di Andrea Magagnoli

L’amministratore di una società è responsabile per i reati tributari commessi, nel corso dell’attività sociale anche, se è stato totalmente estromesso dalla gestione della stessa, da parte di altri soggetti. Questo è il principio individuato dalla Corte suprema di Cassazione con sentenza n. 41232/2018, nella quale in giudici del supremo collegio, si sono trovati a dovere valutare la fondatezza di un motivo di ricorso che riguardava la questione. Assumeva, infatti, il ricorrente che la sentenza di secondo grado, era affetta da un evidente difetto, nella parte in cui riteneva l’imputato responsabile, nonostante che quest’ultimo fosse stato effettivamente estromesso, dato che la gestione, faceva capo ad altri. In particolare rappresentava, come la mancanza di alcuni adempimenti tributari che avevano portato alla contestazione a suo carico del reato di cui all’art.5 del dlgs. n.74/2000,non potesse essere sostenibile posto che egli non era consapevole degli effettivi obblighi sociali società dato che egli non svolgeva alcuna attività di gestione.

Ad opinione diversa giungevano tuttavia gli ermellini, i quali rigettavano il ricorso valutando la posizione del ricorrente conformemente alla giurisprudenza prevalente, espressa dallo stesso organo. Secondo i giudici infatti l’assunzione da parte dell’imputato della qualità di legale rappresentante sia pure quale mero prestanome, comportava ai sensi del combinato disposto degli articoli 40 comma 2 C.p. e 2392 del codice civile, l’obbligo di vigilare sulla presentazione delle dichiarazioni dei redditi, relative alla società della quale l’imputato era il legale rappresentante. Da tale posizione, pertanto deriva la responsabilità per il mancato adempimento degli obblighi tributari, anche perché l’imputato non fornisce prove circa una diversa e alternativa ricostruzione dei fatti e circa la mancata consapevolezza da parte sua dell’inadempimento degli obblighi tributari.
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