scorsa settimana Volkswagen aveva ipotizzato di fermare la produzione della Golf a Wolfsburg, salvo poi trovare una soluzione mentre il componentista francese Valeo era dovuto ricorrere a sostituti per i chip forniti da Nexperia. Pure Mercedes si è rivolta a nuovi fornitori. Il settore sta attualmente attingendo alle scorte di riserva, spiegano infatti i costruttori, «ma le forniture stanno rapidamente diminuendo. Esistono molti fornitori alternativi, ma ci vorranno molti mesi per costruire la capacità aggiuntiva necessaria a colmare la carenza di offerta. L’industria automobilistica non ha molto tempo prima che si manifestino gli effetti peggiori di questa carenza». La penuria di chip semplici utilizzati nelle unità di controllo dei sistemi elettrici dei veicoli sta colpendo anche fuori dall’Europa, con Nissan e Honda che hanno annunciato di dover attingere alle scorte per i primi giorni di novembre.
In un Paese dove il costo della vita continua a salire e l’inflazione non ha ancora smesso di mordere, il nuovo dato pesa come un macigno: a settembre 2025 gli stipendi in termini reali restano inferiori dell’8,8% rispetto ai livelli di gennaio 2021. È la fotografia scattata dall’Istat, che mette in luce la perdita di potere d’acquisto accumulata negli ultimi anni, nonostante la crescita nominale delle buste paga e i tentativi di adeguamento dei contratti collettivi. Dunque, il recupero non è bastato a compensare pienamente l’aumento dei prezzi e la capacità di spesa delle famiglie italiane resta sotto pressione. Lo confermano i dati più recenti: nel terzo trimestre del 2025 la crescita dei salari ha rallentato dopo i segnali più vivaci dei mesi precedenti, spiega ancora l’Istat nel diffondere la statistica sui contratti di lavoro di luglio-settembre. Come rileva l’Istituto, a settembre l’indice delle paghe orarie è rimasto fermo rispetto ad agosto e in aumento del 2,6% su base annua. Nel pubblico impiego gli incrementi sono stati un po’ più generosi (+3,3%) rispetto all’industria (+2,3%) e ai servizi privati (+2,4%), anche per effetto del pagamento delle indennità di vacanza contrattuale.

 
  
 