di Roberto Torre

Un Pir non è per sempre. Una persona fisica non può essere titolare di più di un piano di risparmio contemporaneamente, ma nulla vieta che possa chiudere un Pir ed aprirne uno nuovo, destinando altre somme o valori nel limite annuale di 30.000 mila euro e complessivo di 150.000 euro. La conferma è arrivata con la pubblicazione la scorsa settimana(si veda Italia Oggi del 5 ottobre) da parte del Dipartimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle linee guida sui piani di risparmio a lungo termine. Si tratta del regime agevolativo, introdotto dalla Legge di Stabilità 2017, che consente alle persone fisiche residenti in Italia di beneficiare della esenzione delle imposte sui redditi e dell’imposta di successione relativamente agli strumenti finanziari in cui è investito il Piano e che sono detenuti almeno cinque anni con l’opzione del regime amministrato. Il venir meno di uno dei requisiti previsti dalla legge determina la chiusura del piano. Il trasferimento della residenza fiscale all’estero del titolare del piano determina, ad esempio, la fine dell’agevolazione e l’applicazione delle regole di tassazione ordinarie previste per i non residenti per i redditi realizzati successivamente. Le linee guida però precisano che l’investitore può evitare il recupero a tassazione dei redditi medio tempore percepiti, relativi agli strumenti finanziari che al momento della variazione della residenza sono detenuti da meno di cinque anni, se decide di mantenere l’investimento fino al raggiungimento del quinquennio, che è appunto il requisito normativo per beneficiare dell’esenzione delle imposte. Importante il chiarimento anche in tema di decesso del titolare del Pir, che determina anch’esso la chiusura del piano, ma non comporta mai la recapture dei redditi relativamente agli strumenti che non hanno maturato i cinque anni di detenzione, al momento del decesso. Inoltre nel caso in cui il Piano abbia ad oggetto quote o azioni di Oicr, le linee guida hanno chiarito che il trasferimento, a seguito della successione, delle quote in capo agli eredi non è equiparato ad una cessione, come prevede ordinariamente l’articolo 26 quinquies, comma 6 del DPR 600/73 e l’articolo 10 ter, comma 3 della Legge 77/83. Di interesse infine l’apertura da parte del Mef ad una gestione dinamica del piano pir, la cui consistenza può variare nel tempo ed adattarsi alle esigenze di investimento dell’investitore, consentendo flessibilità nelle strategie di composizione che, entro certi limiti, può prevedere il disinvestimento degli strumenti contenuti nel Pir ed il reinvestimento in nuovi strumenti senza che questo comporti la chiusura del Piano. Nello specifico, se al rimborso o alla cessione segue, entro 90 giorni, il reinvestimento del controvalore, non solo il periodo di possesso delle strumento ceduto/rimborsato si somma a quello dello strumento acquistato, ma non si avrà nemmeno il recupero dei redditi medio tempore percepiti di cui al comma 106 della legge di Bilancio 2017 ne tantomeno la tassazione dei redditi percepiti al momento della cessione/rimborso. Con un punto di attenzione però: se successivamente gli stessi strumenti oggetto di reinvestimento dovessero essere ceduti prima di aver maturato il quinquennio, il meccanismo del recupero a tassazione si imporrebbe non solo sui redditi derivanti da questi ultimi strumenti ma anche su quelli derivanti dagli strumenti finanziari che sono stati oggetto di cessione/rimborso.
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