Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
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La frenata in atto dell’inflazione agevola i fondi pensione nel battere il trattamento di fine rapporto (tfr) che resta in azienda. Nei nove mesi del 2023 quest’ultimo si è apprezzato dell’1,5% netto perché la liquidazione si rivaluta in base all’indice dei prezzi al consumo (si calcola il 75% della variazione dell’inflazione rispetto all’ultimo mese dell’anno precedente e si somma mensilmente un tasso fisso di 0,125%). Nel frattempo i rendimenti dei fondi pensione negoziali si sono attestati da gennaio a settembre al 2,2% medio netto, con punte di oltre il 5%, sulla base dei dati raccolti da MF-Milano Finanza sulla quasi totalità dei comparti sul mercato. Per i fondi pensione aperti (dati Fida), il risultato medio degli oltre 320 strumenti proposti dalle sgr e compagnie assicurative si attesta al 2,4% netto, e i rendimenti dei migliori in questo caso superano il 10% per via del maggior contenuto azionario dei fondi pensione aperti rispetto ai negoziali dove invece prevalgono le linee con portafogli più esposti alle obbligazioni.
Particolarmente eloquenti le nuove previsioni dell’Istat secondo cui il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) da circa tre a due nel 2022 passerà a un valoro attorno a uno a uno nel 2050. Questa dinamica ha impatti sul sistema previdenziale italiano perché questo si struttura sulla ripartizione finanziaria: i contributi dei lavoratori in attività finanziano il pagamento delle pensioni. Notevoli anche gli effetti sulla gestione dei rischi di non autosufficienza considerando che tende a indebolirsi la rete di protezione, con una riduzione del numero medio di componenti delle famiglie: tra 20 anni si stima che solo una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà. Nella manovra sul 2024 approvata il 16 ottobre sono arrivati alcuni interventi sui pensionamenti anticipati. Ape Sociale e Pensione Donna vengono sostituiti da un unico fondo per la flessibilità in uscita che consente di andare in pensione a 63 anni con 36 anni di contributi (ora ne bastano 30) per disoccupati, caregiver, lavori gravosi e disabili, e con 35 anni per le donne (invariati). Le bozze della manovra poi segnalano un totale di 41 anni di contributi e 63 anni di età per gli altri casi, quindi Quota 104, al posto di Quota 103 (62 anni e 41 di contributi) in vigore fino a fine 2023. Si prevede poi un intervento per i giovani eliminando il vincolo in base al quale chi è nel contributivo possa andare in pensione una volta raggiunta l’età prevista se ha un assegno pensionistico pari a 1,5 volte la pensione sociale. Infine anche quest’anno i pensionati avranno in anticipo a novembre, rispetto a gennaio 2024, la rivalutazione per l’inflazione 2022.
Cresce a 14 miliardi di euro il patrimonio di Previndai, il maggior fondo pensione tra i preesistenti (i comparti attivi prima prima che venisse disciplinato in modo organico il sistema della previdenza complementare dal decreto legislativo 124/1993). Gli iscritti del fondo dei dirigenti sono 86 mila.Nei nove mesi del 2023 il comparto Assicurativo 1990 di Previndai ha reso l’1,9%, Assicurativo 2014 l’1,6%, Bilanciato il 3% e Sviluppo 5,1%.
Assistiamo per la prima volta a un vero e proprio scontro di due compagini: da una parte il management di Mediobanca appoggiato del patto di consultazione (tra gli altri Mediolanum, Gavio, Ferrero), dall’altra Delfin – che raccoglie gli eredi di Leonardo Del Vecchio guidati dal manager Francesco Milleri – e il romano Francesco Gaetano Caltagirone, che l’anno scorso si mise a capo di un progetto (non riuscito) per prendere il controllo delle Generali sottraendolo a Mediobanca. Sulla carta la battaglia è aperta: i due fronti raccolgono circa il 30% dei voti ciascuno. L’affluenza sarà alta, nell’intorno del 75%. Saranno decisivi gli investitori istituzionali che faranno valere i propri voti. È chiaro che Delfin e Caltagirone mirano a condizionare la gestione di Mediobanca. Il vero obiettivo è però il controllo delle Generali, oggi controllate dalla banca con solo il 13,1% di azioni.
Il debito pubblico, che viaggia verso i 3.000 miliardi di euro, va sicuramente ridotto e il piatto delle cessioni pubbliche, essendo intoccabili nuove quote di Eni, Enel e Poste, piange. La prudenza è massima, ma una exit strategy, parrebbe esserci, sempre che Giorgetti dia il via libera: coinvolgere nelle future vendite statali le ricche Casse di Previdenza. Questi enti hanno un patrimonio molto ricco, pari a 107 miliardi di euro e rappresentano un bacino fondamentale per innumerevoli professioni e la loro pensione che verrà. L’idea, ancora allo studio ma, secondo quanto risulta a Milano Finanza, già prospettata alle Casse, sarebbe quella di offrire a questo mondo una quota nei gioielli di Stato detenuti in Cdp Equity, di fatto la cassaforte del colosso di via Goito, molto attiva nelle partecipazioni.
Le gestioni patrimoniali in titoli (gpm) e in fondi (gpf) hanno archiviato i nove mesi del 2023 con un risultato medio del 4,15% dopo il 5,05% dei primi sei mesi, a fronte del 4,76% dei benchmark. Sulle oltre 300 analizzate soltanto una ventina è andata in rosso. In cima alla classifica ci sono le gestioni sulle criptovalute, le cui quotazioni sono tornate a salire, su tutti il Bitcoin, e sul digitale.
AXA Investment Managers nomina Jeroen Bos come global head of Axa Im Equity, a partire dal 1° novembre 2023.
Alleanza Assicurazioni (gruppo Generali) lancia Alleata Previdenza, la soluzione di previdenza complementare che integra le garanzie delle polizze Long Term Care e la copertura per invalidità permanente da infortuni. Inoltre, in caso di non autosufficienza, la soluzione prevede il raddoppio della rendita pensionistica.
Il Pnrr ha posto la Sanità al centro delle sue priorità, destinando oltre 15 mld alla Missione 6-Salute. Una parte significativa di questo finanziamento, oltre 2,6 miliardi, è stata dedicata al potenziamento e all’innovazione delle infrastrutture e delle tecnologie del Servizio Sanitario Nazionale a livello centrale e regionale.

Il mercato automobilistico europeo prosegue in crescita per il 14° mese consecutivo. In settembre le immatricolazioni nella Ue hanno raggiunto 861.062 unità (+9,2% su base annua). Spiccano l’Italia, con un incremento del 22,7% e la Francia a +10,7%. Secondo i dati di Acea, l’associazione europea dei costruttori, nei nove mesi le registrazioni sono aumentate del 16,9% a 8 milioni. Nonostante il miglioramento il mercato rimane del 20% sotto il livello pre-Covid. Unrae, l’associazione dei costruttori esteri, osserva che l’Italia ha messo a segno la crescita mensile più alta in termini percentuali (+22,7%) fra i cinque mercati principali. Anche nei nove mesi è l’Italia a segnare la più forte crescita (+20,5%). Il paese mantiene il record negativo nella diffusione di auto elettriche e il divario con gli altri quattro mercati resta ampio.
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Deliveroo e Uber Eats dovranno versare i contributi previdenziali non riconosciuti a migliaia di rider. Perché quei fattorini non sono lavoratori autonomi, bensì a tutti gli effetti subordinati. A stabilirlo è stato il Tribunale di Milano, dando ragione all’Inps e soprattutto confermando l’impostazione già assunta in passato secondo cui i rider hanno con le piattaforme un vincolo di subordinazione.

