GIURISPRUDENZA
Autore: Laura Opilio, Luca Morini
ASSINEWS 335 – novembre 2021
Con ordinanza del 23 settembre 2021, n. 25849 la Corte di Cassazione ha fornito alcuni importanti chiarimenti sull’interpretazione dei contratti assicurativi.
Il caso
La vicenda giudiziaria trae origine dal diniego di copertura opposto da una compagnia assicurativa sulla base di un’interpretazione estensiva di una clausola della polizza di dubbio significato.
Più nello specifico, la ricorrente aveva citato in giudizio la compagnia con cui era assicurato il figlio, per essere risarcita dei danni patiti a causa del cane di quest’ultimo.
Secondo la compagnia, il danno in questione non rientrava nell’oggetto della copertura in quanto la polizza, con una clausola di non esemplare chiarezza, escludeva dalla nozione di terzo danneggiato “il coniuge, i genitori […], gli altri parenti ed affini con loro conviventi”.
A detta della compagnia, tale clausola imponeva di considerare esclusi i genitori, indipendentemente dal fatto che questi convivessero o meno con l’assicurato, essendo il requisito della coabitazione riferito unicamente agli “altri parenti ed affini”.
Il giudice di prime cure ha respinto tale obiezione e accolto il ricorso della donna, ritenendo che ai sensi di polizza dovessero considerarsi esclusi i genitori soltanto se conviventi con l’assicurato.
Al contrario, con una sentenza di senso opposto, la Corte di appello di Roma ha ritenuto irrilevante l’elemento della coabitazione.
La danneggiata ha fatto quindi ricorso alla Suprema Corte e, in primo luogo, ha lamentato la violazione del principio di interpretazione letterale, in base al quale i Giudici di Roma avrebbero dovuto rilevare che l’esclusione era condizionata al requisito della coabitazione con l’assicurato.
In secondo luogo, ha ritenuto che i Giudici di merito avessero omesso di applicare il fondamentale principio di cui all’art. 1362 c.c., in base al quale l’interpretazione del contratto deve muovere dall’indagine della comune intenzione delle parti, e il giudice non deve limitarsi al senso letterale delle parole.
Tale criterio, nel caso di specie, avrebbe imposto ai giudici di valutare la ratio della clausola in commento, la quale era volta ad escludere la garanzia nei casi in cui il rischio è aggravato dalla convivenza tra l’assicurato e i pretesi danneggiati.
Infine, risulterebbe violato anche il canone di cui all’art. 1370 c.c. che, per le clausole di dubbia lettura inserite nelle condizioni generali di contratto, in moduli o in formulari, prevede l’interpretazione a favore del contraente che non le ha predisposte.
La decisone
La Corte di Cassazione ha inizialmente osservato come il dubbio interpretativo originasse da ragioni sintattiche – dovute alla collocazione del termine “conviventi” subito dopo la virgola – e come l’interpretazione letterale della clausola non fosse sufficiente a dirimere la questione ermeneutica sottoposta al suo giudizio (da un lato, potrebbe dirsi che la convivenza è riferita sintatticamente ai soli “altri parenti ed agli affini”, per altro verso però, la tesi potrebbe essere disattesa dallo stesso argomento testuale osservando che il riferimento alla convivenza, anche se posto alla fine dell’elenco degli esclusi, può riferirsi a tutti questi).
Risolvendo il caso in questione, la Cassazione ha dettato il principio per cui nell’ambito della valutazione delle clausole dubbie del contratto assicurativo, un ruolo primario deve essere attribuito al criterio dell’interpretazione contro il predisponente. Si tratta di un principio già affermatosi nella giurisprudenza di legittimità con le sentenze Cass. 668/2016 e Cass.
10825/2020.
Tale regola impedisce al giudice di attribuire a clausole polisenso un significato specifico senza aver prima sottoposto la previsione contrattuale al vaglio dell’art. 1370 c.c. La ratio di tale norma è infatti quella di tutelare l’affidamento del contraente che non ha redatto la clausola, privilegiando il significato che questi legittimamente poteva aspettarsi dalla medesima.
La preminenza del principio ora citato, rispetto agli altri criteri ermeneutici dettati dagli articoli 1362 e ss. del Codice civile, a detta della Corte si fonda sulla considerazione che il contratto di assicurazione deve in ogni caso essere redatto in modo chiaro e comprensibile, onde garantire una tutela adeguata del consumatore.
Gli orientamenti nazional i ed europei
A riguardo, va evidenziato che l’orientamento in parola, oltre a porsi in linea di continuità con i precedenti della Suprema Corte, risulta altresì coerente con il favor interpretativo cui è improntata la Giustizia Europea, la quale impone che le polizze assicurative vengano redatte in modo chiaro e semplice giacché il contraente di polizza rappresenta la parte debole del contratto1.
Infine, il principio da ultimo dettato dall’ordinanza 25849/2021 risulta coerente con gli insegnamenti dell’Istituto per la vigilanza delle assicurazioni, il quale ha ribadito a più riprese l’importanza, per la tutela dell’assicurato, di redigere i contratti in termini chiari e comprensibili e che, in caso di dubbio, deve prevalere l’interpretazione più favorevole al consumatore secondo il principio dell’“ interpretatio contra stipulatorem”2.
1 Si fa riferimento, tra le altre, alla pronuncia resa nella Causa C-96/14 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
2 Si vedano, tra gli altri, le lettere al mercato dell’IVASS del 14 marzo 2018 e del 18 aprile 2018, nonché il Quaderno ISVAP n. 9 del 1° giugno 2001.
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