Riduce del 33% il rischio di morire
di Marta Oliveri

Il cane costringe il suo padrone all’attività fisica quotidiana
Un cane allunga la vita. O meglio riduce di un terzo il rischio di morte per le persone che hanno superato un infarto o un ictus. Molti studi dimostrano che chi possiede un cane resiste meglio alle malattie del cuore. Il primo studio in questo senso è stato pubblicato nel 1980 da Erika Friedmann, docente al Brooklyn College, che 15 anni dopo, nel 1995, in un secondo studio sull’argomento ha accertato che il tasso di sopravvivenza migliora tra chi ha un cane (dal 93% al 99%) piuttosto che un gatto. E questo perché il cane costringe il padrone a fare attività fisica dovendolo portare a fare la passeggiata quotidiana.

Un’altra ricerca dell’università di Uppsala, dell’istituto Karolinska, in Svezia, e dell’università di Stanford in California, del 2017, condotta sui dati dei ricoverati in ospedale per infarto o ictus, ha evidenziato la riduzione della mortalità del 33% per le persone che possiedono un cane e che vivono sole. La ricerca sui dati dei pazienti ospedalizzati analizzati con modelli matematici adattati sullo stato di salute e la condizione socio-economica dei partecipanti alla ricerca, ha confermato, nel periodo oggetto dello studio (2001-2012), la riduzione della mortalità del 15% per chi possiede un cane, meglio se grande, ma non vive da solo, e del 33% per quelli che vivono da soli. Lo stesso beneficio è stato riscontrato anche in chi è stato vittima di un ictus, con una riduzione del rischio di morte tra il -12% tra chi non vive solo, e il -27% di chi vive in casa senza altri famigliari.
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