Anna Messia
Solo l’ultima alluvione nelle Marche dello scorso settembre ha prodotto danni per oltre 2 miliardi di euro e negli ultimi 10 anni le calamità naturali, tra eventi atmosferici e terremoti, hanno arrecato danni in Italia per oltre 50 miliardi. Spese che vanno a gravare sulla fiscalità generale, con interventi spesso in ritardo e parziali. E ogni volta che si registra una calamità, con danni ingenti e perdite di vite umane, si riapre la discussione su un possibile intervento di sistema tramite la collaborazione tra il settore pubblico e quello privato delle assicurazioni, ma la questione cade poi subito dopo nel dimenticatoio.

Ma quanto costerebbe una polizza per proteggere abitazioni e imprese dal rischio di un terremoto o di un’alluvione? A fare i calcoli aggiornati è l’Ania, l’associazione delle compagnie di assicurazione presieduta da Maria Bianca Farina, pronta a presentare la sua proposta al nuovo governo che sta per insediarsi con l’obiettivo di allineare l’Italia ad altri mercati europei, come la Francia, dove da anni le compagnie di assicurazione intervengono al fianco dello Stato in caso di catastrofi naturali. E si tratta di cifre piuttosto contenute, specie per i privati. Per le abitazioni civili il premio annuo potrebbe aggirarsi tra 70 e 100 euro, mentre per una piccola e media impresa l’esborso potrebbe aggirarsi tra i 100 e 400 euro in base alla rischiosità del territorio.

La proposta dell’Ania si basa sul presupposto di adesione obbligatoria a una copertura assicurativa da parte di proprietari di abitazioni e pmi. Secondo le compagnie, solo tale ipotesi sarebbe in grado di garantire un’adeguata mutualizzazione dei rischi, riuscendo a tenere i costi bassi per tutti e a evitare che si assicurino soltanto coloro che vivono nelle zone a più alto rischio, dove la probabilità che si verifichi un terremoto o un’alluvione è decisamente più alta.

Certo, proporre una copertura obbligatoria in questa fase economica, caratterizzata dagli aumenti dei costi energetici e dell’inflazione in generale oltre che dal rallentamento della crescita economica, appare complicato. Ma a ben vedere anche gli interventi ex-post da parte dello Stato rappresentano una spesa che indirettamente grava sui contribuenti e la soluzione assicurativa avrebbe il vantaggio di garantire tempi rapidi nei risarcimenti, nelle ricostruzioni e nel riavvio delle attività colpite. Lo schema messo a punto dall’Ania esclude in particolare le grandi imprese (quelle con più di 250 dipendenti), dal momento che oggi più del 90% di esse è già assicurata contro il rischio sia di terremoto sia di alluvione. L’intervento del comparto assicurativo e riassicurativo riguarderebbe quindi esclusivamente privati e pmi fino alla somma massima di 10 miliardi di euro di danni. Poi toccherebbe di nuovo allo Stato intervenire. Ma le cifre messe in campo dovrebbero essere più che sufficienti a coprire anche gli eventi più avversi, con i premi versati dagli assicurati che confluirebbero in un fondo da cui attingere in casa di necessità.

In pratica, verrebbe replicato per le catastrofi quanto già avviene per il Fondo Vittime della Strada, che è gestito da Consap e alimentato con una percentuale dei premi Rc Auto. Anche nel caso di un fondo per le catastrofi naturali non ci sarebbe quindi un guadagno diretto delle compagnie di assicurazione, le quali potrebbero però essere remunerate per la gestione dei sinistri (proprio come avviene per il Fondo Vittime della Strada, che incarica singole assicurazioni per ogni Regione italiana) e ovviamente avvantaggiarsi di eventuali clausole aggiuntive che i clienti decidessero volontariamente di acquistare per ampliare la copertura.

Resta da capire bene che cosa verrebbe coperto da queste polizze, le eventuali esclusioni e franchigie. L’ipotesi avanzata da Ania prevede un rimborso basato sul valore di ricostruzione dell’immobile di 150 mila euro per le abitazioni civili e di 370 mila euro per le piccole e medie (di cui circa il 40% per il contenuto). «L’entità dei premi ipotizzata da Ania appare piuttosto contenuta ma per ora si tratta soltanto di uno schema e bisognerebbe studiare con attenzione le eventuali clausole di esclusione e la copertura dei danni indiretti, ovvero quelli che sono derivanti dal blocco dell’attività lavorativa», osserva Valentina Paduano di Anra (l’associazione nazionale dei risk manager) e membro del board di Ferma (la federazione europea dei risk manager).

In ogni caso è evidente che quella di Ania è solo una proposta iniziale su cui aprire la discussione tra tutte le parti interessate. Il governo potrebbe per esempio aggiungere agevolazioni fiscali ulteriori per le grandi imprese (come chiesto dalla stessa Ania) ma anche per le fasce di popolazione più deboli. Già oggi del resto il premio versato per una polizza per l’abitazione che prevede la copertura contro terremoto e alluvione può essere detratto del 19% e l’agevolazione sale al 90% nel caso in cui sull’immobile siano stati realizzati lavori antisismici usufruendo del bonus 110%. Sempre secondo i calcoli di Ania, considerando l’esborso medio annuo dello Stato di 7 miliardi di euro per le ricostruzioni, con le polizze obbligatorie il risparmio netto per i conti pubblici sarebbe tra 1-2 miliardi, i quali almeno per i primi anni potrebbero in parte essere utilizzati proprio per far partire il nuovo sistema. (riproduzione riservata)

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