Caltagirone e Del Vecchio salgono nel Leone, ma hanno un piano comune? La risposta arriverà ad aprile, quando ci sarà da rinnovare il consiglio e scegliere il nuovo presidente. L’ipotesi Tononi
di Giuseppe Stadio Caputo

La lenta scalata di Francesco Gaetano Caltagirone alle Generali , ora al 4,4%, potrebbe non essere solitaria. In campo è definitivamente sceso anche Leonardo Del Vecchio, salito al 3,29% dal precedente 3,15%. Il patron di Luxottica , secondo fonti a lui vicine, vuol crescere fino a un 4-5%. Tra i due imprenditori almeno sulla compagnia triestina c’è sintonia. Entrambi sono impegnati nello stimolare il ceo Philippe Donnet a metter a punto un piano Generali più aggressivo. Su altri fronti le strade non sembrano però convergere. Del Vecchio, per esempio, è in rotta di collisione con Mediobanca sullo Ieo-Monzino, dove è alleato di Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di Unicredit che finora è stato in buoni rapporti con Caltagirone , anche se adesso proprio gli sviluppi su Trieste potrebbero far cambiare le cose.

Mediobanca è primo azionista storico del Leone; ora è al 13,2% ed destinato a scendere al 10% entro giugno 2019. Sulle Generali Piazzetta Cuccia ha sempre esercitato la leadership in termini di indirizzo e influenza su gestione e governance. La salita di alcuni soci-imprenditori italiani può mescolare alcune carte in tavola perché, pur in assenza di dichiarazioni ufficiali, il fronte nazionale degli imprenditori potrebbe raggiungere presto un 14-15% e quindi scavalcare l’attuale partecipazione di Mediobanca . La partita si presenta però complessa perché lo schieramento non si presenta compatto. Il costruttore-editore-cementiere a breve si attesterà al 5%, ma punta a salire al 7%. E poi c’è Edizione al 3,05%, ma dopo il crollo del viadotto sul Polcevera a Genova la holding della famiglia Benetton ha dovuto rimettere nel cassetto tutte le velleità di salire al 5% non potendo sprecare risorse. Nell’azionariato figura anche Dea Capital (De Agostini) con l’1,5%. Il rappresentante di Dea, Lorenzo Pellicioli, fa squadra con Mediobanca . Va ricordato che all’ultima assemblea di Generali il fronte dell’azionariato tricolore radunava il 22,91% (adesso supera il 25%) scavalcando lo schieramento estero.

Su Trieste chi ha assunto la guida tra i soci privati è Caltagirone . È sì vicepresidente ma, com’è nel suo carattere e nel suo modo di fare, vuole avere voce in capitolo sulle scelte, sulle strategie, sui piani di azione. E l’aumento del peso azionario va a supportare questo disegno. Il costruttore romano sta seguendo passo passo le evoluzioni del piano industriale che è stato messo in cantiere da Donnet e che verrà presentato il 21 novembre. Dopo l’ultima riunione di alcune settimane fa dei soci con l’ad, in cui Caltagirone ha incitato il manager francese a rendere più aggressivo il piano fino a prevedere acquisizioni anche attraverso eventuali aumenti di capitale, non ci sarebbero più state più riunioni. Ma non sono mancate le occasioni di incontro. In una di queste, molto recente, il patron de Il Messaggero avrebbe rimarcato al top manager francese che il Leone deve puntare a un target di utili di 2,5-3 miliardi di euro, da raggiungere attraverso la crescita organica e tramite acquisizioni. E a Donnet, fortemente impegnato nella riduzione dell’indebitamento della compagnia assicurativa triestina, Caltagirone avrebbe risposto: primum crescere, deinde non accelerare nel rimborso dei bond. Questo nonostante i 650 milioni di euro annui di oneri finanziari. Prima del 21 novembre il banco di prova sarà la riunione del consiglio di amministrazione che si terrà in Germania il 7-8 novembre, ultima verifica sulla condivisione del progetto.

Sullo sfondo poi c’è il rinnovo del consiglio Generali ad aprile con la scelta del presidente al posto di Gabriele Galateri di Genola, non più rinnovabile per l’età. Massimo Tononi incontra un generale gradimento ma il banchiere-manager, da luglio alla presidenza della Cassa Depositi e Prestiti, potrebbe voler portare a termine il suo mandato in Cdp, dove spinge perché diventi sempre di più volano di crescita economica del Paese. Essendo un nome di raccordo dei consensi, Tononi resterà la prima scelta almeno fino a febbraio, quando sarà più chiaro se il banchiere-manager (con un passato di sottosegretario) vorrà completare il mandato in via Goito oppure sarà disponibile per una presidenza ancora più di prestigio. Papabili anche Domenico Siniscalco e Vittorio Colao, ex amministratore di Vodafone. In materia di nomine Caltagirone e Del Vecchio puntano a una maggiore collegialità, il che è facile a dirsi, molto meno a realizzarsi quando si tratta di scelte sulle persone. E la scelta del presidente delle Generali riveste una valenza notevole, perché, al di là delle funzioni, il ruolo ha un valore di rilievo. Poi c’è la composizione del consiglio. Del Vecchio se arrivasse al 5% circa potrebbe chiedere spazio per un suo rappresentante ed è possibile che, seppure in posizione più defilata, anche il gruppo di Benetton voglia avere un posto, specie se il nuovo piano dovesse essere convincente. Due nuovi pretendenti potrebbero rimescolare le carte provocando l’uscita di qualcuno che dal punto di vista azionario conta meno. (riproduzione riservata)

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