SECONDO EY IL 42% DELLE IMPRESE È PRONTO A CAMBIARE ISTITUTO, MA VUOLE LO SPORTELLO. IL 54% CERCA E-COMMERCE E FRANCHISE
di Anna Messia
Dopo la pandemia, superata tra non poche difficoltà, molte piccole e medie imprese italiane stanno oggi lavorando per rivedere il rispettivo modello di business, intenzionate a spingere tra le altre cose su e-commerce e internazionalizzazione. Per quanto riguarda il loro rapporto con il mondo bancario, che resta il canale di finanziamento prevalente, le pmi a sorpresa, sono rimaste soddisfatte del supporto e dei servizi ricevuti dagli intermediari quando il covid imperversava, ma non di meno, sarebbero ben disposte a cambiare l’operatore finanziario di riferimento per valutare proposte di player alternativi, siano essi banche o new entrants. Anche se, altra sorpresa ancor più inattesa, quasi la metà delle pmi disposte al cambiamento vorrebbero ancora una banca con filiali sul territorio, raggiungibili non solo per via telematica. La fotografia dettagliata è stata scattata dall’indagine realizzata da Ey tra 5.600 piccole e medie imprese mondiali, tra cui 300 italiane, e sarà presentata nel corso della EY Digital Summit che si terrà a Roma per tre giorni. Evento che prenderà il via questa mattina, con un focus sul rilancio del Mezzogiorno, per poi dedicare le giornate successive ai «Racconti del Futuro»: dalle grandi sfide di cambiamento che l’Italia sta affrontando per trasformarsi nel Paese di domani, ai trend sociali, demografici ed economici in atto che definiranno le persone del futuro, fino ai nuovi modelli di business fondamentali per garantire la transizione digitale e sostenibile delle aziende del futuro, cogliendo le opportunità del nuovo scenario internazionale. «Per quanto riguarda le pmi italiane, il 54%, più delle concorrenti europee (47%) e nord americane (45%), sta considerando di modificare il proprio modello di business per mitigare l’impatto negativo del covid anche perché il 90% delle piccole e medie imprese della Penisola ha avuto un impatto negativo dalla pandemia in termini di vendite, profitti o della supply chain, contro il 74% delle europee e il 72% del Nord America», spiega Filippo Mastropietro, EY Emeia Financial Services Banking Transformation Leader. Il fatto è che le pmi italiane scontano un gap importante del livello di digitalizzazione rispetto ad alcune pmi europee. Divario che non ha permesso, in prima battuta, di mitigare lo shock del lockdown, compensandolo con la crescita dell’e-commerce. «Le imprese italiane stanno lavorando per ridurre le differenze spingendo sull’online e inserendosi in catene di franchising, per non giocare più da sole, oppure offrendo i propri servizi abbinati con altri e in modalità freemium, gratuito solo in una prima fase», aggiunge Mastropietro. Per quanto riguarda il rapporto con le banche queste ultime, per le pmi italiane (66%) più che per altri Paesi (63% per il resto d’Europa) sono il partner di riferimento e c’è bisogno di una relazione fatta su misura. Perché le filiali, nonostante l’avanzata del digitale, restano il principale punto di contatto con la clientela e sono ancora oggi il canale preferito dalle pmi per affrontare le questioni finanziarie. Una tendenza che in Italia è ancora più marcata rispetto ad altri Paesi. Alla luce di queste preferenze non stupisce che, benché il 42% delle pmi italiane intervistate sia pronto a cambiare operatore di riferimento (la media europea è 34%), quasi la metà di questi (il 48%) «si sposterebbe verso un’altra banca con filiali fisiche, seguita a distanza da un operatore fintech (29%) e da banche only-mobile (23%)», conclude Mastropietro. (riproduzione riservata)
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