Oggi il cda darà luce verde all’operazione che dovrebbe partire lunedì. Decisivo il ruolo di Axa che farà da anchor investor e avrà oltre il 5%. Forte impegno di Pimco. Anima verserà 25 milioni
A pochi giorni dall’insediamento del governo l’aumento di capitale di Mps arriva ai nastri di partenza evitando così che il primo dossier sul tavolo del nuovo inquilino di Palazzo Chigi, verosimilmente Giorgia Meloni, sia di tipo bancario. Ieri sera l’accordo tra la banca e gli istituti collocatori sulla garanzia per l’operazione da 2,5 miliardi veniva dato come concluso. Sono stati praticamente trovati, con impegni vincolanti, quasi 500 milioni di nuovo capitale mentre i global coordinator Mediobanca, Bofa, Credit Suisse e Citi ieri definivano i dettagli degli accordi con i bookrunner. Passaggi tecnici che, al più tardi nel pomeriggio di oggi, dovrebbero sfociare nell’accordo ufficiale. Subito dopo, il cda di Mps fisserà tempistica e prezzo dell’operazione, confermando la tabella di marcia del ceo Luigi Lovaglio: partenza dell’aumento lunedì 17 (al massimo ci potrà essere un ritardo tecnico di 24-48 ore) e chiusura il 12 novembre.

Per la svolta in extremis decisivo è stato il ruolo di Axa. Il gruppo assicurativo francese, storico partner di Mps dal 2007, ha messo sul piatto 150 milioni prenotando una quota di oltre il 5%. La scelta sarebbe stata propiziata dal deputy ceo Frédéric de Courtois e dal presidente esecutivo di Axa Investment Management Marco Morelli, già ceo di Mps tra il 2015 e il 2020. Axa sarà così secondo azionista della banca dopo il Tesoro e potrebbe giocare un ruolo rilevante nella governance e nelle scelte strategiche.

In zona Cesarini si è mossa invece Anima. Secondo quanto riferito dall’agenzia MF-Dow Jones, dopo una trattativa andata avanti a singhiozzo per mesi la sgr milanese – partner del Monte nel risparmio gestito – ha deciso di investire solo 25 milioni. L’asticella si è abbassata notevolmente dai 250 milioni ventilati prima dell’estate, anche perché non ci sarà nessuna revisione degli accordi distributivi con l’istituto senese.

Nutrita è la platea dei fondi che si sono impegnati a sottoscrivere. L’investimento più robusto dovrebbe arrivare da Pimco. L’asset manager americano avrebbe deciso di entrare nella ricapitalizzazione anche per bilanciare l’esposizione sui bond subordinati della banca. Altrettanto rilevanti le posizioni in bond di BlueBay Asset Management e Melqart, anch’esse partecipanti all’aumento. Sempre sul fronte degli istituzionali, dovrebbero aderire la Algebris di Davide Serra (fino a 50 milioni), Hosking Partners e Denis Dumont, ex socio del Credito Valtellinese di cui Lovaglio è stato ceo.

Un altro fronte da cui sono arrivate risposte positive è quello delle fondazioni bancarie. Secondo indiscrezioni, Il Monte potrebbe contare su circa 30 milioni da parte di diversi enti toscani. I cda di CariFirenze e della Fondazione Mps si sarebbero già espressi a favore e si attende un’analoga decisione anche da CariLucca mentre in forse sarebbe la Cr Pistoia e Pescia.

A convincere gli investitori sono stati diversi elementi. In primo luogo gli obiettivi del piano industriale del Monte che prevede non solo una discesa del rapporto cost/income al 57% ma anche un ritorno alla redditività con un utile previsto a 833 milioni. Il raggiungimento di questi target dovrebbe essere agevolato anche dalla svolta della politica monetaria che, grazie all’aumento dei tassi, ridarà slancio al margine di interesse. Sul fronte dei costi un risultato importante è già stato portato a casa: al piano di 3.500 esodi volontari hanno infatti aderito oltre 4.100 dipendenti. Da ultimo molta attenzione è andata anche alle motivazioni della sentenza di appello che ha assolto l’ex presidente Giuseppe Mussari, l’ex direttore generale Antonio Vigni e le banche estere, e che possono alleggerire il fardello degli accantonamenti legati alle richieste di risarcimento danni da parte degli ex azionisti. (riproduzione riservata)

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