Con un balzo felino, nel primo semestre 2019, l’industria del private banking, recupera il terreno perso nella seconda metà del 2018. Superata, dunque, una situazione che sembrava inesorabilmente compromessa, gli asset in gestione toccano il massimo storico, oltre gli 800 miliardi di euro. Ma, la novità vera, con cui il wealth management deve fare i conti, è la nascita di una nuova generazione di clientela private, più esigente e affatto fedele. «I dati di giugno — commenta con un sospiro di sollievo, Antonella Massari, segretario generale Aipb — confermano che l’industria ha reagito molto bene alla difficile situazione di fine anno, quando, per effetto delle condizioni deteriorate del mercato e il difficile contesto internazionale, il valore delle masse era sceso a 778 miliardi di euro. A fine giugno i nostri associati gestivano 884 miliardi di euro, 43 miliardi in più rispetto alla stessa data del 2018 e 66 in più rispetto a fine dicembre 2018 ».
Il movimento
A riportare a galla l’industria del private banking, sono stati due fattori: la ripresa dei mercati finanziari e i flussi straordinari dovuti alle operazioni di alcuni operatori, come riorganizzazioni interne, fusioni, acquisizione e cessione di rami aziendali. Tant’è che la composizione dei portafogli, nei primi sei mesi di quest’anno, è rimasta stabile. Confermate tutte le modifiche apportate nell’ultimo semestre 2018, quando il quadro d’incertezza aveva spinto le famiglie ad aumentare la quota di liquidità e dei prodotti assicurativi. Con la ripresa dei motori, tuttavia, potrebbe esserci una rotazione di portafoglio, ricomponendo i pesi dall’amministrato al gestito. Presumibilmente, nell’ambito del risparmio gestito, nei prossimi mesi, potrebbero aumentare anche gli investimenti nei fondi alternativi. I cosiddetti illiquidi, decorrelati dai listini borsistici, che puntano sull’economia reale e, che nei primi mesi dell’anno, nei portafogli private,sono rimasti anch’essi fermi alla quota minimale dello 0,5% ( pari a tre miliardi di euro) di fine 2018.
Lo sguardo degli investitori benestanti verso i fondi alternativi, si è alzato un paio di anni fa, mosso dall’esigenza di ricercare nuove fonti di investimento che garantissero un rendimento interessante, in un contesto di tassi bassi e alta volatilità dei listini. Con la ripresa dei mercati anche questo trend potrebbe riprendere. «Infatti — commenta il segretario generale di Aipb — tra il 2018 e il 2019 è cresciuta dal 36% al 52%, la percentuale dei clienti di private banking disponibili a investire una parte del loro patrimonio con un orizzonte temporale di lungo periodo, fino a 10 anni, in cambio di performance soddisfacenti e, possibilmente di agevolazioni fiscali. Molto rilevante è anche il numero delle famiglie benestanti interessate a valutare opportunità di investimento in economia reale, soprattutto, in attività produttive, in quanto generatrici di occupazione e reddito e per poter svolgere un ruolo importante nelle dinamiche di sviluppo del Paese».
Il sondaggio
Ma la vera novità l’ha rilevata EY (società internazionale specializzata nella revisione e organizzazione contabile, assistenza fiscale e legale e consulenza) tastando il polso a duemila clienti in 26 paesi nel mondo. Ne è risultato che sta nascendo una nuova generazione di clientela con cui il wealth management deve fare i conti. Sono giovani più preparati, orientati al digitale, pur senza voler rinunciare al contatto umano; più esigenti in fatto di servizi e pretendono maggiore trasparenza, sia sulle commissioni pagate, sia sulle performance dei propri investimenti. Se non sono soddisfatti, i nuovi clienti private, non si fanno molti problemi e cambiano banker. L’infedeltà sembra essere una caratteristica più marcata negli italiani: il 46% degli intervistati ha dichiarato di aver cambiato wealth management negli ultimi tre anni (contro il 43% degli europei) e il 44% pianifica di farlo nel prossimo triennio (contro il 39% degli europei). Il fenomeno risulta più rilevante all’aumentare del patrimonio e nei momenti salienti della vita.I più frequenti motivi di abbandono sono: la nascita di un figlio, un nuovo lavoro, eredità, matrimonio, separazione, pensionamento, acquisto della casa.

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