Mentre è arrivata la conferma di quota 100, in previdenza complementare da quest’anno è diventata strutturale la Rendita integrativa. Ecco come funziona
di Carlo Giuro

Il sistema previdenziale si connota sempre più per una ricerca di soluzioni di flessibilità in uscita che accompagnino in maniera graduale i lavoratori in una transizione verso la quiescenza. Nella previdenza obbligatoria si va dall’Ape a quota 100. La prima è stata, nella manovra allo studio, riproposta anche per il 2020 nella versione social, la seconda, che è partita quest’anno per un triennio, è invece oggetto del dibattito politico è invece oggetto del dibattito politico con il governo intenzionato a non toccarla.
Intanto nella previdenza complementare è stata introdotta la Rita, la Rendita integrativa temporanea anticipata. Proposta inizialmente in via sperimentale nell’orizzonte che decorreva dal 1° maggio 2007 fino al 31 dicembre 2018 in legame simbiotico con l’Ape volontaria, è stata poi resa prestazione strutturale ed autonoma. Come funziona? Consiste nell’erogazione frazionata di un capitale, per il periodo considerato, pari al montante accumulato richiesto. In ottica di pianificazione previdenziale sarà l’iscritto a valutare quanta parte del montante impegnare per la Rita, potendo la stessa gravare sull’intero importo della posizione individuale o su una porzione. I fondi pensione consentono di esprimere la scelta ritenuta più opportuna in merito alla percentuale di smobilizzo.
Per quel che riguarda poi la cadenza del frazionamento, si reputa rimessa alla forma pensionistica la relativa definizione, anche attraverso l’eventuale indicazione di più alternative che possano rispondere alle diverse esigenze degli iscritti (la Covip ritiene in ogni modo che l’erogazione della rendita debba avere una periodicità non superiore ai tre mesi). Chi può richiederla? I requisiti, da possedere al momento della presentazione dell’ istanza sono rappresentati in primo luogo dalla cessazione dell’attività lavorativa, dal raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i cinque anni successivi alla cessazione dell’attività lavorativa con correlata maturazione, alla data di presentazione della domanda di accesso alla rendita integrativa temporanea anticipata, di un requisito contributivo complessivo di almeno 20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza. Il prerequisito è rappresentato poi dall’aver maturato almeno cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari. Ulteriore fattispecie, sempre in caso di anzianità di iscrizione al fondo pensione di cinque anni, è rappresentato dalla situazione di inoccupazione, successiva alla cessazione dell’attività lavorativa, per un periodo superiore a 24 mesi con il raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i dieci anni successivi.
Quale è il regime fiscale? La Rita è soggetta a un prelievo con ritenuta a titolo d’imposta (senza addizionali regionali o comunali) con l’aliquota del 15%, con una riduzione dello 0,3% per ogni anno eccedente il 15° anno di partecipazione al fondo pensione, con un limite massimo di riduzione del 6%. E’ possibile optare per l’applicazione integrale della tassazione ordinaria attraverso la dichiarazione dei redditi, ipotesi che potrebbe essere più conveniente nel caso della presenza, parallelamente alla percezione di Rita, di oneri deducibili tali da ridurre il peso fiscale fino ad azzerarlo. La Relazione annuale della Commissione di vigilanza dei fondi pensione presieduta da Mario Padula riporta i dati relativi al primo anno di concreta operatività della Rita che ha interessato nel 2018 circa 2.450 posizioni, di cui 2 mila a valere sul montante; i fondi preesistenti hanno erogato tale prestazione su circa 2 mila posizioni, 300 i fondi negoziali, 130 i fondi aperti e 20 i pip. Il controvalore è stato pari a circa 81 milioni di euro, di cui 70 a titolo di rendita totale; la gran parte è concentrata nei preesistenti. (riproduzione riservata)

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