di Carlo Frisino
Il settore dell’insurtech, neologismo usato per descrivere la trasformazione tecnologica e digitale in corso nel settore assicurativo, sta vivendo in Italia un periodo non del tutto semplice. Basti pensare che, nell’ultimo anno, sono state solo quattro le operazioni di finanziamento di start up nel settore insurtech, dato nettamente inferiore rispetto ad una media europea di 17. Anche come capitali investiti, l’anno scorso sono stati mobilitati poco più di 10-10 milioni e mezzo di euro rispetto ad una media europea di 160.

Secondo Simone Ranucci, fondatore e presidente di Yolo, l’Italia risente di una mancanza di capitali destinati all’innovazione digitale, tanto nel settore assicurativo quanto nella tecnologia in generale. «In Italia manca la componente collaborativa tra le imprese, che permetterebbe alle aziende di concentrarsi sulla componente degli investimenti» ha affermato Ranucci.
Inoltre, per George Ottathycal Kuruvilla, co-founder di Prima Assicurazioni, il problema dell’innovazione riguarda anche un aspetto strutturale del mercato stesso. «Il successo che abbiamo riscontrato all’interno del nostro gruppo è frutto della scelta di un mercato ampio, esattamente come avviene negli Usa. Anche in Italia il mercato ha buone dimensioni, ma è importante capire come arrivare a soddisfarlo nella sua interezza», ha evidenziato l’esperto.

La ricetta è evitare i mercati piccoli, quelli che non attraggono capitali, e combinare un personale rapido e dinamico.

Secondo Matteo Carbone, founder di IoT Insurance observatory, il problema risiede anche in come l’Italia concepisce il concetto di innovazione, che «non è un optional e le aziende devono dedicare lo stesso budget e le stesse risorse che dedicano alla parte compliance anche alla parte innovativa».

Ma per David Cis, chief operating officer di Generali, «l’innovazione è un valore e deve essere una fonte di opportunità, non una minaccia da temere, e proprio la flessibilità e la capacità di applicare nuove tecnologie ai processi di business potrebbe creare dei vantaggi competitivi per l’impresa».

Il lockdown ha favorito l’uso del digitale e in parte aiutato l’esplosione dell’insurtech? Sicuramente, anche se in minima parte, la risposta è affermativa.

Secondo Carlalberto Crippa, Head of business development di Cattolica, «l’obiettivo di vivere il digitale in maniera integrata con quella che è la rete fisica ha reso anacronistica la dicotomia che si era venuta a formare (riproduzione riservata)

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