Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali


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Negli ultimi mesi gli italiani hanno risparmiato sulle assicurazioni auto: i costi sono diminuiti, complice anche l’emergenza sanitaria e il conseguente lockdown. Tra le opportunità per un ulteriore taglio della spesa c’è anche l’Rc auto familiare, una formula che consente di applicare la classe di merito più favorevole di uno dei componenti della famiglia a tutti i veicoli dello stesso nucleo, in caso di rinnovo della polizza o di acquisto di una vettura. L’Rc auto familiare. L’Rc auto familiare è stata introdotta in seguito alla modifica relativa all’articolo 134 del Codice delle assicurazioni private (Cap), con il decreto Fiscale 2020, determinando un ampliamento del decreto Bersani in tema di ereditarietà della classe di merito. Infatti, la norma permette, rinnovando un contratto di polizza o assicurando per la prima volta un veicolo nuovo o usato, di acquisire la classe di merito di un altro veicolo dello stesso proprietario o di un suo familiare stabilmente convivente. È possibile trasferire la classe di merito anche tra veicoli appartenenti a tipologie diverse (auto, moto o furgoni) ed è possibile ereditare la classe di merito sia in caso di acquisto di un nuovo veicolo, sia in fase di rinnovo di una polizza esistente, in assenza di sinistri con colpa nei precedenti cinque anni.
I bitcoin sono dei prodotti finanziari e pertanto disciplinati dal Tuf: è quanto chiarito dalla seconda sezione penale della Cassazione con sentenza 28607/2020, con la conseguenza che se un privato senza abilitazione vende criptovalute su un sito internet commette il reato di intermediazione finanziaria abusiva. La Suprema corte, precisamente, nell’ambito di un procedimento per abusivismo finanziario, contestato in relazione a operazioni in criptovaluta, ha rigettato il motivo di ricorso con il quale veniva sostenuto che le valute virtuali non sono prodotti di investimento, ma mezzi di pagamento, e così sottratte alla normativa in materia di strumenti finanziari; e ha osservato che laddove la vendita di bitcoin sia reclamizzata come una vera e propria proposta di investimento, trattasi di attività soggetta agli adempimenti di cui agli artt. 91 e seguenti Tuf, la cui omissione integra la sussistenza del reato di cui all’art. 166, comma 1, lett. c) Tuf. E se non è mancato chi ha nei giorni scorsi ritenuto di definire la sentenza addirittura come storica, certo è che quantomeno le va pacificamente riconosciuto il merito di aver portato un po’ di chiarezza in un campo scivoloso, quello delle criptovalute, in cui l’assenza di regolamentazione che ormai perdura da anni continua a essere una delle principali cause, da un lato, della mancanza di diffusione lecita delle stesse, e, dall’altro, invece, dell’incremento di un substrato patologico.
Matrimonio fatto tra Rita e lavoro. La disoccupazione o inoccupazione è requisito necessario solo per ottenere la rendita temporanea dal fondo pensione (Rita) che, quindi, deve sussistere soltanto al momento della domanda. Se, dopo averla ottenuta, si trova un nuovo lavoro o una nuova occupazione, non si perde il diritto alla Rita che diventa cumulabile con il nuovo reddito da lavoro in attesa della pensione dell’Inps (per cinque o dieci anni). È quanto altro precisa la Covip nella circolare prot. 4209/2020 (si veda ItaliaOggi del 19 settembre). A conti fatti, la Rita rende possibile mettersi a riposo già a 57 anni. Non si tratta di un vero e proprio pensionamento, ma della facoltà di ricevere questa «rendita temporanea»: l’erogazione anzitempo, cioè, di quanto un lavoratore ha versato e accumulato presso un fondo pensione. Condizione basilare è la perdita di un posto di lavoro. Solo e soltanto in questi casi, la Rita può essere richiesta fino a 5 anni prima della maturazione dell’età per la pensione di vecchiaia (67 anni, oggi) e addirittura fino a 10 anni prima (a 57 anni) qualora si è disoccupati da oltre 24 mesi (in tal caso non è neanche richiesto il possesso di 20 anni di contributi versati nella previdenza pubblica).

 

  • Prestazione anticipata per chi lavora all’estero
In via ordinaria il sistema di previdenza integrativa garantisce due prestazioni: una rendita periodica (pensione integrativa); o la liquidazione in capitale (per un importo non superiore al 50% del montante maturato sulla posizione individuale). Per il diritto alle prestazioni occorrono almeno cinque anni di contribuzione nel fondo pensione e il raggiungimento dell’età di pensione fissata nel sistema pubblico (la pensione Inps). La Covip ricorda che, attualmente, è prevista una sorta di agevolazione a favore dei «lavoratori che si spostano tra stati membri dell’Unione europea»: in luogo degli ordinari cinque anni, infatti, a loro risulta sufficiente la maturazione di un periodo di tre anni di contribuzione. La novità è stata introdotta dall’art. 1, comma 1, lett. a, del dlgs 88/2018 che ha modificato, nei predetti termini, il comma 2 dell’art. 11 del dlgs n. 252/2005. Resta fermo, per tutti i lavoratori (meglio è chiamarli «aderenti alla previdenza integrativa», perché potrebbe anche trattarsi di soggetti disoccupati oppure senza lavoro), la facoltà di posticipare l’accesso alla pensione integrativa e di proseguire volontariamente nella contribuzione. In tal caso, di conseguenza, sarà lo stesso aderente a stabilire autonomamente il momento di fruizione della prestazione garantita dal secondo pilastro.

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  • L’Europa al tappeto Persi 10 milioni di posti per colpa della pandemia
Dieci milioni di lavoratori in meno tra disoccupati, inattivi e assenti non per cassa integrazione, malattia o ferie: è il bilancio temporaneo del Covid, ma in mancanza di ripresa potrebbe andare ancora peggio. I cassintegrati sono passati tra il primo e il secondo trimestre di quest’anno, calcola Eurostat (l’Istituto Ue di statistica), da 2,4 a 19,3 milioni. I Paesi più colpiti sono la Grecia (dove la quota dei lavoratori che mancano all’appello sfiora il 40% delle forze di lavoro) Cipro, la Spagna e la Francia. Le ore lavorate sono diminuite di oltre il 10%, con picchi di oltre il 20% in Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda e Cipro. Dati che fanno paura e che danno una chiave di lettura diversa delle statistiche consuete. Infatti se ci si limita a mettere a confronto gli occupati tra i 20 e i 64 anni del secondo trimestre di quest’anno e quelli del 2019 la Ue-27 è passata da poco più di 191 milioni di occupati a circa 187, 4 milioni di posti di lavoro persi. L’Afi (Analistas financieros internacionales, società spagnola di analisi economica e finanziaria) calcola che a settembre la perdita di posti di lavoro rispetto ai livelli pre-pandemia sia già di 10,7 milioni, con una riduzione di 2 punti del tasso di partecipazione al mercato del lavoro. Intanto si registra un consistente aumento delle persone disponibili al lavoro ma che non lo cercano più, gli inattivi, passati dai 5,6 milioni del secondo trimestre del 2019 agli 8,8 del secondo di quest’anno. Dallo studio di Eurofound “Living, working and Covid- 19” emerge che tra i gruppi di lavoratori più colpiti ci sono i “self-employed”, gli autonomi, oltre ai lavoratori più fragili: i giovani, le donne, i contratti a termine.

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  • Il 2020 cambierà per sempre il business del trasporto aereo
Perdite choc, fallimenti, tagli annunciati di almeno 100 mila posti di lavoro. Appena finiranno gli aiuti di stato sarà una strage per le compagnie aeree di tutto il mondo. Non si vedono segnali di ripresa, anzi la situazione è tornata a peggiorare con la seconda ondata.  Fino al 2024 le compagnie (che sopravviveranno) non recupereranno i livelli pre-Covid. Le compagnie dovranno aumentare le tariffe e per i consumatori si annuncia un futuro di viaggi a caro prezzo
  • Prima le donne e i giovani così la protezione è salute
Patrick Cohen, ceo di Axa Italia, illustra le strategie per l’arricchimento dell’offerta in un ambito nel quale l’Italia registra livelli di copertura bassi. Rispondere alla crescente sensazione di vulnerabilità generata dalla pandemia di Coronavirus, tutelando in primo luogo le categorie più deboli, cioè donne e giovani. È la priorità indicata da Patrick Cohen, ceo di Axa Italia, per il settore assicurativo. Un impegno che porta con sé l’arricchimento dell’offerta nell’ambito salute, un ambito nel quale l’Italia registra livelli di copertura di gran lunga inferiori rispetto ad altri Paesi occidentali, ma destinati inevitabilmente a crescere per il timore prodotto dalla diffusione del Covid, che si aggiunge ad altre minacce che mettono in crisi le certezze acquisite, come gli eventi atmosferici estremi.
  • “La consulenza indipendente chiave della ripresa”
“L’Ue ha riconosciute giuste e utili le pretese dei risparmiatori ad essere informati con maggiore trasparenza dai professionisti del settore”. “La Commissione europea ha definito il consulente finanziario come colui che sta alla porta del sistema finanziario, snodo decisivo per far incontrare risparmiatori e mondo degli investimenti. Per questo è fondamentale che goda della massima fiducia di chi investe il proprio patri-monio». Giulia Armellini, project manager della società di consulenza indipendente Consultique, racconta così un incontro tenuto dalla Commissione Ue con Beuc, organizzazione europea dei consumatori.

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  • L’Inps: l’isolamento a casa non è malattia
In caso di nuovi lockdown per emergenza Covid che impediscano alle persone di svolgere la propria attività lavorativa, l’isolamento domiciliare non sarà automaticamente equiparato alla malattia. Lo ha chiarito l’Inps: in tutti i casi di ordinanze o provvedimenti di autorità amministrative che di fatto impediscano alle persone di svolgere la propria attività lavorativa non si procederà con il riconoscimento della tutela della quarantena con la malattia prevista dal Cura Italia «in quanto la stessa prevede un provvedimento dell’operatore di sanità pubblica». È il caso, ad esempio, di chi viene a contatto stretto con soggetti positivi al coronavirus. In questo caso è l’Asl, il medico di medicina generale o quello dell’ospedale a decidere tramite un provvedimento la quarantena del soggetto che, dunque, si vede riconosciuta la tutela della malattia durante il periodo di isolamento. In caso di malattia conclamata — spiega ancora l’Inps — viene assicurato «il diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno».

 

In Italia mancano due milioni di lavoratori nel settore del welfare. È il numero di addetti che servirebbero per raggiungere la media europea (116 lavoratori ogni mille, contro i 79 dell’Italia). Eurostat ci colloca al penultimo posto nella graduatoria per numero di occupati nell’assistenza, nella sanità, nell’istruzione e nell’amministrazione pubblica. In quasi tutta Europa sono aumentati i lavoratori che assicurano questi servizi, in parallelo con la crescita dei bisogni di cura e istruzione della popolazione. Da noi non è stato così. Ma, come abbiamo sperimentato nel corso dell’emergenza Covid e ora con la riapertura delle scuole, è dagli investimenti in welfare che emerge la qualità di una società. Nel welfare un ruolo sempre più importante lo svolge il Terzo settore: volontariato, associazioni non profit, imprese sociali, fondazioni filantropiche, e altre forme organizzative che popolano una realtà vivace e in costante crescita. Ma che crescerebbe ancora di più con misure adatte e lungimiranti. Cinque in particolare, a mio avviso urgenti e di realizzazione relativamente semplice.
«Indietro non si torna. Siamo già dentro la rivoluzione del lavoro. Concetti tradizionali come ufficio, appartenenza, produttività, professionalità andranno in tutto o in parte riscritti. E noi di Generali siamo pienamente dentro questo flusso. Abbiamo fatto la nostra scelta». Monica Possa è la responsabile del personale del gruppo Generali a livello mondo e le abbiamo chiesto di raccontarci come un colosso dei servizi sta gestendo lo smartworking in emergenza e quali saranno invece le scelte implementate a regime, ovvero nel post-vaccino. La risposta non poteva essere più netta: «Il lavoro da remoto interesserà, seppur modularmente, il 100% dei dipendenti Generali».
  • Sull’asse Trieste-Milano
In attesa di capire se Mustier continuerà a resistere alle pressioni interne ed esterne, un’altra operazione che accendeva la fantasia degli operatori era l’acquisizione di Banca Generali da parte di Mediobanca. Una mossa che avrebbe consentito all’istituto di piazzetta Cuccia di rafforzare la presenza nell’asset management come previsto dal piano industriale. Nelle settimane scorse però l’operazione è saltata perché ha trovato in disaccordo alcuni azionisti del Leone di Trieste. L’istituto guidato da Alberto Nagel alla fine ha preferito aspettare perché le condizioni non avrebbero consentito di chiudere l’Ops nei modi in cui era stata studiata. Mediobanca avrebbe voluto pagare una parte della transazione con azioni del Leone, titolo che in questi mesi complice l’epidemia ha perso oltre 30%. Si sostiene che Mediobanca, prima di abbandonare la partita, avrebbe avuto anche contatti diretti con il vertice delle stesse Generali. Ed è proprio qui che sarebbero sorti i primi intoppi. Leonardo Del Vecchio e successivamente anche Gaetano Caltagirone avrebbero manifestato qualche dubbio a sottrarre alle Generali una partecipata che garantisce flussi di dividendi importanti. Non bisogna dimenticare che anche la recente operazione sulla Cattolica aveva creato malumori nel consiglio. Ma un reverse merge tra Generali e Mediobanca avrebbe potuto aiutare a risolvere molti problemi sul controllo dell’assicurazione. Forse per questo la scorsa settimana Caltagirone ha arrotondato la sua quota nella compagnia triestina, salendo al 5,25%. Una partecipazione che potrebbe incrementarsi ulteriormente in vista dell’assemblea che nel 2022 sarà chiamata a scegliere il nuovo vertice delle Generali. Su quella partita sono puntati anche gli occhi di Del Vecchio che, oltre alla partecipazione nella compagnia triestina, ha superato sempre la scorsa settimana la quota del 10% di Mediobanca (primo socio della compagnia al 12,86%) grazie alla facoltà, concessa dalla Bce, di salire al 20 per cento. Un altro fattore che ha finito per raffreddare le avances di Nagel su Banca Generali in vista della prossima assemblea che cambierà il consiglio e lo statuto dell’istituto. Il patron di Luxottica, infatti, non ha ancora deciso per quale lista votare fra le tre presentate (una composta dallo stesso vertice, la seconda da Assogestioni e la terza dal fondo attivista Bluebell). L’unica cosa che pare quasi scontata è che Delfin non sosterrà la lista targata Nagel anche perché non è stata consultata per stilarla.

  • Polizze per il 110%: attenzione a costi, franchigie e sanzioni
È partita la caccia alla polizza giusta per i professionisti coinvolti nel Superbonus al 110 per cento. Un terreno su cui le norme di legge devono ancora essere chiarite nei dettagli, ma il mercato assicurativo si è già mosso. Sono molte, infatti, le proposte già disponibili, orientate soprattutto alla semplice integrazione di Rc esistenti. E si delineano due percorsi separati tra figure tecniche, deputate alle asseverazioni, e professionisti chiamati ad apporre il sigillo ai visti di conformità. Le compagnie stanno guardando al versante dei profili tecnici (ingegneri, architetti, geometri e periti in particolare), perché a questi si riferisce il decreto legge 34/20 quando richiede una copertura assicurativa adeguata con massimale minimo di 500mila euro ai tecnici che vogliono asseverare i lavori del superbonus.

  • SCOR torna all’ovile della Fédération de l’assurance
Il divorzio è durato solo pochi mesi. SCOR ha deciso di rientrare nella Federazione Francese delle Assicurazioni (FFA) che aveva lasciato quest’estate per protestare contro il
il modo in cui i suoi membri erano stati costretti a contribuire all’inizio della crisi sanitaria.
La decisione, presa dopo che l’organizzazione del settore ha modificato il suo statuto, è stato ufficializzato all’inizio della settimana.