Ieri a Napoli la prima giornata di Consulentia, evento organizzato dall’Anasf
La normativa Ue introdotta lo scorso gennaio metterebbe a rischio 300-600 milioni di fatturato per il settore della consulenza finanziaria. Bufi: i consulenti non devono essere l’anello debole
di Anna Messia

La sfida rappresentata dalla Mifid II sembra essersi aperta per i consulenti finanziari prima del previsto e a rischio ci sarebbero tra 300 e 600 milioni di ricavi. I prospetti che alzeranno ogni velo su costi e commissioni su prodotti e servizi finanziari saranno consegnati al cliente solo all’inizio dell’anno prossimo, con la messa a punto dei rendiconti di fine anno.
Ma la prevista e preoccupante pressione sui margini sembra essere già partita, con effetti che appaiono anche più evidenti delle stime iniziali. Sono i temi trattati ieri a Napoli durante la giornata inaugurale dell’edizione autunnale di ConsulenTia, l’evento organizzato da Anasf, l’associazione dei consulenti finanziari, che ha visto la partecipazione oltre 1.500 professionisti e che proseguirà oggi.
Dalla Mifid II, introdotta lo scorso gennaio, «emergono luci e ombre e le seconde sembrano essere più ampie del previsto», ha dichiarato in apertura dei lavori il presidente dell’Anasf Maurizio Bufi, auspicando che i consulenti non siano l’anello debole della catena del valore che sembra destinata a essere colpita dalla nuova normativa europea, ma continuino anzi «ad avere un ruolo centrale».

A dare i numeri dell’effetto che Mifid II sta avendo sul settore è stata Cristina Catania, partner della società di consulenza McKinsey, che ha segnalato gli aspetti positivi che riguardano il settore della consulenza finanziaria. In questi anni le reti dei consulenti finanziari hanno registrato importanti tassi di crescita, passando dal 23% del mercato nel 2012 al 28% del 2017, rosicchiando quote alle banche e arrivando a registrare 8 miliardi di ricavi.
Le reti hanno il vantaggio di avere un modello di consulenza più completo rispetto alle banche ma gli effetti della Mifid II potrebbero indebolirle se non saranno prese contromisure. Secondo l’analisi di McKinsey, per il 2019 è previsto un impatto negativo sul pricing medio dell’industria delle reti con un calo che, secondo l’indagine condotta tra i consulenti finanziari, potrebbe essere del 6%.
Ancora più pessimisti sono gli asset manager, secondo i quali il taglio potrebbe arrivare al 10%. In pratica in ballo ci sono minori ricavi per una cifra compresa tra 300 e 600 milioni. Frenata che sarebbe già iniziata. Secondo quanto emerso dalla ricerca, il 40% dei consulenti contattati ha osservato in questi mesi un impatto sul pricing, con un calo potenziale di 150 milioni. Ma le società di consulenza sono ancora in tempo per evitare questa flessione, mettendo in campo decise contromisure. «Se le reti riusciranno a introdurre pricing alternativi, continuando a lavorare, per esempio, sulla qualità dei servizi di consulenza e sulla digitalizzazione dei processi», ha aggiunto Catania, «i tassi di crescita del settore resteranno quelli del passato».
Tra le questioni da affrontare per il futuro della professione c’è anche il tema del ricambio generazionale. «Urge ringiovanire la categoria», ha sottolineato Bufi, dando notizia del recente avvio del primo corso di laurea triennale per i consulenti finanziari, che partirà quest’anno all’Università di Teramo. (riproduzione riservata)

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­Fonte: logo_mf