PER LA CORTE COSTITUZIONALE LEGITTIMO IL DIVIETO ASSOLUTO DI CUMULO
di Daniele Cirioli
Quota 100 non è fatta per chi vuole ancora lavorare dopo la pensione. La richiesta agevolata di uscire anticipatamente dal lavoro, infatti, sarebbe in netta contraddizione con la prosecuzione di una prestazione di lavoro: ciò giustifica l’assoluto divieto di cumulo tra pensione quota 100 e reddito da lavoro dipendente. Lo spiega la Corte costituzionale che ieri ha deciso la questione di legittimità del tribunale di Trento sulla norma relativa al divieto di cumulo (art. 14, comma 3, dl 4/2019) per disparità di trattamento rispetto alla possibilità, invece, di cumulo parziale del lavoro accessorio (fino a 5.000 euro).

Lavoro intermittente. La vicenda riguarda un lavoratore andato a riposo con quota 100 dal 1° maggio 2019. Dopo la pensione, ha svolto rapporti di lavoro intermittente dal 3 giugno al 31 luglio 2019 per una retribuzione di 385,79 euro, dal 7 al 10 settembre 2019 per una retribuzione di 495,72 euro, dal 23 novembre al 31 dicembre 2019 per una retribuzione di euro 217,96 e dal 2 al 16 luglio 2020 per una retribuzione di euro 373,00. In conseguenza di ciò, l’Inps dando esecuzione al divieto assoluto di cumulo della pensione anticipata quota 100 (art. 14, dl n. 4/2019) con redditi da lavoro dipendente, ha chiesto il rimborso dei ratei di pensione erogati da maggio 2019 ad agosto 2020 e non ha più corrisposto quelli da settembre a dicembre 2020.

La decisione. L’ordinanza 211/2021 del tribunale Trento solleva questione di legittimità costituzionale della norma sul divieto di cumulo (art. 14, comma 3), nella parte in cui non fissa un importo minimo di reddito da lavoro dipendente, oltre cui la pensione non sia più cumulabile, così come è fatto invece per il lavoro autonomo occasionale ritenuto cumulabile fino a 5.000 euro all’anno. La questione d’incostituzionale è sollevata per l’art. 3 della costituzione: disparità di trattamento. Perché non si troverebbe in un’identica situazione il pensionato che, anziché svolgere attività lavorativa con contratto intermittente, lo facesse con lavoro autonomo occasionale fino a euro 5.000 all’anno. In attesa del deposito della sentenza, un comunicato stampa diffuso ieri fa sapere che la Consulta ha dichiarato non fondata la questione poiché le situazioni di cui si discute non sono comparabili. Il lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5.000 euro lordi annui non dà luogo, infatti, a obbligo contributivo. La preclusione assoluta di svolgere lavoro subordinato, dunque, si giustifica perché la richiesta di uscita anticipata dal lavoro è in netta contraddizione con la prosecuzione di un’attività di lavoro.
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