Se, fino allo scorso anno, tra le fonti di preoccupazione (in particolare in Italia) erano i bassi tassi d’interesse (ramo Vita), la sottoassicurazione Danni e il cyber risk, oggi gli stessi
problemi risultano aggravati e in aggiunta se ne inseriscono numerosi altri.

Lo sostiene il consigliere dell’Ivass in un sua analisi.

In dettaglio:

1) L’incertezza: per certi aspetti l’incertezza è molto aumentata su aspetti che sono stati
sempre considerati scontati dagli anni della II guerra mondiale. Ci si domanda: quando
finirà la pandemia? Ci sarà un vaccino? In che misura si tornerà ai comportamenti B.C.
e in che misura ci saranno invece modifiche strutturali (preferenze, prodotti, canali…).
Probabilmente il “new normal” non sarà né il mondo del “lockdown” né il mondo B.C.
ma una via di mezzo tutta da individuare.
Va anche tenuto presente che per altri aspetti l’incertezza sembra, al contrario, ridotta:
mai l’Europa così generosa di aiuti, persino a fondo perduto; mai le istituzioni così
decise a garantire tassi bassi; mai i mercati così disponibili a vedere deficit e debiti alle
stelle senza effetti sullo spread dei titoli governativi, anzi con effetti di una sua
riduzione.
Si potrebbe dire che c’è incertezza sull’incertezza.

2) Digitalizzazione: La pandemia ha dato una forte spinta digitale che si aggiunge al
processo che era già in corso nell’era B.C. Dalla firma digitale al riconoscimento
facciale, su vari aspetti l’accelerazione dovrebbe essere potente in tutti i processi e in
tutti i prodotti.
Si dovrebbe assistere allo sviluppo del canale digitale in tutte le fasi di business:
– Pubblicità
– Contatto
– Informativa/advice
– Personalizzazione
– Sottoscrizione
– Liquidazione
– Manutenzione e fidelizzazione.
La digitalizzazione consente prodotti più flessibili (si pensi alla RC auto: Pay as you
go, Pay how you go) e tende a spingere verso la standardizzazione.
Tuttavia da questo punto di vista non tutti i prodotti si adattano a processi standard (es.
coperture salute) e non tutti i clienti si adattano ai nuovi device (es. clientela anziana).
La digitalizzazione agevola lo sviluppo della instant insurance, della smart insurance
e, in prospettiva, della open insurance, in cui le Big Tech hanno una posizione di
partenza quasi monopolistica.

In questo caso non è irrealistico pensare al passaggio da coperture standard a forme
di personalizzazione anche spinta in presenza di cessione (consapevole) di dati
significativi.
Restano aperti e crescenti i rischi (particolarmente importanti per i Regulators) di:
– esclusione sia dei non-digitali sia dei diffidenti nella cessione dati;
– uso improprio delle informazioni fornite dalla clientela;
– riduzione degli spazi decisionali e di trasparenza a fronte di meccanismi
automatici quand’anche “personalizzati”;
– riduzione della comparabilità delle offerte customizzate;
– riduzione della mobilità della clientela e della concorrenza tra i players.
Non è chiaro, in questo contesto, se il contenzioso impresa-cliente-agente potrà subire
spinte al rialzo (exit) o al ribasso (loyalty), tenuto conto, da un lato dei problemi di
personalizzazione in un rapporto fondamentalmente “spersonalizzato” e dall’altro delle
possibilità di fidelizzazione e caring a distanza consentite dalla tecnologia digitale.

3) Il rischio distributivo: la distribuzione si sta diversificando e ibridando. Si tende a
superare le tradizionali distinzioni tra canali agenziali e canali telematici: le imprese
telematiche cercano il contatto “caldo” e quelle tradizionali sviluppano la
digitalizzazione anche delle agenzie.
In altra occasione Cesari ha messo in evidenza alcuni problemi di
produttività e di pricing riscontrabili nei canali agenziali rispetto a quelli bancari.
L’offerta di servizi di più alta qualità (consulenza) e l’aumento della dimensione media
delle agenzie possono migliorare il posizionamento degli agenti, la cui caratteristica di
micro-imprese (4-5 addetti in media) comporta, inevitabilmente, tutti i problemi
dimensionali ben noti anche in altri settori produttivi.
I problemi di crescita dimensionale si sommano a quelli di crescita del capitale umano
(formazione, skills), necessario per sviluppare funzioni di advisory ad ampio spettro.

4) Protection gap: la strutturale sottoassicurazione danni del sistema italiano ha
mostrato tutti i suoi effetti negativi allo scoppiare dei nuovi e maggiori rischi.
Fino ad oggi si è ritenuto che il protection gap fosse fondamentalmente un problema
dal lato della domanda (cultura assicurativa, bias comportamentali…).
Oggi, a fronte dei cigni (o pipistrelli) neri che si sono materializzati di recente, non è
affatto scontato che l’offerta sia disponibile ad includere tutte le coperture che la
domanda potrebbe esprimere (esclusioni).
Certamente due settori stanno conoscendo una ripresa: quello della mobilità (a 4,2,1
ruota) e quello della responsabilità civile generale, entrambi legati agli effetti della
pandemia e alla necessaria ripresa delle attività in condizioni di minor sicurezza.
Anche la casa può essere un entry point efficiente di una molteplicità di servizi e di
coperture, incluse quelle nat-cat di nuova generazione, con sensori per il monitoraggio
delle strutture e polizze parametriche.
Fornire, in un “cruscotto”, tutte le coperture attive è un nuovo canale di consapevolezza
e di offerta che può aiutare a ridurre il gap, anche con pricing personalizzati che
sfruttino appieno gli strumenti di customer analytics.
Nella costruzione del concetto di “Assicurazione di famiglia” la bancassicurazione ha
l’indubbio vantaggio dell’ampiezza della base dati; ad essa può contrapporsi sia l’open
banking sia la specializzazione dell’offerta assicurativa.

5) Il rischio salute: il Covid-19 ha da un lato rallentato molte decisioni di spesa, incluse
quelle assicurative, e dall’altro ha puntato l’attenzione e messo in primo piano il tema
salute e la fragilità delle strutture sanitarie pubbliche. La telemedicina, il supporto
hitech alla costruzione di migliori stili di vita e i servizi connessi sono una importante
opportunità di business per le assicurazioni; le coperture di Long Term Care possono
trovare più ampia diffusione, alla luce di una combinazione esplosiva di denatalità e
invecchiamento che può disintegrare il Welfare State; forme di partnership pubblico-

privato nella predisposizione di istituzioni globali contro le catastrofi (naturali, sanitarie
e demografiche) sono da valutare attentamente.
Non è escluso che la caratteristica intrinseca della pandemia virale faccia venir meno
quegli aspetti (come l’indipendenza delle esposizioni al rischio) che rendono possibile
la sua assicurabilità a un prezzo accettabile.
Certamente, un singolo e una comunità operanti in un contesto con più ampie
coperture assicurative possono affrontare meglio anche i rischi non assicurati o non
assicurabili.
A livello sociale, l’investimento in educazione assicurativa (per i rischi assicurabili) e in
educazione civica (per i rischi non assicurabili) aumentano la resistenza ai rischi,
l’autoassicurazione e la resilienza.

6) Il rischio tassi: il rischio tassi d’interesse, già indicato come low-for-long, rischia di
apparire come low-for-ever.
Di fronte a tale prospettiva di tassi ultrabassi e negativi l’industria si confronta con
numerose sfide.
– La garanzia di capitale, già ridotta allo 0% e limitata al momento della scadenza
senza il classico meccanismo cliquet, potrebbe diventare finanziariamente
sostenibile (in termini di capital requirement) solo a copertura di eventi sociodemografici (morte, invalidità, disoccupazione).
– Nel contempo, il ramo III perde di appetibilità e specificità in assenza di contenuti
assicurativi apprezzabili rispetto al vasto mercato dei fondi comuni.
– La ricerca di rendimento richiede un aumento della propensione al rischio e
sposta l’orizzonte di investimento sul lungo-lunghissimo termine che deve tornare
l’habitat naturale del risparmio assicurativo, incluso equity, real estate e
infrastrutture. In caso contrario, i rischi di liquidità rendono assai problematico un
alleggerimento delle posizioni nei titoli governativi.
– Gli investimenti ESG (Environmental Social Governance) potrebbero richiedere
una maggiore attenzione e uno sforzo di chiarezza, trasparenza (anti greenwashing), regolamentazione (anche fiscale), alla luce dei recenti sviluppi europei in tema di tassonomia (green, grey, brown/red investments).
– Rispetto al Ramo Danni, nel Vita il ricorso alla leva digitale appare più difficile,
considerato che nel caso degli investimenti finanziari il rapporto fiduciario clienteintermediario resta importante.

7) Il rischio cyber: la cybersecurity ha avuto una esplosione nell’era post-Covid per l’uso
massiccio delle telecomunicazioni e per le soluzioni di smart-working, a volte non
adeguatamente preparate, adottate durante la pandemia.
La copertura diventa cruciale non solo per i sistemi aziendali ma anche per quelli
domestici considerato che lo smart-working (home-working) li ha resi spesso
compenetrati e contigui.
Lo stesso processo di digitalizzazione in atto, richiamato sopra, esprime una domanda
crescente di protezione sia per il rischio informatico sia per la connessa business
interruption.

“Forse mai come oggi il sistema Paese è di fronte a un’opportunità che contiene grandi
potenzialità di resilienza e può rappresentare, nei giorni difficili di una crisi economica e
sanitaria senza precedenti, la fonte di una ragionevole speranza e di un netto rilancio sociale ed economico.
I rischi sopra esaminati si possono trasformare in altrettante occasioni positive se tutti i
soggetti coinvolti avranno la consapevolezza e la capacità di agire all’altezza della tragicità
del presente momento storico”, conclude Cesari.

rischi