Paola Valentini
I tassi sui prestiti lievitano sulla scia dell’aumento del costo del denaro della Bce. Per la prima volta dopo 11 anni a luglio la Banca centrale europea ha aumentato il costo del denaro. Il rialzo è stato dello 0,5%, seguito poi da un altro aumento dello 0,75% a settembre, il più alto mai realizzato. La motivazione alla base di queste decisioni è l’aumento dell’inflazione che a settembre nell’area dell’euro ha toccato il 10%, nuovo record da quando esiste l’euro. In Italia per ritrovare tassi di inflazione su questi livelli bisogna tornare indietro a metà anni 80. La Banca centrale, come d’altra parte la Fed negli Usa e diversi altri istituti centrali di tutto il mondo, ha alzato i tassi per tenere sotto controllo le attese di inflazione che restano elevate perché «molti cittadini temono che l’aumento dei prezzi sia irreversibile», spiega la Bce. Se i cittadini e le imprese ritengono che l’inflazione elevata sia irreversibile, è probabile che i lavoratori richiedano salari più alti e i datori di lavoro potrebbero, a loro volta, incrementare i propri prezzi. Si genera così quindi quella che è definita una spirale salari-prezzi. «Per non cadere nella spirale salari-prezzi continueremo a innalzare i tassi, rendendo il credito più costoso e i risparmi meglio remunerati. Faremo in modo che le imprese, i lavoratori e gli investitori confidino in una riduzione dell’inflazione al 2% nel medio termine», avverte l’istituto presieduto da Christine Lagarde. Una scelta non facile perché in una situazione come l’attuale il rischio di recessione si fa sempre più pressante. Per questo la Bce ha agito subito con due strette ravvicinate, in modo da avere flessibilità se la situazione economica dovesse peggiorare.

Nel giro di due mesi, da luglio a settembre, il tasso sui depositi delle banche alla banca centrale è passato da -0,5 a +0,75%, molto più elevato dai valori degli ultimi anni (dal giugno del 2014 al luglio scorso il tasso sui depositi della Bce è stato negativo). Gli altri due tassi di riferimento, quello sulle operazioni di rifinanziamento principali e quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale, sono adesso rispettivamente pari all’1,25% (prima di luglio a zero) e all’1,5% (0,25% prima dei due ultimi rialzi). Aumenti che rischiano di ripercuotersi sulle tasche delle famiglie che hanno contratto un prestito o un mutuo a tasso variabile. D’altra parte la domanda di credito al consumo continua a lievitare, nonostante le tensioni dello scenario economico e politico (invece per i nuovi mutui si assiste a una sostanziale stabilità delle richieste). Nello specifico, secondo l’ultima analisi del Barometro Crif, il numero delle richieste di prestiti (personali e finalizzati) da parte dei consumatori fa segnare nei nove mesi del 2022 una crescita del +21,7% rispetto allo stesso periodo 2021. E nel solo mese di settembre le richieste di prestiti fanno +12,2%. Quindi tutto questo dinamismo di mercato rischia ora di fare i conti con una ripresa dei costi dei crediti i quali, dopo aver registrato negli ultimi anni una tendenza al ribasso grazie a tassi ai minimi storici, ora con l’inversione tornano a salire.

I primi adaumentare sono stati i tassi sui mutui, ma ora rialzi si registrano anche nella cessione del quinto dello stipendio o della pensione e nei finanziamenti con carta di credito, come emerge dall’analisi di MF-Milano Finanza che ha messo a confronto i dati di questo quarto trimestre 2022 con quelli praticati nel secondo trimestre, prima del rialzo dei tassi Bce (tabella qui sopra). Già nel secondo trimestre si notavano in alcuni casi un aumento dei tassi effettivi globali medi (Tegm) a cui le banche concedono i vari tipi di prestiti e dei relativi limiti di usura rilevati da Banca di Italia. Un rialzo che fa riflettere a maggior ragione considerando che ogni trimestre i Tegm sono calcolati in base alle condizioni rilevate due trimestri prima e quindi quelli del periodo aprile-giugno fanno riferimento all’ultimo trimestre 2021 quando emergevano soltanto le prime avvisaglie di un aumento dei tassi e l’inflazione non era ancora diretta verso la doppia cifra come oggi. In più la base di partenza in diversi casi è davvero alta considerando ad esempio che alcune formule presentano garanzie come la cessione del quinto della pensione. Sul credito revolving ad esempio (una linea ricaricabile nel tempo con i rimborsi mensili) i tassi possono superare il 24%, senza ricadere nell’usura (che parte dal 24,28%), e i tassi medi applicati sono del 16,28%, rispetto al 15,8% del secondo trimestre 2022. Nei prestiti contro cessione del quinto di stipendio o pensione invece il limite d’usura è salito al 18,275% per finanziamenti fino a 15 mila euro dal 17,75% precedente con tassi medi passati dal secondo trimestre a oggi dall’11% all’11,42%. Nei prestiti personali il tasso legale è aumentato di oltre un punto dal 15,525% al 16,75% con una media passata dal 9,22% al 10,2%. Anche le aziende sono coinvolte in questi rincari: ad esempio anticipi e sconti hanno ora un Tegm del 3,37% oltre i 200 mila euro dal 2,86% di due trimestre fa, fino a 50 mila euro il tasso medio è salito dal 6,72% al 7,07%.

I tassi sogliasono determinati da un automatismo stabilito dalla legge, a partire dai Teg (ovvero i tassi annui praticati alle singole categorie di finanziamenti) rilevati trimestralmente dalla Banca d’Italia presso gli intermediari finanziari. Il Tegm rappresenta quindi la media trimestrale dei Teg e comprende tutte le spese connesse al finanziamento, escluse le imposte. Né il Tegm né il tasso di usura compaiono nelle note informative, dove è invece indicato il Taeg, il costo totale del credito espresso in percentuale annua sul capitale erogato.

Il Taeg rappresenta lo strumento principale di trasparenza e confronto nei contratti di credito al consumo. È un indice che comprende il tasso e tutti gli altri oneri che il consumatore deve sostenere (tra cui spese di istruttoria, comunicazioni, incasso rata e imposte). Il calcolo di Taeg e Tegm risponde a criteri differenti: alcuni costi sono inclusi nel Taeg e non nel Tegm (come le imposte) e i costi assicurativi sono trattati in maniera differente. In ogni caso il Taeg è armonizzato a livello europeo. Nella documentazione informativa e nei messaggi pubblicitari è riportato anche il Tan (Tasso annuo nominale), il tasso applicato ogni anno sul capitale erogato. E’ quindi compreso nel Taeg e non esprime il costo complessivo che può essere più alto. Ci sono infatti altre spese, come commissioni, istruttoria, assicurazioni escluse dal Tan ma incluse nel Taeg. E quest’anno il peggioramento delle condizioni economiche potrebbe far risalire i tassi d’insoluto. Un aspetto di cui le banche sono consapevoli, anche se per ora di concreto c’è solo un forte incremento del margine da interessi come non avveniva da anni. L’aumento dei tassi «sta catapultando in avanti le performance» delle banche. ha sottolineato l’ad di UniCredit, Andrea Orcel. Il banchiere ha notato che il 2022 per le banche «sarà il miglior anno da tanto tempo». Questo anche perché il rialzo dei tassi per ora non si estende ai conti correnti che restano a zero. (riproduzione riservata)

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