TRA IMPEGNI FIRMATI E INFORMALI L’OPERAZIONE È GIÀ COPERTA PER QUASI 800 MILIONI
di Luca Gualtieri e Fabrizio Massaro
Tra impegni formali e informali l’aumento di capitale del Montepaschi è già praticamente coperto. Se la banca senese e il consorzio dei collocatori – che ha firmato l’accordo di garanzia nella notte tra mercoledì 12 e ieri – hanno già in mano lettere di impegno per oltre 500 milioni, le manifestazioni di interesse raccolte sinora hanno portato l’asticella delle adesioni vicino a quota 800 milioni. Con il Tesoro pronto a staccare un assegno da 1,6 miliardi, il rischio di inoptato a carico delle banche guidate da Mediobanca, Credit Suisse, Citi e BofA dovrebbe quindi ridursi tra 50 e 100 milioni anche senza una risposta forte del retail.

Si delinea insomma uno scenario favorevole a Siena, quasi impensabile appena una settimana fa quando il rinvio dell’operazione era un’ipotesi concreta. Tanto che ieri in ambienti del Tesoro non si nascondeva la soddisfazione per la conclusione di una operazione complessa, avvenuta in uno scenario di avversione al rischio sui mercati, una guerra di fatto in corso in tutta Europa e un’inflazione galoppante. E per di più senza un governo con pieni poteri, sebbene il fronte della maggioranza uscita dalla urne non abbia mancato di manifestare riservatamente, ma efficacemente, alle banche coinvolte la propria attenzione su Mps, per evitare che il probabile esecutivo di Giorgia Meloni si trovasse ad affrontare una crisi bancaria.

A fare la differenza è stato il cosiddetto “effetto trascinamento” innescato dalle adesioni raccolte in extremis. Inizialmente gli investitori temevano che un alto livello di inoptato avrebbe abbattuto il prezzo delle nuovi azioni (comprate per giunta «a premio» rispetto a istituti simili quotati), provocando perdite pesanti per i sottoscrittori. La svolta è arrivata con il sì ufficiale di Axa, storico partner assicurativo del Monte, che ha messo sul piatto circa 200 milioni garantendosi il ruolo di secondo azionista attorno all’8%.

Sul fronte degli investitori istituzionali si sono mossi molti hedge fund e fondi pensione, tra gli altri Pimco e BlueBay Asset Management – entrambi esposti sui subordinati della banca senese – oltre a Hosking Partners e Dgfd, la holding di Denis Dumont. Algebris, il fondo di Davide Serra, agirà come garante e sub-underwriter per 50 milioni in totale. Con questi impegni la copertura del nuovo capitale arriva a 857 milioni, che si aggiungono alla quota del Tesoro. Più defilata invece Anima: in assenza di una revisione di un accordo commerciale, ieri sera il consiglio della sgr ha scelto di investire solo 25 milioni mentre un gruppo di fondazioni toscane dovrebbe aderire per una trentina di milioni: la Fondazione Mps parteciperà per 10 milioni, ha fatto sapere il sindaco di Siena, Luigi De Mossi; Cr Firenze (azionista di Intesa Sanpaolo) dovrebbe anch’essa sottoscrivere una cifra analoga.

Ieri mattina il cda di Mps ha approvato i numeri dell’aumento; per oggi è atteso l’ok di Consob al prospetto. Lunedì 17 il via all’operazione, Saranno emesse oltre 1,25 miliardi di azioni da offrire in opzione ai soci al prezzo di 2 euro nel rapporto di 374 titoli ogni tre posseduti. Lo sconto offerto è del 7,79% rispetto al prezzo teorico ex diritto (il cosiddetto Terp). L’effetto iper-diluitivo, simile a quello che si è visto nell’aumento Saipem, ha zavorrato le azioni Mps che ieri è precipitata a 17,1 euro, -33,14%. «Consideriamo positiva la notizia che l’aumento sia stato interamente garantito», hanno osservato gli analisti di Intesa Sanpaolo. «Il lancio dell’aumento è un passaggio chiave per ripristinare la posizione patrimoniale di Mps e procedere con il piano industriale approvato dalla Bce», hanno aggiunto gli esperti di Banca Akros.

Il calendario prevede che i diritti di opzione siano esercitabili dal 17 al 31 ottobre e negoziabili dal 17 al 25 ottobre. L`eventuale asta dell`inoptato si terrà tra il 1 e il 2 novembre. (riproduzione riservata)
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