CASSAZIONE/ Duplici gli obblighi che ruotano intorno alla tenuta del documento

Mantenimento e conservazione gravano sull’ospedale
di Federico Unnia

L’obbligo di mantenere e conservare illimitatamente nel tempo la cartella clinica grava – una volta che questa sia stata consegnata all’archivio centrale dell’ospedale o della clinica – unicamente su questa, costituendo tale documento a tutti gli effetti un atto ufficiale. Sono infatti duplici gli obblighi che ruotano intorno alla tenuta della cartella clinica: da un lato quello della sua compilazione, che grava certamente anche sui medici; altro è l’obbligo di conservazione della cartella clinica stessa che riguarda la struttura sanitaria e non può ridondare a carico del medico in termini assoluti.

È quanto ha stabilito la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 18567 del 13 luglio 2018 (pres. dott. G. Travaglino, rel. d.ssa L. Rubino) in merito a un ricorso presentato da un cardiochirurgo e da alcuni anestesisti contro la sentenza della Corte di appello che li aveva ritenuti responsabili dei danni subiti da un paziente, sottoposto a due interventi correttivi a una prima procedura fortemente invasiva, da cui era successivamente sorta una grave infezione ospedaliera antibiotico resistente che aveva condotto al decesso del paziente.
La vertenza ruotava infatti inforno allo smarrimento della cartella clinica solo denunciato dalla struttura ospedaliera, mancando la quale, solo grazie ad una autonoma valutazione della corte e dei rilievi eseguiti dai consulenti concludeva con la ripartizione della responsabilità in percentuali diverse tra la struttura, il cardiochirurgo e gli anestesisti.
Secondo la Cassazione, che ha rigettato entrambi i ricorsi, l’obbligo di conservazione della cartella non può ricadere a carico del medico in termini assoluti. Infatti, ai sensi della normativa vigente, per tutta la durata del ricovero, il responsabile della tenuta e conservazione della cartella è il medico (responsabile della unità operativa dove è ricoverato il paziente). Questi «esaurisce il proprio obbligo di provvedere oltre che alla compilazione, alla conservazione della cartella, nel momento in cui consegna la cartella all’archivio centrale, momento a partire dal quale la responsabilità per omessa conservazione della cartella si trasferisce in capo alla struttura sanitaria, che deve conservarla in luoghi appropriati, non soggetti ad alterazioni climatiche e non accessibili ad estranei».

Ne consegue, secondo la Cassazione, che «il principio di vicinanza della prova, fondato sull’obbligo di regolare e completa tenuta della cartella, le cui carenze ed omissioni non possono andare a danno del paziente, non può operare in pregiudizio del medico per la successiva fase di conservazione: dal momento che l’obbligo di conservazione è imputabile esclusivamente ad essa». La violazione dell’obbligo, quindi, non si riverbera direttamente sul medico determinando una inversione dell’onere probatorio.
Tuttavia, secondo la Corte, sebbene i medici possano trovarsi, in caso di smarrimento della cartella clinica, in una posizione per molti aspetti simile a quella del paziente, nelle cause di responsabilità sanitaria il ruolo dei medici è un ruolo attivo, «nel senso che, ove convenuti, devono attivarsi per articolare nel modo migliore la propria difesa».
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