Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Con l’applicazione dei dazi si stima, per le imprese italiane, un aumento dei costi tra gli 8,4 e i 10,6 miliardi di euro, con una potenziale riduzione del Pil nazionale tra lo 0,2% e l’1,4%. Non solo. I dazi del 15% sui prodotti italiani esportati negli Stati Uniti potranno far scendere le esportazioni di 22,6 miliardi di euro, con un calo di oltre un terzo del valore attuale e una contrazione del Pil di mezzo punto percentuale. Sono le ultime previsioni diffuse rispettivamente dall’Ice (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, Ita, Italian trade & investment agency) e del Centro studi di Confindustria.
Il contribuente non è tenuto a pagare le sanzioni irrogate dal fisco se il commercialista, condannato in sede penale per appropriazione indebita, non ha versato le imposte dovute, le cui somme gli erano state regolarmente versate dal contribuente. È però infondata la pronuncia del giudice d’appello che ha annullato solo le sanzioni per omesso versamento, stabilendo che fossero dovute quelle per omessa trasmissione della dichiarazione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 25132 del 13 settembre 2025. Per i giudici di legittimità, il commercialista incaricato ha tradito il mandato ricevuto dal contribuente ed è stato ritenuto responsabile, con sentenza passata in giudicato, del delitto di appropriazione indebita, ma questo non esclude il pagamento delle imposte dovute, tenuto conto che i redditi sono stati percepiti. Infatti, “l’infedeltà dell’intermediario che, incaricato del pagamento dell’imposta e della trasmissione della dichiarazione dei redditi, ometta di provvedervi, quand’anche accertata in sede penale, non esonera il contribuente dal pagamento dell’imposta stessa, rimanendo non dovuti soltanto gli interessi e le sanzioni”.
Diffondere immagini o video alterati tramite sistemi di IA (il cosiddetto deepfake) costa caro (da due a cinque anni di reclusione), ma per incorrere nel reato devono verificarsi queste condizioni:
– immagini, video o audio devono essere stati manipolati e devono indurre in inganno le vittime;
– devono arrecare danno ingiusto.
Sono queste alcune delle novità che riguardano il reato di cui all’art. 612-quater c.p. (“Illecita diffusione di contenuti generati o alterati con sistemi di intelligenza artificiale”), entrato in vigore lo scorso 10 ottobre, a seguito della pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale n. 223 del 25 settembre 2025, della legge 23 settembre 2025, n. 132 (“Disposizioni e deleghe al governo in materia di Intelligenza artificiale”, ossia la cosiddetta legge italiana sull’IA), che ha apportato significative modifiche al codice penale, fra cui appunto l’introduzione del reato di “deepfake” e di diverse nuove circostanze aggravanti in materia di intelligenza artificiale
Sistemi di intelligenza artificiale, valute digitali e transazioni in tempo reale spingono sempre più in alto i pagamenti con metodi alternativi al contante. E così, in Italia, entro il 2029, l’89% dei pagamenti avverrà con strumenti digitali, in particolare carte e wallet, ossia portafogli virtuali. Peraltro, in tale contesto generale, cresce sempre più l’interesse, da parte degli utenti-consumatori, verso l’euro digitale, progetto promosso e avviato dalla Bce nel 2020, sfida cruciale per l’autonomia monetaria europea che si è posta l’obiettivo di creare una moneta digitale pubblica. A delineare tali scenari sono i dati contenuti nelle indagini condotte da Boston consulting group (Bcg), Sda Bocconi e Banca centrale europea (Bce)
Dimmi che balcone hai e ti dirò qual è la tua spesa o la tua responsabilità. È questo il lietmotiv che accompagna tutte le questioni di responsabilità legate alla scarsa manutenzione di questa parte degli edifici condominiali, vuoi che siano legate a problemi di infiltrazione vuoi che si tratti di distacchi di calcinacci. Il dubbio che accompagna chi è tenuto ad affrontare l’argomento è sempre quello se la proprietà del balcone o, meglio, della parte di esso che ha prodotto il danno, debba considerarsi privata o comune a tutti i comproprietari. Sulla questione è recentemente ritornata la Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 4401 del 23 settembre 2025. Nella specie il fatto che aveva scatenato l’avvio del procedimento di responsabilità civile era stata la caduta di calcinacci distaccatisi dal frontalino di un balcone, che avevano danneggiato le auto sottostanti
Fondo rischi e fondo riserva sinistri, tanti dubbi. Che finiscono per penalizzare le aziende sanitarie. La legge 8 marzo 2017 n. 24 (Legge Gelli-Bianco) integrata dal D.M. 232/2023 ha previsto l’obbligo per le strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, di copertura assicurativa o, in alternativa, l’adozione di analoghe misure per fronteggiare il rischio rinveniente dalla responsabilità civile verso terzi e verso prestatori d’opera. Tali coperture devono comprendere anche gli eventuali danni cagionati dal personale operante nella struttura sanitaria comprese le prestazioni in regime di libera professione intramuraria e quelle rese in convenzione. Il titolo III) del D.M. 232/2023 disciplina le modalità operative delle “misure analoghe” alternative alla contrazione di polizze assicurative. Le “misure analoghe” varranno anche nel caso di regime di parziale auto ritenzione del rischio ovvero in caso di presenza di massimali insufficienti o franchige. Il cosiddetto Self Insurance Ritention indicherà la quota di rischio non trasferita al mercato assicurativo e gestita in proprio dalla struttura sanitaria
Il Data Act (regolamento Ue n. 2023/2854), efficace dal 12 settembre 2025, si inserisce in uno scenario caratterizzato, come spiega la Commissione Ue, da una rapida crescita della disponibilità di prodotti connessi a Internet (“prodotti connessi”): questi prodotti, che insieme compongono una rete nota come Internet delle cose (IoT), aumentano significativamente il volume di dati disponibili per il riutilizzo nell’Ue. I dati previsionali per il 2025, stimati dalla Commissione Ue, segnalano: l’aumento del 530% del volume globale dei dati (da 33 zettabyte nel 2018 a 175 zettabyte); il valore dell’economia dei dati nell’Ue pari a 829 miliardi di euro (era 301 miliardi di euro, pari al 2,4% del Pil dell’Ue, nel 2018); il numero di professionisti dei dati nell’Ue pari a 10,9 milioni (era 5,7 milioni nel 2018; la percentuale (65%) della popolazione dell’Ue con competenze digitali di base (era il 57% nel 2018). E la commissione Ue prevede che, per effetto del Data Act, si creeranno 270 miliardi di euro di Pil in più per gli Stati membri dell’Ue entro il 2028
La categoria professionale più esposta al rischio di sviluppare problemi di salute mentale legati al lavoro è quella dei liberi professionisti, con ansia, stress e burnout tra le manifestazioni più diffuse. Parola di psicologi, che, nell’86% dei casi, hanno registrato tra i pazienti un aumento di disturbi maturati in ambito professionale negli ultimi cinque anni. Tra le cause più citate troviamo la precarietà, l’eccessiva competizione e sovraccarichi di impegni e responsabilità. Nella lista delle categorie più a rischio, seguono i lavoratori dipendenti del settore privato e quelli del pubblico, staccando nettamente dirigenti, manager e imprenditori. È quanto emerge da un’indagine effettuata dalla tech company Fiscozen che ha indagato, intervistando 237 psicologi da tutta Italia, le dinamiche principali nel rapporto tra lavoro e salute mentale, a pochi giorni dalla giornata mondiale dedicata, al fine di raccogliere le migliori pratiche per riconoscere i campanelli di allarme e intervenire per tempo.
L’agenda delle preoccupazioni delineata dall’opinione pubblica non è cambiata molto, nell’ultimo anno. Anche se si osservano variazioni significative. Nell’entità, più che nelle priorità. Il sistema sanitario e il costo della vita continuano, infatti, a prevalere, fra i problemi segnalati dagli italiani.
In modo significativo. E pressoché analogo. E questa è una novità, in quanto, un anno fa, la “misura” del tema sanitario era molto maggiore, rispetto alla questione dei prezzi e del costo della vita. Superiore di oltre 10 punti: 40%, contro il 28%. Questa distanza, nel recente sondaggio di Demos appare praticamente “annullata”, più che “ridimensionata”. Il grado di
preoccupazione sanitaria, infatti, è sceso al 32%. Pressoché allineato con l’inquietudine suscitata dall’aumento dei prezzi. Effetto, principalmente, del progressivo “distacco” dagli anni del Covid, che avevano accentuato l’importanza del servizio sanitario, agli occhi e nel sentimento dei cittadini. Mentre oggi il Covid è un ricordo lontano e sbiadito.