WeWork e Uber zavorrano Goldman Sachs, che registra profitti in calo del 26% a 1,8 miliardi. Citigroup batte le attese sul fatturato grazie alle carte di credito. Wells Fargo paga gli oneri legali

Jp Morgan si conferma regina delle big bank americane. La banca guidata da Jamie Dimon ha chiuso il terzo trimestre con utili e fatturato in crescita dell’8% rispettivamente a 9,1 e 30,1 miliardi di dollari. I risultati, superiori alle attese, hanno portato il titolo a guadagnare oltre il 4% a Wall Street.
A stupire gli analisti è stata soprattutto la performance dell’investment banking, osservata speciale dopo il flop della quotazione di WeWork. La divisione ha registrato il miglior terzo trimestre di sempre con ricavi per 1,9 miliardi di dollari (+8%).

Ancor più rilevante l’incremento del 25% a 3,6 miliardi dei ricavi da trading sui bond, compensando il calo del 5% del fatturato della divisione Equity Markets. Anche in epoca di rendimenti bassi, se non negativi, Jp Morgan dimostra così di sapersi muovere con perizia sul mercato obbligazionario.
Il margine di interesse, infine, è salito del 2% a 14,4 miliardi. I casi WeWork e Uber hanno invece penalizzato la trimestrale di Goldman Sachs, che ha dovuto registrare un calo del 27% dell’utile a 1,8 miliardi di dollari. Le scarse performance di borsa degli investimenti in Uber, Avantor e Tradeweb, in particolare, hanno causato «perdite per 276 milioni di dollari», a cui si aggiunge la svalutazione da 80 milioni di dollari della partecipazione di Goldman in WeWork.

Il fatturato della banca guidata da David Salomon è sceso nel complesso del 6% a 8,3 miliardi. L’investment banking, in particolare, ha sofferto un calo del 15% delle commissioni a 1,7 miliardi, mentre la divisione trading è emersa come una delle poche eccezioni in un trimestre difficile, registrando un aumento del 6% dei ricavi a 3,3 miliardi.

Le carte di credito hanno invece sostenuto la trimestrale di Citigroup. Grazie al +11% messo a segno in questo business la banca guidata da Michael Corbat ha battuto le stime degli analisti, con ricavi in crescita dell’1% a 18,6 miliardi e utile in rialzo del 6% a 4,9 miliardi. Il fatturato delle attività di trading è sceso dell’1%, compensato però dal +4% messo a segno dall’investment banking.

La riduzione dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve e 1,6 miliardi di accantonamenti per oneri giudiziari hanno infine zavorrato l’utile di Wells Fargo. I profitti della banca con sede a San Francisco sono scesi a 4,6 miliardi rispetto ai 6 miliardi del terzo trimestre 2018. Nonostante il calo di quasi 1 miliardo del margine d’interesse, il fatturato di Wells Fargo è aumentato lievemente, passando da 21,9 a 22 miliardi di dollari.

Nel complesso il mercato sembra aver accolto le trimestrali delle banche americane con sollievo: non c’è stato il brusco rallentamento dei ricavi che avrebbe potuto adombrare rischi di un’incombente recessione negli Stati Uniti. Non a caso, a un’ora dalla chiusura di Wall Street tutti i titoli delle big bank trattavano in rialzo: Jp Morgan spiccava con un +3,3%, inseguita dal +2,1% di Wells Fargo e dal +2% di Citigroup. E, nonostante il forte calo degli utili, anche Goldman Sachs restava in territorio positivo (+0,5%). Qualche segnale di preoccupazione, però, potrebbe emergere dall’aumento generalizzato degli accantonamenti per perdite sui prestiti.

Anche se i livelli toccati dai concorrenti europei restano lontani, questa voce è cresciuta del 25% rispetto al terzo trimestre del 2018. Segno che qualche difficoltà sul rientro dei crediti inizia a intravvedersi anche Oltreoceano. (riproduzione riservata)

Fonte: logo_mf