Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
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Il numero che balza agli occhi analizzando i prima dati sui rendimenti 2024 della gestioni separare raccolti da MF-Milano Finanza è il 4,5% di G Solution. Ad offrirla è GamaLife, la compagnia guidata da Raffaele Agrusti, entrata in Italia nel 2022 rilevando un portafoglio vita di Zurich da 6 miliardi. Emerge che tra i prodotti delle compagnie rilevate ci sono quattro gestione che viaggiano su rendimenti superiori al 4%: oltre a GSolution, anche Capitalprevi di Bnp Paribas Cardif (al 4,22%), Sinergia Reale (4,3%) e Serie Speciale ex Italprevide, di Italiana Assicurazioni (sempre del gruppo Reale). A piacere agli italiani, dove il risparmio in polizze delle famiglie arriva al 37% del pil (più della Germania e dei Paesi Bassi) sono in particolare le polizze tradizionali (ramo I) che investono appunto in gestioni separate: da gennaio ad agosto hanno registrato una nuova produzione di 42,2 miliardi.
Il derby delle polizze a Piazza Affari è diventato una gara tra velocisti. Solo quest’anno il titolo di Unipol (trainato dal processo di razionalizzazione del gruppo, culminato nell’opa su Unipolsai lanciata a febbraio) ha guadagnato il 135%. Mentre Generali, che tra le due big di borsa gioca senza dubbio la parte del leone (non solo per il suo storico simbolo), essendo circa quattro volte più grande della rivale, ha visto la sua capitalizzazione crescere di oltre il 40%, fino a raggiungere i livelli precedenti alla grande crisi finanziaria del 2008-09. A oggi Generali e Unipol sono rispettivamente la venticinquesima e ottantottesima compagnia con la più alta capitalizzazione al mondo in un mercato dominato, con poche eccezioni, dai colossi americani e asiatici.
Doppia buona notizia per i fondi pensione. Non solo i loro rendimenti anche quest’anno si avviano a battere la rivalutazione del principale concorrente, ovvero il trattamento di fine rapporto (tfr) di chi lo lascia in azienda anziché versarlo agli strumenti di previdenza integrativa. Ma, dopo la stretta annunciata sulla tassazione della polizze Vita unit linked di ramo III, potrebbero restare l’unica isola felice dal punto di vista fiscale nel panorama italiano. Su questo fronte infatti va detto che i tre strumenti che l’ordinamento italiano prevede per costruire una rendita di scorta, ovvero fondi pensione aperti, i fondi pensione negoziali e i piani pensionistici individuali (pip), sono esenti dal pagamento dell’imposta di bollo dello 0,2% annuo che grava invece su tutti gli altri strumenti finanziari ad eccezione delle polizze Vita di ramo I e dei fondi sanitari.
Come si legge nella recente audizione dell’Istat sul Psb le prospettive future comportano un’amplificazione dello squilibrio tra nuove e vecchie generazioni che appare guidato più dall’attuale articolazione per età della popolazione che dai cambiamenti demografici (evoluzione di fecondità, mortalità e dinamiche migratorie): la proporzione è, all’incirca, di due terzi e un terzo rispettivamente. Nel 2031 le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 27,7% del totale secondo lo scenario mediano (dal 24,4% del 2023 e fino al 34,5% nel 2050). L’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà quindi importante, dovendo fronteggiare i fabbisogni di una quota crescente (e più longeva) di anziani. Sembra essere altamente probabile l’introduzione nel 2025 di una nuova finestra di silenzio assenso (attualmente si applica solo ai nuovi assunti) di conferimento del trattamento di fine rapporto (tfr) ai fondi pensione. Nella previdenza obbligatoria dovrebbe essere prorogato per il 2025 il pensionamento anticipato con la cosiddetta Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) e ricalcolo contributivo del trattamento pensionistico, oltre che il canale di Opzione donna e l’Ape sociale. Va evidenziato poi il possibile impulso che alla previdenza complementare può derivare dalla rinnovata attenzione che la prossima legge di Bilancio potrebbe conferire al welfare aziendale.
Dal 2022 l’obiettivo principale della Bce è stato quello di contenere il rialzo dell’inflazione causato dalla pandemia e dalla guerra. Il carovita nell’Eurozona ha raggiunto un picco del 10,6% a ottobre 2022. Perciò la Bce ha varato la stretta monetaria più dura dalla nascita dell’euro, aumentando i tassi del 4,5% tra luglio 2022 e settembre 2023. Ma quel mondo appare oggi un lontano ricordo. I tassi alti e la caduta dei prezzi dell’energia hanno fatto scendere l’inflazione alla stessa velocità con cui era salita. A settembre è arrivata così all’1,7%, il dato più basso da aprile 2021. Ma proprio mentre l’alta inflazione sembra domata, emerge sempre di più il rischio dello scenario opposto, quello di un’inflazione troppo bassa. Non si può più escludere che nel 2025 la Bce, superati gli anni della pandemia e della crisi energetica, torni al problema dell’era Draghi, quello di risollevare il carovita fino al 2%.
Negli ultimi due anni le fintech e le challenger bank italiane hanno fatto significativi passi avanti per migliorare la propria redditività, rendendosi più interessanti agli occhi degli investitori. Tra il 2023 e il primo semestre del 2024, molte società hanno ridotto le perdite, raggiunto il pareggio di bilancio o incrementato i profitti, imprimendo così una svolta alla propria storia aziendale.

«Il mercato dell’auto in Italia chiuderà il 2024 con circa 1,6 milioni di immatricolazioni (nel 2019 erano state 1.916.951), un livello assolutamente insufficiente per assicurare la regolare sostituzione di un parco circolante che, secondo gli ultimi dati, ha una consistenza di 40.915.229 autovetture. Ci sono in esercizio anche auto che, in tempi normali, sarebbero già state rottamate. Questo è un grave pregiudizio per la sicurezza stradale e per l’ambiente. Anche le prospettive non sono rosee. Secondo la nostra ultima indagine tra i concessionari, il 42% dichiara alti livelli di giacenze di auto nuove invendute. Inoltre l’affluenza negli show room di potenziali acquirenti in settembre è stata bassa per il 70% dei concessionari. Nell’Unione Europea la situazione è sostanzialmente analoga. Le immatricolazioni stanno viaggiando al di sotto dei livelli precedenti la pandemia di circa il 20% e non si vede come, in tempi ragionevolmente brevi, si possa ritornare agli standard ante-crisi».

Fondazioni in manovra sulla privatizzazione di Poste Italiane. Non ci sono solo Cuneo, Cariplo, Firenze e Lucca: molti altri enti bancari sono interessati a diventare soci della controllata del Mef e creare così un nocciolo di azionisti forti tricolori. Tanto che alcune indiscrezioni riferiscono di un pacchetto di azioni riservato apposta per le fondazioni. Intanto ci sono investitori istituzionali italiani che si muovono in proprio come Inarcassa che ha accumulato già una posizione dello 0,25% e si candida ad arrivare allo 0,50% in occasione del collocamento del Mef.
Generali ha fissato all’8 maggio l’assemblea per il rinnovo del cda e l’approvazione del bilancio 2024.
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