GIURISPRUDENZA

Autore: Bianca Pascotto
ASSINEWS 379 – Novembre 2025

Il concorso di colpa del trasportato per il mancato uso delle cinture di sicurezza si trasforma in colpa esclusiva se l’azione di risarcimento danni è rivolta al conducente del veicolo antagonista

L’argomento è stato affrontato più e più volte dalla giurisprudenza e sotto diversi profili, non ultimo quello che riguarda l’obbligo per il conducente di accertarsi che il proprio passeggero, posizionato sia anteriormente che posteriormente sul veicolo, abbia allacciato la cintura di sicurezza.

In caso di sinistro, ove venga accertato l’omesso uso delle cinture, l’addebito della responsabilità per i danni sostanzialmente si duplica, poiché accanto alla condotta colposa del trasportato che volontariamente non utilizza il sistema di ritenzione, si deve sommare la responsabilità del conducente che permette il trasporto sul proprio veicolo in odio alle norme della sicurezza stradale.

La giurisprudenza parla in tal caso di “cooperazione nel fatto colposo”, laddove entrambi i soggetti non solo sono consapevoli delle rispettive condotte illegittime, ma prestano reciproco consenso affinché il veicolo circoli in barba all’obbligo previsto dalla norma, partecipando congiuntamente con il proprio comportamento a quell’azione colposa (circolazione vietata) dalla quale può derivare il danno (sinistro).

La recentissima ordinanza della Corte d Cassazione1 si è pronunciata sulla responsabilità del trasportato per il mancato uso delle cinture di sicurezza, ma sotto un profilo diverso collegato alla legittimazione passiva.

La vicenda

Tizio, trasportato a bordo sul veicolo di Caio, nell’ottobre del 2009 subisce la frattura del setto nasale e un trauma cranico a seguito della collisione con la vettura di Mevio che non aveva rispettato lo stop. Tizio cita avanti il Giudice di Pace di Roma Mevio e la sua compagnia assicuratrice, addebitando loro la responsabilità dell’incidente. Il Giudice di Pace respinge la domanda di Tizio, ritenendo Caio l’unico colpevole, in quanto aveva impegnato l’incrocio a velocita eccessiva. Tizio impugna la sentenza avanti il Tribunale di Roma, il quale, pur riconoscendo una responsabilità concorsuale a carico di entrambi i conducenti della vettura nella misura del 50% ciascuno, ravvisa sussistere l’esclusiva responsabilità di Tizio per le lesioni da lui subite. Il tribunale perviene a detta conclusione in quanto la tipologia della lesione e chiaramente collegata al mancato utilizzo delle cinture di sicurezza che il Tribunale di Roma individua quale causa esclusiva del danno subito da Tizio. Analizzando la dinamica del sinistro, le condotte di Caio e Mevio assumono il ruolo solo di mere occasioni del danno provocato al trasportato, ma non la sua causa. Tizio ricorre avanti la Corte di Cassazione con 5 motivi.

La decisione

Tizio si rivolge alla Suprema Corte censurando la decisione assunta dal tribunale di Roma, sostanzialmente per due ragioni: 1) la sentenza non avrebbe tenuto in debita considerazione le risultanze della consulenza medica d’ufficio, in merito al quesito affidato al CTU sulla compatibilità delle lesioni con l’uso o meno della cintura di sicurezza, compatibilità che, pur non essendo stata oggetto di discussione tra le parti, sarebbe stata accertata dal consulente; 2) la sentenza deve considerarsi errata per la mancata considerazione del concorso colposo dei conducenti dei veicoli coinvolti ai fini della corretta imputabilità delle responsabilità tra tutti i soggetti coinvolti nel sinistro. La motivazione assunta dal Tribunale si pone in netto contrasto con l’accertata e dichiarata pari concorsualità tra Caio e Mevio, contrasto e conseguente illogicità della motivazione che rende la sentenza nulla per il mancato rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Infatti, la compagnia assicuratrice non contestava la responsabilità del proprio assicurato, ma chiedeva l’applicazione del semplice concorso colposo a carico del trasportato Tizio e nulla più.

Inoltre, il Giudice d’appello non avrebbe tenuto in alcuna considerazione l’univoca giurisprudenza della Corte che, in caso di lesioni del trasportato per il mancato uso della cintura di sicurezza, ove accertato e dimostrato, “non può che considerarsi una concausa delle lesioni subite le quali sono la diretta conseguenza del sinistro, potendo dare adito ad un concorso di colpa, minoritario, del danneggiato ma non certo ritenersi causa esclusiva delle lesioni”. Le ragioni sostanziali di Tizio non trovano accoglimento dal Supremo Collegio, nonostante accolga il quinto motivo del ricorso che attiene alle spese legali.

Sul punto n. 1. Il problema del mancato utilizzo dei sistemi di ritenzione attiene all’accertamento del nesso causale tra la lesione subita e la (negligente) condotta del trasportato che deve essere valutata alla luce della dinamica del sinistro e dell’incidenza causale della condotta del conducente del veicolo. Questo tipo di accertamento viene sempre devoluto al medico legale al quale si chiede di verificare la compatibilità della tipologia della lesione con l’uso o mancato uso della cintura di sicurezza.

Il questo caso il Tribunale di Roma non si e avvalso del giudizio espresso dal CTU, ma ha autonomamente concluso per l’esclusiva colpa del trasportato Tizio in quanto “costituirebbe circostanza di notoria comune conoscenza umana il fatto che un soggetto presente sul sedile anteriore lato passeggero di un autoveicolo, in tanto può esser gravato da lesioni al setto nasale, in quanto non abbia allacciato la cintura di sicurezza”.

A detta conclusione deve aggiungersi anche la circostanza che Tizio nulla ha dedotto o argomentato in ordine alla prova che dette lesioni si sarebbero comunque verificate anche nel caso di regolare allaccio della cintura. Per la Corte la motivazione del Tribunale e senz’altro condivisibile perché il giudice del merito, quale judex peritus peritorum, può sempre disattendere o modificare le risultanze della CTU, sostituendole con proprie e diverse conclusioni e/o argomentazioni che traggano origine da personali cognizioni tecniche.

Sul punto n. 2 Quanto al nesso di causalità e al conseguente accertamento ed imputazione dell’evento dannoso all’autore del fatto, il giudice deve ricercare, tra le varie, “la causa prossima di rilievo dell’evento dannoso” ai sensi dell’art. 1227 comma 1 c.c. (concorso del fatto colposo del creditore) e cio indipendentemente dalle richieste formulate dalle parti in causa.

Al giudice compete ricercare la causa che ha prodotto il danno, indagando e ricercandola tra tutti i fattori causali che possano avere concorso al verificarsi dell’evento di danno, nessuno escluso; pertanto è compito del giudice anche d’ufficio verificare la sussistenza della colpa del danneggiato e la misura della sua incidenza alla produzione del danno ai sensi dell’art. 1227 comma 1 c.c..

Sulla conclusione cui giunge il tribunale – ergo la totale responsabilità di Tizio per la rottura del setto nasale – la Corte di Cassazione non esprime alcun giudizio, limitandosi ad affermare che e certamente possibile che la condotta del danneggiato possa assorbire in se l’intera efficienza causale, a condizione che venga accertato e dimostrato che l’uso della cintura di sicurezza avrebbe impedito la rottura del setto nasale, accertamento sul fatto che e precluso all’attività della Suprema Corte. La Corte, poi, interviene su un aspetto fondamentale che attiene al risarcimento del trasportato e all’onere della prova a suo carico, come evolutisi in ragione della giurisprudenza intervenuta successivamente all’introduzione dell’art. 141 codice delle assicurazioni.

Sappiamo che il nuovo articolo permette al trasportato di rivolgere la richiesta risarcitoria ed ottenere il pagamento del danno nei confronti della compagnia del veicolo sul quale si trovava a bordo al momento del sinistro. Nel caso di specie Tizio non ha applicato l’art. 141 cod. ass., bensì, ha azionato la domanda risarcitoria solo nei confronti del veicolo antagonista e della di lui compagnia assicuratrice, escludendo dal contenzioso il veicolo che lo trasportava. Detta circostanza impedisce l’applicazione della giurisprudenza richiamata da Tizio nel motivo di ricorso, ma soprattutto impedisce quell’addebito di responsabilità che può muoversi nei confronti del conducente “trasportante” che avrebbe permesso a Tizio di ottenere almeno un risarcimento parziale del danno. In caso di mancato utilizzo delle cinture di sicurezza sia il trasportato che il conducente del veicolo sono ugualmente e concorsualmente responsabili delle lesioni subite dal trasportato, perché:

1) il trasportato ha l’obbligo di indossarle in base all’art. 172 del codice della strada;
2) il conducente e responsabile perché deve condurre il veicolo conformemente alle norme del codice della strada e pertanto su di esso incombe l’obbligo di far indossare la cintura di sicurezza ai propri passeggeri.

Se detti gli obblighi vengono disattesi, la circolazione avviene in condizioni di insicurezza e, ove si produca l’evento dannoso, si verifica ciò che la giurisprudenza definisce “un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento”, essendosi “fra costoro formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi”.

Detta cooperazione colposa è inapplicabile nel caso in cui il trasportato agisca nei confronti del veicolo antagonista, il quale è soggetto del tutto estraneo alle modalità con cui viene effettuato il trasporto su altro e diverso veicolo.

Nonostante Caio (il conducente di Tizio) abbia parzialmente concorso nella causazione dell’incidente per non aver tenuto una velocita conforme allo stato dei luoghi, detta responsabilità non e di alcun aiuto a Tizio perché quest’ultimo non può invocare a suo favore quella cooperazione colposa in difetto dell’omessa azione risarcitoria nei confronti di Caio.

Qualche dubbio permane sulla motivazione con la quale il Tribunale di Roma ha addebitato al danneggiato l’esclusiva responsabilità delle lesioni subite. Certamente sono correlate al mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, ma l’applicazione della teoria della condicio sine qua non non elide il nesso causale tra le condotte dei due conducenti coinvolti e le lesioni di Tizio, salvo che l’impatto tra i veicoli non sia stato di lieve entità.


1 Corte di Cassazione ordinanza del 3 ottobre 2025 n. 26656

© Riproduzione riservata