di Marco Capponi
Proprio nell’anno del Covid a sorpresa raggiunge nuove vette la ricchezza totale dei Paperoni che vola a 10,2 trilioni di dollari. Il nuovo massimo (il precedente a 8,9 trilioni di dollari risale a fine 2017) è stato toccato a fine luglio 2020, a seguito del rimbalzo a V del valore dei loro asset dopo la caduta subita nel periodo del lockdown. Sempre più ricchi insomma (tra i pochi infatti ad aver visto l’auspicata ripresa a V) i multimiliardari nel frattempo hanno però anche subito una sorta di mutazione genetica: sempre più innovatori e in grado di captare i macrotrend accelerati dal Covid-19, ma anche interessato alle tematiche ambientali e sociali. E’ quanto emerge dal report di Ubs e PwC che analizza ricchezza e modelli di business degli uomini e donne più ricchi al mondo. Secondo l’analisi il profilo vincente è appunto quello del «miliardario innovatore e disgregatore (disruptive)», che riesce cioè a inquadrare comparti in crescita e a importarvi modelli di business originali, in grado di rivoluzionare il mercato di riferimento. Va da sé che molti degli ultra-ricchi provengono dai settori tech (dove il 94% è classificato come innovatore) ed healthcare (71%). Non per forza però partendo da zero: secondo gli esperti di Ubs anche giganti come Microsoft e Oracle «si stanno muovendo verso aree come intelligenza artificiale, cloud e servizi software», risultando così innovatori. Per questa ragione in cima alla lista dei più ricchi siedono i notissimi Jeff Bezos (Amazon) ed Elon Musk (Tesla) con 183 e 101 miliardi di dollari di patrimonio a testa e una crescita nel 2020 che oscilla sui 70 miliardi di dollari. Ma nel novero troviamo anche nomi sconosciuti ai più: come Zhong Huijhan, ex insegnante ma soprattutto fondatrice di Hansoh Pharmaceutical che, dopo la quotazione della società sul listino di Hong Kong nel 2019, si è rapidamente insediata tra i miliardari del settore sanità. Oppure Frank Wang, ingegnere cinese oggi miliardario dopo aver fondato e guidato la compagnia di droni commerciali DJI. E non mancano esempi nemmeno in Europa, in primis Patrick Collison, programmatore irlandese che insieme al fratello ha creato la piattaforma Stripe.

Dal 2018 a luglio 2020, la ricchezza dei disgregatori è cresciuta del 17% a 5.300 miliardi di dollari, mentre quella dei miliardari tradizionali è aumentata solo del 6% a 3.700 miliardi. L’impatto del Covid, come anticipato, è costato caro anche ai Paperoni: nei giorni più duri del contagio, la caduta delle borse ha falcidiato la ricchezza complessiva del 6,6%, portandola a 8.000 miliardi (-564 miliardi). In calo anche il numero assoluto dei super ricchi: oggi sono 43 in meno rispetto al marzo 2019, per un totale di 2.058 miliardari.

Anche l’Italia ha una nutrita rappresentanza di Paperoni. A fine luglio i miliardari italiani erano 40, in crescita dai 36 dello scorso anno, ma in calo su base quinquennale (nel 2015 erano 43). Uno su due (49%) viene classificato da Ubs e PwC come «self made». Il totale della ricchezza in Italia nel 2019 è diminuito del 12% a 125,6 miliardi di dollari, per poi riprendersi tra aprile e luglio 2020, quando è aumentata del 31% a 165 miliardi. Tra le imprese gestite da miliardari nostrani dominano i settori retail, industria e servizi finanziari.

Il report mostra infine il lato filantropico e sostenibile dei Paperoni: oltre ad aver dato lavoro a 27,7 milioni di persone, hanno donato oltre 7,2 miliardi per contrastare la pandemia. (riproduzione riservata)

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