NELL’ULTIMO STUDIO EULER HERMES SI STIMA UN BIENNIO IN CRESCITA, MA SOTTO I LIVELLI PRE-COVID
di Roxy Tomasicchio
Moratorie, finanza agevolata, crediti di imposta: tutte misure che i governi hanno attuato per arginare gli effetti della pandemia, evitando in primo luogo le insolvenze aziendali. Ma adesso che questa rete di supporto sta venendo meno, o lo farà a breve, la curva delle insolvenze tornerà a salire. In che modo? Ci sarà una sorta di graduale normalizzazione e se il ritiro delle misure-paracadute sarà calibrato, il ritorno ai livelli di insolvenza pre-crisi richiederà più tempo. In particolare, nel 2021, ma soprattutto nel 2022 ciò avverrà con un tasso di crescita comunque inferiore rispetto al 2019, al netto però di alcune variabili come la velocità della ripresa economica o lo stato di salute delle imprese. Che dovranno ottimizzare le risorse del Pnrr (piano di ripresa e resilienza) per emergere dalla concorrenza.

Questa è la risposta data dagli esperti di Euler Hermes, società del Gruppo Allianz specializzata nell’assicurazione dei crediti, che hanno elaborato queste cifre: nel 2020 le insolvenze mondiali sono diminuite (-12%), si stima che scenderanno ancora quest’anno (-6%), in quanto l’estensione di molte misure di sostegno statale, in uno scenario di politica monetaria accomodante, permette di gestire la pressione sulla liquidità e la solvibilità delle imprese. Invece per il 2022 si prevede un aumento del +15%, ossia ancora in misura limitata (-4%) rispetto alle cifre pre-crisi. In Italia, nel, 2020 le insolvenze aziendali sono calate del -32% (fino a 7.160 casi), il numero più basso dal 2008. Per il 2021 è atteso un rimbalzo del +47% e un’ulteriore crescita del 14% nel 2022.

«Per quanto riguarda i livelli di insolvenza, i governi hanno aiutato le aziende ad affrontare la crisi: il massiccio intervento da parte degli Stati ha evitato che si arrivasse nel 2020 ad avere la metà delle insolvenze in Europa occidentale e un terzo negli Stati Uniti. L’estensione di tali misure limiterà ancora le insolvenze nel 2021 ma ciò che accadrà successivamente dipenderà da come i governi agiranno nei prossimi mesi», ha commentato Maxime Lemerle, responsabile delle analisi di settore e insolvenze di Euler Hermes.

«Il governo ha dovuto far fronte velocemente a una situazione inedita tentando il più possibile di congelare lo status quo fornendo al contempo liquidità al sistema», ha spiegato a ItaliaOggi Sette Luca Burrafato, responsabile Euler Hermes per i Paesi Mediterranei, Medio Oriente e Africa, commentando la situazione italiana. «Non c’è dubbio che, nonostante gli sforzi profusi, molte realtà più fragili non sono riuscite a superare lo scoglio della crisi, ma ben diversi sarebbero stati i risultati se fossero stati adottati approcci più graduali e meno decisi. A essere particolarmente colpite sono state specialmente le piccole e medie imprese, che rappresentano la linfa vitale del tessuto economico italiano. Il forte rimbalzo dell’economia quest’anno (+6% del Pil), che dovrebbe proseguire nel 2022 (+4,8%) e negli anni a seguire grazie anche ai fondi stanziati dall’Europa, sta comunque a dimostrare che la strada intrapresa è quella giusta», ha aggiunto. «Alcuni settori dell’economia hanno già raggiunto i livelli pre-covid. Per le esportazioni italiane di beni in valore è previsto un rimbalzo a doppia cifra, che permetterà già nel 2021 un pieno ritorno ai livelli pre-pandemia. Le vendite di beni Made in Italy raggiungeranno, infatti, quota 480 miliardi di euro, per poi continuare ad aumentare dal 2022 a un ritmo del 4/5% nel biennio successivo. Tale ritmo, superiore di quasi un punto percentuale al tasso medio pre-crisi (+3,1%, in media annua, tra 2012 e 2019), consentirà di raggiungere nel 2024 il valore di circa 550 miliardi di euro di esportazioni di beni».

La situazione italiana. L’Italia, assieme alla Spagna, sta già registrando una crescita accelerata delle insolvenze: dopo il calo del 2020 (-32%), per il 2021 si stima un aumento del +50,2%, nei primi 8 mesi dell’anno, con 5.825 casi, rispetto ai 3.877, dei primi 8 mesi del 2020. Nessun settore è escluso, salvo l’industria mineraria/estrattiva, con aumenti a due cifre nel commercio, il manifatturiero, l’edilizia e gli alberghi/ristoranti. Tuttavia, le cifre restano al di sotto dei livelli del 2019. Infatti, per il 2021 sono previsti 10.500 casi, 12.000 nel 2022, con aumenti per anno, rispettivamente, del +47% e +14%. In termini assoluti, saremmo ancora un livello più contenuto rispetto ai livelli pre-covid (10.500 casi sia nel 2018 sia nel 2019) e soprattutto al caso record del 2014 (14.735).

La situazione internazionale. Ci vorrà ancora più tempo perché le insolvenze tornino a salire negli Stati Uniti e in Asia, rispetto ad alcuni Paesi europei e a diversi mercati emergenti. Questi ultimi stanno già assistendo a una normalizzazione delle insolvenze, come conseguenza delle ulteriori restrizioni richieste dalle nuove ondate di infezioni e di un sostegno politico meno generoso. In Africa, secondo gli esperti di Euler Hermes, le insolvenze supereranno i livelli pre-Covid già nel 2021. A seguire l’Europa centrale/orientale e l’America Latina, nel 2022. Data a partire dalla quale le insolvenze aumenteranno nella maggior parte dei Paesi asiatici (+18% annuo nella regione), dopo il notevole calo registrato nel 2020-2021 grazie a una più rapida uscita dalla pandemia e alla corrispondente ripresa economica. In particolare, in India si verificherà una forte impennata (+69% annuo) a causa del periodo di sospensione dell’attività dei tribunali nel 2020-2021.

In Europa occidentale si assisterà ad andamenti diversi: Spagna e Italia vedranno probabilmente un’ampia ripresa delle insolvenze entro il 2022 (rispettivamente 5.110 e 10.500 insolvenze) a causa del numero più alto di settori sensibili alle restrizioni dovute alla pandemia. Al contrario, Germania (16.300), Francia (37.000), Belgio (8.150) e Paesi Bassi (2.400) impiegheranno più tempo per tornare ai livelli pre-crisi, grazie ad ampi pacchetti di sostegni e all’estensione delle misure protettive. L’eccezione principale è rappresentata dagli Stati Uniti, il cui numero di probabili insolvenze è limitato sia per il 2021 che per il 2022, grazie soprattutto alla combinazione fra aiuti massicci, con il più rapido rimbalzo economico registrato in oltre tre decenni.

Le variabili. Sono diversi, secondo Euler Hermes, i fattori da tenere sotto osservazione perché incideranno sull’andamento delle insolvenze. In primo luogo, la velocità della ripresa economica globale, che inciderà, in un effetto a catena, sulla velocità del disimpegno statale e influenzerà a sua volta il ritmo di normalizzazione delle insolvenze aziendali. In questo caso, nella maggior parte delle economie avanzate, la crescita del pil potrà superare il +1,7% necessario per stabilizzare le insolvenze nel 2021-2022. A questo proposito, Euler Hermes prevede per il pil globale una crescita del +5,5% nel 2021 e del +4,2% nel 2022.

Altra chiave di volta saranno le cosiddette aziende fragili in quanto molte di esse saranno ad alto rischio di default, in particolare le aziende «zombie» pre-Covid-19, tenute a galla da misure di emergenza e quelle indebolite dal maggiore indebitamento dovuto alla crisi. «Secondo alcune stime la quota delle imprese italiane fragili sfiora il 50% in alcune aree dell’Italia (come quella meridionale), in alcuni settori (commercio in testa) e in base ad alcuni parametri (innovazione, digitalizzazione e percentuale di export)», ha spiegato Burrafato, «Al contempo, però, impressiona la formidabile resilienza del sistema Italia se si pensa che, in presenza di una crisi e provvedimenti senza precedenti, il 2020 si è chiuso comunque con oltre 19.300 imprese in più. Inoltre, le cancellazioni di imprese tra aprile e giugno 2021 hanno registrato circa un terzo in meno dei livelli registrati nel secondo trimestre 2019. La realtà, come al solito, sta nel mezzo, se si pensa che le piccole e medie imprese sono la spina dorsale dell’ecosistema imprenditoriale grazie alla loro flessibilità, inventiva e capacità di germogliare, ma sono al contempo quelle meno attrezzate a far fronte a prolungati venti contrari. Parliamo come sempre di aziende in genere non quotate, soprattutto microimprese la cui presenza in Italia è più spiccata rispetto alla media europea (93%) e ad alcuni Paesi, quale la Germania (82%). È soprattutto all’interno di questo bacino che si trova il maggior numero di aziende fragili, il cui destino è segnato se non riusciranno, anche avvalendosi delle risorse del Pnrr, a modernizzare i propri processi per far fronte alla concorrenza di costo e di prodotto».

Da non sottovalutare poi, la ripresa della creazione di imprese, poiché l’aumento del numero di aziende farà automaticamente crescere la base di calcolo delle potenziali insolvenze.

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