IL DATO EMERGE DALLE ELABORAZIONI DEL DIPARTIMENTO DELLE FINANZE SULLE DICHIARAZIONI 2020
di Giuliano Mandolesi
Tra conti correnti, depositi e attività finanziarie, gli italiani hanno parcheggiati all’estero quasi 135 miliardi di euro. Se si considerano anche beni immobili, altri beni materiali come i metalli preziosi e l’ammontare collegato alle forme di previdenza, il conto del “risparmio” detenuto fuori confine arriva ad oltre 166 miliardi. Va specificato che non si tratta di somme derivanti da atti illeciti o evasione fiscale ma di importi regolarmente dichiarati e sui quali i contribuenti pagano anche le correlate imposte patrimoniali stabilite dalla normativa vigente, ovvero Ivie ed Ivafe.

I dati in commento infatti risultano pubblicati dal dipartimento delle finanze del ministero dell’economia, all’interno delle analisi statistiche sulle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2020, nella specifica sezione «Attività estere di natura finanziaria e patrimoniale RW (valore finale) – Ivie e Ivafe».

Degli oltre 166 miliardi di euro parcheggiati oltre confine, la parte più rilevante è costituita dalle attività finanziarie il cui ammontare è di 94,2 miliardi di euro.

Come indicato nella circolare dell’agenzia delle entrate 28/E del 2 luglio 2012, il termine attività finanziarie comprende le partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti residenti o non residenti, le obbligazioni italiane o estere e i titoli similari, i titoli pubblici italiani e i titoli equiparati emessi in Italia o all’estero, i titoli non rappresentativi di merce e certificati di massa (comprese le quote di Oicr) e le valute estere. Inclusi nella categoria anche i contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, tra cui, finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito titoli, nonché polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulate con compagnie di assicurazione estere.

Tornando ai numeri, in seconda posizione alla concorrenza dei 166 miliardi ci sono i conti correnti e depositi (compresi i libretti di risparmio) con importo pari a 40,6 miliardi di euro.

Ma l’ammontare totale detenuto è sicuramente più alto di quello individuato dal ministero. Nei dichiarativi analizzati dal dipartimento finanze infatti mancano i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d’imposta non è stato superiore a 15.000 euro per cui non è dovuto l’obbligo di monitoraggio ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 186 del 2014. È opportuno segnalare che la soglia di esenzione a 15mila euro, come riportato anche nella citata circolare 28/E dell’agenzia delle entrate, si riferisce esclusivamente ai conti correnti e ai libretti di risparmio detenuti in pesi della Unione europea o in paesi aderenti al SEE e non ad altre tipologie di attività finanziarie. Per chiudere l’analisi dei dati, terza come ordine di grandezza tra le attività detenute all’estero è la parte relativa ai beni immobili, pari ad euro 28,3 miliardi di euro, seguita poi dai beni immateriali, ovvero i metalli preziosi allo stato grezzo o monetato e dall’ammontare delle forme di previdenza che complessivamente “cubano” poco più di tre miliardi di euro.

Numeri e gettito. Dal punto di vista numerico, come indicato anche nella relazione “statistiche sulle dichiarazioni fiscali analisi dei dati irpef anno d’imposta 2019” pubblicata dal dipartimento finanze del MEF, risulta che oltre 105.600 soggetti hanno indicato immobili situati all’estero con un Ivie dichiarata di 77,8 milioni di euro. Per quanto riguarda invece l’Ivafe invece, circa 177.000 soggetti hanno indicato un ammontare di oltre 91,3 miliardi di euro (+10,6% rispetto all’anno precedente) con imposta dichiarata di 69,9 milioni di euro, in aumento dell’11,5% rispetto all’anno precedente.

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