Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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La responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro è ampia: manette anche per il Rls. È quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 38914 del 25 settembre scorso, con cui la quarta sezione penale ha affermato la responsabilità non solo del datore di lavoro, ma anche del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, per omicidio colposo di un lavoratore infortunatosi mortalmente.
Investire nelle attività verdi sarà più semplice, basta greenwashing sulle obbligazioni. Lo scorso 5 ottobre, il parlamento europeo ha ora approvato il tanto atteso regolamento che istituisce l’Eu Green bond standard (EuGbs), un insieme di regole che un emittente deve seguire se desidera etichettare la sua obbligazione come “verde”, al fine di diventare un Eu Green bond (EuGb). Il regolamento EuGbs, adottato con 418 voti favorevoli, 79 contrari e 72 astensioni e già negoziato con il Consiglio dell’Unione europea, mira ad aumentare la trasparenza del mercato e combattere il greenwashing. Dopo l’adozione formale da parte del Consiglio dell’Unione europea, il regolamento entrerà in vigore nei 20 giorni successivi alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale Ue, e sarà applicato dal 2024.
Estesa ai bilanci 2023 la possibilità di non svalutare i titoli iscritti nell’attivo circolante. Con il decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 14/9/2023 (pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 223/2023 del 23 settembre) è stata riproposta, per i soggetti Oic adopter, la facoltà di valutare i titoli non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio aziendale in base al valore di iscrizione, come risultante dall’ultimo bilancio regolarmente approvato, anziché al “minor” valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole. Si stabilisce, infatti, che le disposizioni di cui all’art. 45, commi 3-octies e 3-novies del dl 73/2022 “si applicano anche per tutto l’esercizio 2023”. Il decreto, dunque, estende al 2023 il regime derogatorio “considerato il permanere di una situazione di volatilità dei corsi e quindi di turbolenza dei mercati finanziari”. Così, sarà possibile evitare la svalutazione dei titoli nel caso di andamento negativo del mercato, vista la scarsa attendibilità delle quotazioni, se dovuta alla turbolenza dei mercati. Trattandosi una “facoltà” resta possibile continuare a adottare il criterio ordinario di valutazione. Il decreto ministeriale, poi, non interviene sulle norme di cui all’articolo 45 commi 3-octies e 3-novies del dl 73/2022 e, pertanto, le relative disposizioni restano ferme, così come le relative modalità operative disciplinate dal documento interpretativo Oic 11 (nella versione definitiva del 14/2/2023), e, per le imprese del settore assicurativo, dal regolamento Ivass n. 52/2022.
Nel settore dello sport, i rapporti di lavoro possono costituirsi nelle tre tradizionali forme: subordinata, parasubordinata e autonoma. Alcune specificità, tuttavia, distinguono il rapporto di lavoro sportivo tra professionistico e dilettantistico. Fino al 30 giugno scorso, il riferimento di disciplina è stata la legge n. 91/1981, che regolamentava i rapporti tra società e sportivi professionisti. Dal 1° luglio 2023 (con un anno di ritardo rispetto alla tabella originaria di marcia: l’entrata i vigore, infatti, era dapprima prevista dal 1° luglio 2022), la legge n. 91/1981 risulta abrogata e l’intera disciplina del lavoro sportivo è affidata al dlgs n. 36/2021 che ha dato attuazione alla legge n. 86/2019. Il dlgs n. 36/2021 è stato oggetto di diverse modifiche, a mezzo di più interventi, tra cui l’ultimo da parte del dlgs n. 120/2023 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 206 del 4 settembre 2023 e in vigore il 5 settembre 2023. Nella sua versione modificata, il dlgs n. 36/2021 detta norme in materia di enti sportivi (professionistici e dilettantistici) e di rapporto di lavoro sportivo nei settori professionistici e nell’area del dilettantismo.
Famiglie sempre più caute nella richiesta di credito, per effetto della attuale fase economica, caratterizzata da diverse incertezze: il conflitto in Ucraina a cui si è aggiunto quello israeliano-palestinese; il rialzo dei tassi di interesse e la crescita dell’inflazione. Ci sono, inoltre, da un lato, fattori che influenzano negativamente la domanda (come l’andamento dei fallimenti e il tasso di disoccupazione), ma altri che, dall’altro lato, influiscono positivamente (crescita dei redditi disponibili in cima alla classifica), a testimoniare come il credito risponda soprattutto a esigenze di investimento e di costruzione di progetti di vita delle famiglie.
Il 2023 si chiuderà sotto le aspettative, in forte controtendenza rispetto al periodo 2021-2022, nel quale il giro d’affari delle aziende italiane aveva toccato valori incoraggianti. Infatti, sei imprese su dieci faranno segnare una contrazione del fatturato nell’ordine del -13%. A lanciare l’allarme è uno studio rilasciato da I-AER, Institute of Applied economic research, effettuato in collaborazione con Aida Partners Pr e Isvi (Istituto per i valori di impresa).

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Arriva il conguaglio a 16 milioni di pensionati italiani. Un piccolo aumento, da 5 a 20 euro al mese, che completa la rivalutazione degli assegni di quest’anno all’inflazione del 2022. Questa mattina il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare – assieme al Documento programmatico di bilancio (Dpb) da inviare a Bruxelles e alla manovra con i decreti fiscali collegati – anche un decreto legge da 3,2 miliardi.

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Dalla crescente affermazione del digitale, che è stata accelerata a partire dalla pandemia, alla disruption portata dalle nuove tecnologie, fino a consumatori sempre più evoluti ed esigenti. Sono alcuni dei driver che stanno guidando la trasformazione in atto nel settore assicurativo e che stanno avendo un profondo impatto non solo sull’offerta di prodotti e servizi, ma anche sulla customer experience che oggi deve essere ripensata per sfruttare al meglio le opportunità offerte dall’innovazione e per supportare i clienti in un nuovo equilibrio tra canali fisici e digitali. Su quest’ultimo tema si sofferma una recente indagine realizzata da McKinsey & Company intitolata “Elevating customer experience: A win–win for insurers and customers” in cui la società di consulenza manageriale evidenzia come la capacità di fare leva sull’innovazione tecnologica e su una customer experience di livello superiore rappresentino ormai fattori strategici per il business assicurativo, in quanto capaci di incidere direttamente sulla crescita dell’impresa e sulla sua redditività.
Conner (Generali): nel triennio sono previsti 1,1 miliardi di euro di investimenti in smart automation, AI, digitalizzazione “Ma l’agente resta centrale, disponibile in presenza, incrementando al contempo le possibilità di essere raggiunto tramite i canali online”. Unire l’innovazione e la tecnologia alle relazioni umane per potenziare e rendere ancora più efficace la customer experience è una strada sempre più battuta dalle aziende. Nella consapevolezza che il successo di un’impresa non dipende più solamente dalle caratteristiche del prodotto o del servizio offerto, ma anche da come si riesce a relazionarsi con i propri clienti e dalle esperienze che si fanno loro vivere durante l’intera customer journey. Un approccio che va affermandosi anche tra le compagnie assicurative: sempre più di frequente al centro della strategia aziendale viene infatti posto un approccio phygital, ovvero basato su un mix di presenza fisica e di engagement digitale. È il caso del gruppo Generali, uno dei maggiori player globali del settore assicurativo, presente in oltre 50 Paesi con 82 mila dipendenti e 68 milioni di clienti.
Le sfide legate alla politica globale, alle dinamiche commerciali e alle relazioni internazionali costringono i ceo delle più grandi aziende del mondo a considerare, per la prima volta, la geopolitica come il principale fattore di rischio per il business. Lo rileva la survey “Ceo Outlook 2023” condotta da Kpmg, multinazionale dei servizi alle imprese, che ha testato il sentiment di oltre 1.300 top manager di gruppi che operano in 11 settori industriali (asset management, automotive, banche, manifattura, commercio, energia, tecnologie, infrastrutture, assicurazioni, life sciences e tlc) e in altrettanti mercati (Australia, Canada, Cina, Francia, Germania, India,Italia, Giappone, UK e Stati Uniti).
La rappresentazione più scenografica che viene fatta in questi giorni di Mediobanca è quella di un fortino nel quale sono asserragliati con l’elmetto in testa i due condottieri Renato Pagliaro e Alberto Nagel. Che cercano in ogni modo di respingere gli attacchi e difendere la sacralità dell’istituzione. Pagliaro e Nagel sono gli eredi di Enrico Cuccia e Vincenzo Maranghi, i banchieri che hanno segnato la nascita della banca d’affari e il suo periodo di splendore al centro del sistema finanziario e imprenditoriale italiano.

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Il territorio italiano per le sue caratteristiche geologiche, morfologiche e idrografiche è uno dei più fragili d’Europa. Il 50% è esposto al rischio sismico, il 20% a frane e alluvioni. Banca d’Italia ha stimato il valore del patrimonio abitativo esposto a rischio alluvioni: quasi mille miliardi di euro, circa un quarto del totale. E il valore di un singolo immobile, quando si allaga, scende del 60%. Per ridurre i rischi sarebbe necessario assicurarsi. Ma quanto costa? Le polizze sulla casa sono generalmente «componibili», lasciano cioè all’assicurato la possibilità di aggiungere pacchetti. Il prezzo ovviamente varia a seconda del grado di rischio. Pesa la convinzione, ampiamente diffusa, di avere diritto ad un risarcimento totale a carico delle istituzioni. In realtà non esiste alcuna legge che obbliga lo Stato a finanziare la ricostruzione delle proprietà danneggiate: gli stanziamenti non sono prestabiliti ma decisi di volta in volta, a calamità avvenuta e a distanza di anni.

Nell’ultimo decennio, nonostante i crolli del 2022, la previdenza integrativa ha rispettato lo schema virtuoso del rischio-rendimento che aiuta chi accetta la sfida del lungo periodo: le linee azionarie hanno reso fino al 4,9%, quelle bilanciate il 2,9% e quelle obbligazionarie il 2,4%. Battendo il Tfr
Fin qui abbiamo visto una fotografia dei rendimenti storici e di dove investono gli italiani. Ma quanta ricchezza integrativa si potrebbe creare, per la propria longevità, investendo cento euro al mese da oggi fino al giorno della pensione? La risposta dipende molto dal fattore anagrafico, cioè dall’età che abbiamo adesso (e quindi dagli anni mancanti alla pensione) e dalla linea di investimento prescelta. Nella tabella accanto abbiamo stimato la rendita netta mensile che si potrebbe ottenere investendo questa cifra in una forma di previdenza integrativa. Un 35enne potrebbe crearsi una pensione di scorta compresa tra i 139 euro, se si investe in una linea a basso rischio e i 236 euro se si investe in una a rischio alto. Questi valori sono la tangibile testimonianza che in previdenza il rischio non è l’oscillazione di breve termine dei mercati, ma la differenza di prestazione finale che potremo avere all’epoca della pensione.
I principi della pianificazione previdenziale ci ricordano che, al diminuire degli anni mancanti alla pensione, bisognerebbe ridurre il livello di rischio dei propri investimenti, per abbassare la probabilità che un crollo del proprio comparto non sia recuperabile entro il momento della pensione. Al contrario, i giovani dovrebbero invece investire in linee maggiormente bilanciate e azionarie, per farsi aiutare dai rendimenti dei mercati. Che cosa ci racconta la Covip sulle abitudini di investimento degli italiani all’interno dei fondi pensione? Storie molto diverse: nei negoziali, dove investono i lavoratori dipendenti di specifiche categorie, più della metà degli aderenti (53%) ha scelto una linea bilanciata. Circa un quarto (26%) le garantite, meno di uno su cinque (17%) le obbligazionarie e solamente il 4% ha scelto una linea azionaria. Quest’ultimo dato significa che molti giovani non stanno investendo con un livello di rischio coerente con i propri orizzonti temporali
Quando si parla di pianificazione previdenziale, non esiste solo il modello «investo quello che posso permettermi e vediamo dove posso arrivare», che è stato simulato nel precedente box dove vengono investiti 100 euro al mese. Esiste anche un modello, chiamato «per obiettivi», dove prima si definisce il tenore di vita che si vorrebbe avere durante gli anni della pensione, per poi trasformarlo in euro mensili (poniamo 2.000 euro netti al mese). Poi si sottrae il valore della pensione pubblica che si potrà avere (poniamo 1.400 euro netti) e altre risorse già maturate, come ad esempio un fondo pensione (poniamo 400 euro al mese). Per poi valutare quanto investire per poter raggiungere l’integrazione desiderata (che nel nostro esempio sarebbe di 200 euro netti al mese). Le simulazioni mostrano quale dovrebbe essere il versamento mensile necessario, a seconda dell’età e del profilo di rischio, per poter creare una ulteriore rendita integrativa di 200 euro. Un 35enne dovrebbe investire tra i 143 euro al mese (con una linea a basso rischio) e gli 85 euro (con una linea ad alto rischio). Soprattutto per i più giovani, ancora una volta, i mercati si rivelano un prezioso alleato, soprattutto nel lungo periodo.