All’assemblea per il rinnovo del cda si presenterà anche Bluebell. Ma l’incognita maggiore sarà il voto di Delfin, che ha tempo
fino al 19 per avvicinarsi al 20%. I fondi saranno l’ago della bilancia
di Luca Gualtieri
Le proxy fight, le battaglie all’ultimo voto tipiche di Wall Street, non sono mai state nel dna della finanza italiana che, al contrario, ha sempre preferito tessere le proprie trame lontano dagli occhi indiscreti del mercato. Non per caso episodi come lo scontro per il controllo di Impregilo del 2012 o il braccio di ferro tra Vivendi e Elliot del 2018 sono rimasti tanto memorabili quanto isolati. Eppure il prossimo 28 ottobre qualcosa di simile a una proxy fight si disputerà in un crocevia nevralgico della finanza italiana. In vista della scadenza del cda di Mediobanca sono state infatti presentate tre liste distinte: quella espressione del board che ricandida la maggior parte dei consiglieri uscenti tra cui il presidente Renato Pagliaro, il ceo Alberto Nagel e il direttore generale Francesco Saverio Vinci; quella di Assogestioni che conferma Alberto Lupoi e Angela Gamba; e quella presentata congiuntamente da Bluebell e da Novator Capital, radunando una quota pari all’1% di Mediobanca. Il fondo guidato da Giuseppe Bivona e Marco Taricco e presieduto da Francesco Trapani (ex Bulgari) ha preparato il terreno per la discesa in campo con un paio di lettere in cui contestava al cda la strategia, l’allocazione del capitale e soprattutto la governance della banca. Nel mirino c’era soprattutto quel 12,86% di Generali che, secondo Bluebell, assorbirebbe troppo patrimonio sbilanciando la capital structure di Mediobanca. Meglio distribuire quelle azioni ai soci in forma di dividendo e liberare così risorse per la crescita, sostiene Bivona. Il vertice uscente ha buon gioco a snocciolare i risultati della gestione Nagel che vedono oggi un ritorno sul capitale tangibile al 10% e un total shareholder’s return collocato da Citi tra i primi cinque in Europa. Le critiche di Bluebell potrebbero però trovare un ascoltatore molto attento in Leonardo Del Vecchio che, dopo essere rapidamente salito al 9,9% di Mediobanca, ha oggi in tasca l’autorizzazione Bce per spingersi fino a ridosso del 20%.

Contatti tra i due azionisti vengono esclusi («Siamo indipendenti», taglia corto Bivona), ma la convergenza di interessi è evidente anche perché, incassando da Piazzetta Cuccia un dividendo in azioni Generali, salirebbe dall’attuale 4,84 al 7-8% del Leone. Fatto sta che finora Mister Luxottica non ha scoperto le carte sulla strategia che seguirà in assemblea. L’unica cosa certa è che Delfin non ha presentato una lista per il rinnovo del board, in linea con quanto lasciato chiaramente intendere nei mesi scorsi. In base alla normativa europea, un investitore finanziario potrebbe presentare candidature senza per questo vedersi contestare l’esercizio di un’influenza dominante; salvo però il caso in cui, fatto il pieno di voti in assemblea, ottenga la maggioranza in cda. In Mediobanca oggi uno scenario del genere non è remoto e il passo indietro preventivo di Del Vecchio va letto proprio in questa chiave.

Che scelta farà dunque Delfin in assemblea? Le opzioni sul tavolo non sono molte. Se una preferenza a favore della lista del board appare improbabile, la holding (ben consigliata dall’avvocato Sergio Erede e dal top banker Vittorio Grilli) potrebbe astenersi dal voto per evidenziare la propria neutralità. In alternativa potrebbe appoggiare Assogestioni, con il possibile effetto di portare in maggioranza la lista presentata dal comitato dei gestori come accaduto negli anni scorsi nelle assemblee di Unicredit, Telecom e Ubi Banca. Assai più dirompente sarebbe però l’appoggio a Bluebell che, con l’appoggio di una parte dei fondi, potrebbe perfino sorpassare Assogestioni e conquistare le due poltrone riservate alle minoranze in cda. Questo terzo scenario appare però meno probabile. Non solo perché nell’ultimo rinnovo a favore del comitato dei gestori si era espresso il 27% del capitale, ma anche perché l’appoggio di Delfin a Bluebell suonerebbe come una mossa ostile nei confronti del vertice della banca. Qualcosa insomma di molto lontano dai toni che Del Vecchio ha scelto di usare negli ultimi mesi.

Sull’assemblea del 28 grava poi una seconda incognita: con quale partecipazione si presenterà Delfin? Malgrado l’autorizzazione della Bce, finora la holding non ha superato il 10%. Se lo facesse dovrebbe dare ampia informativa al mercato, come previsto dal Tuf, compilando e diffondendo un formulario dettagliato. Forse il prezzo delle azioni non è ancora in linea con le aspettative di Del Vecchio o forse la strategia è un’altra. In ogni caso, per comprare ci sarà tempo solo fino al 19 ottobre, ultima data utile per depositare le azioni in vista dell’assemblea.

In questo clima d’incertezza si snoderà l’attività delle prossime settimane. Bluebell (che ha candidato William Note, ex presidente dell’Efama, l’ex numero uno in Italia di Lazard e Morgan Stanley, Riccardo Pavoncelli, l’ex ad di Sirti, Elisabetta Oliveri, e Alessandra Garivati, una carriera nel private equity in Italia) si servirà di un proxy advisor per contattare i soci di Mediobanca e illustrare il proprio progetto industriale. Incontrerà anche Del Vecchio? «Certamente, se vorrà ascoltarci», taglia corto Bivona. Anche il vertice di Mediobanca farà shareholders engagement, come avviene di consueto prima delle assemblee, ricordando i risultati raggiunti finora e gli obiettivi del piano industriale.

Se l’esito del confronto assembleare rimane incerto, c’è chi ritiene ancora probabile un accordo tra il vertice di Mediobanca e Del Vecchio. La convinzione viene giustificata non solo con il lungo e fruttuoso rapporto di collaborazione tra Piazzetta Cuccia e Luxottica, ma anche con alcune possibili convergenze future. Forse su Trieste. Non è un mistero che Del Vecchio guardi con interesse alla strategia e alla governance delle Generali (di cui è terzo azionista al 4,84%) e che, con altri azionisti italiani, spinga per un cambio di passo. La scadenza ideale per muoversi è quella della primavera 2021, quando il cda della compagnia dovrà essere rinnovato, ma non è escluso che un cambiamento possa maturare prima. (riproduzione riservata)

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