In base alle anticipazioni raccolte da MF-Milano Finanza nei primi nove mesi dell’anno i negoziali hanno messo a segno un +0,36% medio rispetto al -1,1% del semestre. E c’è chi ha reso oltre il 3%. Si restringe il gap con il Tfr
di Paola Valentini

Non è stato finora un anno facile per i mercati finanziari, ma i fondi pensione tutto sommato hanno tenuto la rotta e in diversi casi hanno anche battuto la rivalutazione del trattamento di fine rapporto (Tfr). Per i 9 mesi del 2020 le anticipazioni raccolte da MF-Milano Finanza indicano un risultato medio netto dei fondi negoziali pari a +0,36%, in recupero dopo il -1,1% del primo semestre. Si restringe quindi la distanza rispetto al Tfr, che da inizio anno a fine settembre segna +0,93% netto rispetto al +0,62% di fine giugno (il suo valore su base annua è pari all’1,5% fisso più lo 0,75% dell’indice di inflazione Istat). E un quarto delle 80 linee analizzate ha realizzato nei 9 mesi una performance superiore a questo rendimento del Tfr. Nel frattempo i fondi pensione aperti hanno registrato in media il -0,86% (sulla base dei dati Fida su tutti i comparti sul mercato), un dato negativo per via della maggiore esposizione alle azioni ma anche in questo caso in miglioramento rispetto a -2,3% dei primi sei mesi e con un quarto che ha fatto meglio del Tfr (sul totale delle oltre 300 linee sul mercato). Bisogna anche considerare che sui rendimenti dei fondi pensione pesa la zavorra del maggior prelievo fiscale, dato che l’aliquota è del 20% rispetto al 17% relativo al Tfr.

I migliori hanno registrato un risultato superiore al 3% nei 9 mesi. Tra i fondi aperti spiccano Cattolica Gestione Previdenza Garantito (+6,12%) e Aleglio Obbligazionario di Alleanza (3,02%). Tra i negoziali si mette in evidenza il comparto Dinamico di Solidarietà Veneto con un +4,05%, seguito dalla linea Dinamica di Laborfonds (+3,32%). Entrambi sono fondi regionali, ovvero istituiti a livello territoriale, il primo dal Veneto e il secondo dal Trentino Alto Adige, e sono rivolti ai lavoratori delle aziende che operano in queste aree. In terza posizione (+2,72%) spicca il Bilanciato di Fondo Poste, comparto dedicato al personale del gruppo Poste Italiane. «Nei giorni in cui i numeri di Covid-19 ritornano a farsi minacciosi, guardiamo con soddisfazione ai risultati finanziari registrati a fine settembre», afferma Paolo Stefan, direttore di Solidarietà Veneto. I più soddisfatti fra gli iscritti sono quelli che hanno scelto il Dinamico (ospita un quarto degli associati, soprattutto i più giovani), linea azionaria che ha beneficiato del rally delle borse grazie alle misure monetarie e fiscali. «Non era per nulla scontato, dopo i minimi di marzo: gli stati e le banche centrali, con le loro azioni di sostegno all’economia, hanno alimentato i rialzi: alcuni indici come Dow Jones, Dax e Nikkei hanno di fatto recuperato le perdite di inizio 2020», ricorda Stefan. Intanto il Nasdaq legato ai titoli tecnologici Usa segna addirittura +24% da inizio anno. Soffrono invece la borsa italiana, Paese inizialmente fra i più colpiti dal virus, e quella di Londra, sulla quale pende la spada di Damocle della Brexit. «La risalita», riprende Stefan, «sorprende per forza e rapidità, ma è molto disomogenea, sia a livello di Paese che di settore. In questo scenario di difficile lettura spicca la grande capacità dei gestori del Dinamico, soprattutto Axa Im, che con il +13% registrato da fine marzo si porta a +4,05% da inizio anno: una performance ragguardevole, soprattutto tenendo conto che il comparto investe in azioni solo il 54% del totale».

In evidenza anche il comparto Garantito Tfr, che dopo l’assegnazione del mandato a Generali Insurance ha registrato oltre l’1% in tre mesi. «Questa si aggiunge al risultato del primo semestre, quando ancora operava la garanzia di rendimento pari alla rivalutazione del Tfr in azienda. Insomma per i pensionandi, posizionati tipicamente sul Garantito Tfr, la combinazione fra la vecchia garanzia assicurativa ed i rendimenti del secondo semestre, ha costituito, in questo annus horribilis, una efficace difesa del montante maturato», prosegue Stefan. Intanto «la tenuta del comparto Reddito tra marzo e aprile si è rivelata una solida base per la ripresa dei mesi successivi. Grazie al +2,27% registrato a fine settembre, il Reddito spicca così fra i migliori strumenti previdenziali della categoria degli obbligazionari misti», aggiunge Stefan.

La prospettiva resta peraltro ricca di serie incognite per l’obbligazionario, che offre ormai rendimenti limitati o negativi, facendo salire l’appetito per il rischio. I rialzi delle azioni non trovano tuttavia corrispondenza nell’andamento dell’economia reale, con i fatturati delle imprese che soffrono a causa del Covid-19. E così, davanti a queste condizioni, il risparmiatore previdenziale si vede costretto a una crescente attenzione e si fa sempre più pressante l’esigenza di trovare fonti di rendimento che permettano ai gestori previdenziali di rispettare gli impegni presi con gli aderenti. Motivo per cui, in un mondo con tassi ai minimi storici, l’attenzione, anche da parte dei fondi pensione, va agli asset alternativi, spesso non quotati, che promettono performance maggiori. Ad esempio Fondo Poste ha appena affidato a Lgt Capital Partners il mandato di gestione da circa 100 milioni di euro per l’investimento in fondi alternativi di private equity e private debt europei, con una quota destinata al mercato domestico. «Alla luce delle incertezze dell’attuale scenario, il mandato di gestione consentirà diversificazione degli investimenti con la possibilità di accedere alle opportunità offerte sia dal mercato primario che del secondario con l’obiettivo di massimizzare i rendimenti e contenere i costi per gli aderenti», spiega Antonio Nardacci, presidente di Fondo Poste.

Nel frattempo c’è un tema che si appresta «a diventare la principale chiave di lettura del futuro previdenziale, quello della sostenibilità», conclude Stefan. Il tema degli investimenti responsabili è in cima all’agenda anche del Fondo Poste, il cui cda lo scorso maggio ha adottato la politica di investimento sostenibile prevedendo l’esclusione degli emittenti che operano nella produzione di armi bandite dalle Convenzioni Onu e che violano i principi umanitari fondamentali.

Resta però sempre il problema di rilanciare le adesioni che languono, soprattutto in una fase come l’attuale di crisi del mercato del lavoro. In base agli ultimi dati Covip, a fine giugno il numero di iscritti ai fondi pensione italiani era di 9,223 milioni (circa il 40% della platea dei lavoratori interessati), l’1,2% in più rispetto a fine 2019, ma con un ritmo di crescita inferiore rispetto ai periodi precedenti alla crisi sanitaria del Covid-19. E l’aumento è risultato quasi pari a zero nel secondo trimestre. Per questo il governo sta pensando di aprire una nuova finestra di silenzio assenso per l’adesione (articolo a pagina 26), come quella del 2007, ma i tempi di realizzazione per ora restano incerti. (riproduzione riservata)

Allo studio un nuovo silenzio-assenso per le adesioni
Tra le novità di maggior rilievo che emergono dal nuovo incontro che si è tenuto il 14 ottobre tra Governo e sindacati una è rappresentata dall’annunciata e prossima presentazione da parte del Ministero del Lavoro di un progetto di legge per la sterilizzazione degli effetti del prodotto interno lordo sul montante contributivo, in modo che non si riducano gli importi delle pensioni che saranno liquidate nei prossimi anni. E’ opportuno ricordare come nel metodo di calcolo contributivo si opera la somma virtuale dei contributi versati nel corso della carriera lavorativa e questi vengono rivalutati annualmente sulla base della media della crescita del pil degli ultimi cinque anni. La difficile congiuntura determinata dagli effetti della pandemia in corso, che impatta in maniera rilevante sull’andamento dell’economia, si riflette allora anche sul quantum pensionistico. E’ utile richiamare un approfondimento dell’Ania secondo cui, a parità di contributi versati, ogni punto in meno di pil equivale, dopo 35 anni, a una rendita pensionistica più bassa del 16%. Se si aggiunge poi la revisione periodica e automatica dei coefficienti di trasformazione del montante accumulato in rendita, per via dell’invecchiamento del Paese, l’effetto riduttivo sulla futura pensione può essere rilevante. Ragion per cui assume valore la prospettiva di un calmiere legislativo al calo del pil.

Tra gli altri temi affrontati c’è il rilancio della previdenza complementare con l’intento condiviso, anche se non è ancora chiara la tempistica, di prevedere una nuova finestra di silenzio assenso per stimolare le adesioni in maniera tale da favorire un maggiore livello di inclusione previdenziale.

Il nuovo momento di confronto si è concentrato poi sull’insieme delle misure che si vorrebbero introdurre nella Legge di Bilancio per il 2021. Da quanto emerge dovrebbe trovare sede in primo luogo il rinnovo di un anno del meccanismo cosiddetto di Opzione donna, che consente, se rimarranno immutati i requisiti attuali, il pensionamento anticipato con un’anzianità contributiva pari ad almeno 35 anni e 58 anni di età anagrafica se dipendenti, elevati ad almeno 59 anni se autonome. In tale canale va ricordato che si applica però la finestra mobile pari a 12 mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le lavoratrici autonome. In caso di opzione donna la pensione è calcolata poi con il solo metodo contributivo.

Ulteriore intervento che dovrebbe entrare nella prossima Legge di Bilancio è la proroga sempre di un anno dell’Ape sociale per cui è in fase di approfondimento la possibilità di ampliare la platea dei beneficiari per includere i lavoratori fragili, con riferimento alle mansioni più a rischio Covid. È in fase di analisi poi, su richiesta dei sindacati, la possibilità di utilizzare quota 41 (41 anni di contributi indipendentemente dall’età) per il pensionamento anticipato (al momento prevista per i lavoratori precoci) anche dei lavoratori gravosi (molto utili saranno a tal proposito le considerazioni che verranno espresse dalla specifica Commissione di Studio che è stata costituita sulla base delle previsioni della scorsa Legge di Bilancio).

C’è poi il tema molto delicato, che dovrebbe trovare confluenza nella prossima manovra finanziaria, relativo alla necessità di prevedere, attenuando il costo per le aziende, percorsi soft di accompagnamento alla pensione per favorire il turnover generazionale, soprattutto considerando gli effetti sul mercato del lavoro della crisi, nonché per consentire alle imprese di cogliere la sfida soprattutto della innovazione tecnologica.

Una volta che si concluderà il percorso della definizione delle misure da inserire in Legge di Bilancio si aprirà poi il confronto sul nuovo intervento di riordino orientato nel medio termine (dal 2022) per introdurre misure di flessibilità in uscita che sostituiscano Quota 100 al termine della fisiologica sperimentazione nel 2021 e per approfondire la possibilità di introdurre una pensione contributiva di garanzia ai Millennials per attenuare il loro elevato rischio previdenziale a causa di carriere discontinue e di un ritardato ingresso nel mondo del lavoro. Il tutto ricordando gli effetti che la crisi sta producendo sugli indicatori di sostenibilità del sistema previdenziale, in particolare il rapporto tra spesa pensionistica e pil. (riproduzione riservata)

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