Delfin non ha depositato l’integrazione all’ordine del giorno per modificare lo statuto di Mediobanca. Una tregua? Sì, ma sotto traccia si lavora per cercare una soluzione che non scontenti la Bce
di Luca Gualtieri

Per il momento la dichiarazione di guerra non è stata presentata. Allo scadere dei termini previsti, Leonardo Del Vecchio ha scelto di non richiedere l’integrazione all’ordine del giorno dell’assemblea che il prossimo 28 ottobre voterà il bilancio di Mediobanca . Secondo ipotesi circolate nei giorni precedenti il presidente esecutivo di EssilorLuxottica avrebbe meditato di chiedere la modifica di alcuni delicati articoli dello statuto. Un blitz che lo avrebbe messo in rotta di collisione con la prima linea di Mediobanca , a partire dal presidente Renato Pagliaro e dal ceo Alberto Nagel. Difficile pensare che si tratti di una tregua, ma certamente Delfin (assistita dall’avvocato Sergio Erede) ha scelto di muoversi con grande cautela su un crocevia monitorato da vicino dalle istituzioni italiane.
La sostanza del confronto comunque non dovrebbe cambiare. Da un lato Delfin non ha mai escluso la disponibilità a effettuare nuovi acquisti sul mercato, portandosi anche al di sopra della soglia rilevante del 10%. Rumor non confermati danno peraltro Del Vecchio molto vicino a quella percentuale anche perché gli acquisti tra il 5 e il 10% non devono essere comunicati a Consob. Il superamento del 10% però non è un passo semplicissimo. L’arbitro della partita sarà infatti la Banca Centrale Europea che dovrà autorizzare gli ulteriori acquisti sulla base delle disposizioni della direttiva Crd 4. Oltre all’onorabilità personale e alle risorse a disposizione, a finire sotto la lente del regolatore in questi casi è la competenza professionale del compratore, intesa come l’esperienza pregressa nel settore finanziario.
Dall’altro lato gli uomini di Delfin potrebbero comunque approfittare dell’assemblea del 28 ottobre per uscire allo scoperto e avanzare rilievi alla governance di Mediobanca . Una governance plasmata in condizioni di eccezionalità tra il 2007 e il 2008, ma oggi senza dubbio atipica per una public company con una larghissima presenza di investitori istituzionali nel capitale. Nel porre la questione Del Vecchio toccherebbe certamente una corda molto sensibile per altri azionisti come Unicredit , dove il ceo Jean Pierre Mustier è cauto, ma molto attento agli sviluppi della vicenda.
Se insomma Delfin ha scelto di muoversi con maggior prudenza del previsto, la sostanza del confronto non dovrebbe cambiare. Resta da capire se sulle richieste Del Vecchio sarà possibile trovare un punto di incontro che non destabilizzi Mediobanca e, soprattutto, le Generali . (riproduzione riservata)

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