SECONDO UNO STUDIO DELLA BANCA D’ITALIA EFFETTI LIMITATI PER FAMIGLIE E AZIENDE DALLA POSSIBILE INTRODUZIONE DI UNA CARBON TAX
di Luisa Leone
Debiti italiani al riparo dallo shock climatico. Secondo un recente studio della Banca d’Italia sull’esposizione di famiglie e imprese ai rischi finanziari indotti dal climate change, infatti, gli effetti derivanti da un eventuale caro-energia frutto di misure per contrastare i cambiamenti climatici non impatterebbero in modo significativo sulla quota di soggetti finanziariamente vulnerabili e sulla fetta di debiti considerati a rischio. Purché un eventuale tasse sulle emissioni nocive (già presente in altri Paesi europei come Francia, Germania e Danimarca) rimanesse contenuta in livelli ragionevoli ovvero tra 50 e 200 euro massimi per tonnellata di Co2, mentre lo scenario più estremo arriva a ipotizzare una tassa di 800 euro per tonnellata di anidride carbonica. A ogni modo, dalla simulazione degli esperti che hanno condotto l’analisi, emerge che gli impatti più rilevanti si avrebbero sulle famiglie più giovani, sulle microimprese e sulle aziende del settore manifatturiero.

Ma perché tra tutte le possibili misure contro l’inquinamento gli esperti Bankitalia si soffermano proprio sulla carbon tax? Perché è considerato uno dei metodi più efficaci per ridurre le emissioni dannose e perché è uno dei pilastri dello European Green Deal, oltre a essere già in vigore in alcuni grandi Paesi della Ue. E potrebbe verosimilmente essere introdotto in futuro anche in Italia. Come accennato l’esercizio prende in considerazione diversi livelli di un’ipotetica carbon tax italiana: 50-100-200 e 800 euro per tonnellata di Co2. Guardando prima alle famiglie si parte da uno scenario base in cui la percentuale di quelle vulnerabili si attesta all’1,6% e quella dei loro debiti a rischio al 10,3%. Con l’introduzione di una carbon tax tra 50 e 100 euro entrambe le variabili conterrebbero l’aumento sotto un punto percentuale mentre con l’ipotesi più estrema di un balzello a 800 euro a tonnellata, comunque la percentuale passerebbe rispettivamente all’1,79% e al 12,2%. «Questo esercizio suggerisce che anche una consistente carbon tax lascerebbe la vulnerabilità finanziaria delle famiglie contenuta e ben lontana dal picco raggiunto durante la crisi dei debiti sovrani (quando la percentuale delle famiglie vulnerabili e i loro debiti raggiunsero il 2,8 e il 19,4% rispettivamente)». In generale per quanto riguarda i nuclei familiari quelli che risentirebbero maggiormente anche di una basa tassazione ambientale sarebbero quelli con capifamiglia tra i 16 e i 39 anni.

Quanto ai debiti a rischio, sarebbero più copite le famiglie tra i 40 e i 65 anni. Per quanto riguarda infine il possibile impatto della carbon tax sulle aziende questo sarebbe decisamente maggiore anche se non omogeneo in quanto a dimensioni e settori delle imprese. Lo scenario base infatti indica la percentuale di società vulnerabili al 22,4% e quello dei debiti a rischio al 27,4%, che diventano rispettivamente il 32,5% e il 30,3% con una gabella ambientale di 50 euro a tonnellata, per arrivare fino al 43% e al 34% con la maxi-tassa da 800 euro. A essere impattate maggiormente sarebbero le aziende del comparto manifatturiero e le microimprese. Queste ultime vedrebbero aumentare del 7% la fetta di debiti a rischio con una tassa di 50 euro a tonnellata, che diventerebbe pari al 54% con 800 euro a tonnellata, comunque sotto il picco del 55% del 2012. (riproduzione riservata)