di Luca Gualtieri
Il superamento del 10% di Mediobanca da parte di Leonardo Del Vecchio non è passato inosservato a Roma. Con gli acquisti dei giorni scorsi (comunicati nel tardo pomeriggio di mercoledì 7) Delfin si è portata poco al di sopra della soglia di qualifying holding per l’oltrepassamento della quale già in agosto aveva ottenuto l’autorizzazione dalla Bce. In termini assoluti è stato poco più che un arrotondamento (dal 9,889 al 10,162%), ma il segnale va letto alla luce dell’assemblea che il 28 ottobre sarà chiamata a eleggere il nuovo cda. Ecco perché sia la Consob che il comitato sul golden power costituito in seno alla presidenza del Consiglio avrebbero di nuovo puntato una lente sulla vicenda Mediobanca. Da un lato la commissione starebbe monitorando con grande attenzione la partita; in circostanze di questo genere sono molti gli strumenti nella cassetta degli attrezzi, compresa la possibilità di richiedere documentazione e di ascoltare i rappresentanti delle società coinvolte. Quanto al governo, già nei mesi scorsi a Palazzo Chigi si erano confrontate visioni differenti sulla partita in corso attorno a Piazzetta Cuccia. In base alla normativa vigente, per i soggetti europei l’obbligo di notifica è previsto solo nelle operazioni che comportino un’acquisizione del controllo. Come anticipato da MF-Milano Finanza, nelle bozze del decreto Agosto era tuttavia spuntata una norma per allargare la disciplina del golden power anche a deal che comportino l’esercizio di un’influenza notevole. Una misura che sembrava costruita ad hoc per il caso Mediobanca. Sebbene la norma sia rimasta lettera morta, oggi i nuovi acquisti di Delfin hanno riportato Piazzetta Cuccia sotto la lente del governo. Sia chiaro: adempiendo agli obblighi previsti dal Tuf, mercoledì 7 la cassaforte di mister Luxottica ha fornito una serie di indicazioni al mercato. Nel ribadire l’impegno per la stabilità e la crescita della merchant bank Del Vecchio ha messo le mani avanti escludendo di voler «acquisire il controllo» o comunque «esercitare un’influenza dominante sulla gestione». Senza contare la smentita di «accordi con altri soci o terzi sulla propria quota». Toni rassicuranti che mister Luxottica ha ribadito ieri in un’intervista al Messaggero di Francesco Gaetano Caltagirone (come lui azionista di riferimento delle Generali). Nelle prossime settimane però il comitato sul golden power potrebbe approfondire la vicenda e prendere contatti con i rappresentanti di Delfin per raccogliere ulteriori informazioni.

Nel frattempo Delfin potrebbe irrobustire ulteriormente la partecipazione in vista dell’assemblea. Visto che la holding non ha presentato una lista, le opzioni sul tavolo non sono molte. Se decidesse di non astenersi, Del Vecchio potrebbe sostenere la lista del board che conferma l’attuale prima linea, dal presidente Renato Pagliaro al ceo Alberto Nagel fino al direttore generale Francesco Saverio Vinci. Oppure potrebbe far confluire il proprio voto sui candidati di Assogestioni, con la concreta eventualità di portare il comitato dei gestori in maggioranza. Assai più clamoroso sarebbe però l’appoggio a Bluebell, l’attivista inglese che nei mesi scorsi ha contestato la strategia e la governance di Mediobanca. Sembra comunque che, dopo la presentazione della lista, il fondo guidato da Giuseppe Bivona e Marco Taricco, presieduto da Francesco Trapani (ex Bulgari), abbia già iniziato a sondare gli investitori istituzionali in vista dell’assemblea servendosi del proxy advisor Georgeson. Proprio ieri Bluebell avrebbe inoltre incassato la raccomandazione di un altro proxy, Frontis Governance. (riproduzione riservata)

Ma Del Vecchio non sarà certo uno sleeping partner
di Angelo De MAttia
Ieri Leonardo Del Vecchio, intervistato dal Messaggero, ha detto, a proposito della partecipazione in Mediobanca salita al 10,162%, che Delfin è decisa a rimanere per lungo tempo il principale socio dell’istituto. Queste dichiarazioni bilanciano in qualche modo le comunicazioni del giorno precedente, secondo le quali Delfin non ha intenzione di controllare Mediobanca. In diverse cronache è apparso quasi un sospiro di sollievo per queste rassicurazioni, temendosi impropriamente di far corrispondere l’ammontare dell’interessenza con la guida della banca. Il bilanciamento comunque non smentisce affatto la posizione espressa in precedenza, ma il richiamo alla crescita e ai progetti ambiziosi segnala che il patron di Luxottica valuterà da vicino l’azione degli organi di Piazzetta Cuccia. Delfin non sarà uno «sleeping partner» e dunque non saranno rilasciate cambiali in bianco al management. Notizie ulteriori in proposito potranno aversi se e quando Delfin – autorizzata dalla Vigilanza unica ad arrivare fino al 19,9% di Mediobanca – si accingerà a superare la soglia del 15%. Intanto cominciano a formularsi le diverse previsioni sull’esito delle votazioni per il rinnovo degli organi che si terranno con l’assemblea del 28 ottobre; in gara ci sono tre liste, compresa quella del cda Mediobanca. Ovviamente Delfin voterà nell’assenza di accordi di qualsivoglia tipo, e potrebbe essere in grado di dare un apporto significativo alla pendenza del piatto della bilancia.

Insomma, appare chiaro che una cosa sono le limitazioni cui la società partecipante si autoassoggetta, altra cosa sarebbe ipotizzare che esse siano il frutto di un’autorizzazione all’aumento della partecipazione concessa solo sulla base di una domanda che abbia potuto prevedere i vincoli in questione. Si tratterebbe di una soluzione ibrida, che confliggerebbe con i diritti e la libertà degli azionisti e finirebbe con il creare una figura anomala di socio, con un coinvolgimento altrettanto anomalo della Vigilanza. Invece è lecito pensare non certo a misure autoritative bensì a una calibrata, lungimirante e del tutto autonoma gestione dell’interessenza, con l’azionista pienamente in grado di operare una sintesi tra gli interessi dell’istituto, della sua stabilità e della sana e prudente gestione, con gli interessi propri senza trascurare una valutazione di sistema e generale.

In ogni caso, superato il 10%, il dado è tratto. Naturalmente anche il modo in cui sarà gestita la partecipazione costituirà oggetto di un giudizio da parte degli organi di supervisione ma anche dei risparmiatori e del mercato. Si è aperta una nuova fase nella storia frll’istituto, nato all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, che avrebbe dovuto essere, come nelle intenzioni di Raffaele Mattioli, un intermediario specializzato della Comit e per la Comit, ma poi imboccò la strada dell’assoluta autonomia sotto la guida di Enrico Cuccia. (riproduzione riservata)
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