LA METODICA DEL RISTORO DEL DANNO INCREMENTATIVO DIFFERENZIALE
TRIBUNALE DI ROMA – XIII SEZIONE CIVILE – G.U. DOTT. MASSIMO MORICONI – SENTENZA DEL 26.06.2017

Avv. Gianluca Messercola

Con sentenza del 26 giugno 2017 il Tribunale di Roma, con l’autorevolezza e l’elevata
specializzazione del Foro più importante di Italia, definisce nella sua complessità alcuni
rilevanti aspetti in tema di responsabilità medica.
Primo importante segnale del decisum afferisce ai parametri applicativi dell’art. 7 di
cui alla L. 24/2017 nella parte in cui (commi 1 e 2) il legislatore ebbe a stabilire che
l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile.

L’impostazione seguita – in presenza di un ingiustificato vuoto legislativo – riconduce,
innanzitutto, alla natura sostanziale della norma richiamata, con la conseguente e chiara
implicazione che l’applicabilità del precetto non potrà che ricondursi ai soli eventi – condotte mediche – poste in essere successivamente all’entrata in vigore della legge di riforma (24/2017).

Ne scaturisce, quindi, che il vecchio sistema del contatto sociale avrà vita ancora per
tutti quegli eventi – oggetto di richieste risarcitorie – occorsi prima della legge 24/2017 e,
soprattutto, che per i giudizi in corso, ancorché in presenza della sterile legge Balduzzi, la
attività del medico sarà soggetta alle norme previste dalla responsabilità contrattuale.
Invero, la condivisibilità del ragionamento del Tribunale di Roma va ricercata nella
stessa qualifica delle disposizioni della legge “Gelli”, laddove il legislatore nel modificare
l’onere della prova, introducendo a carico di una parte oneri probatori prima inesistenti
(inversione a carico del presunto danneggiato), costringerebbe una parte ad addurre prove
che, essa stessa, non era tenuta a precostituirsi prima al tempo del perfezionamento della
fattispecie sostanziale, con la conseguente impossibilità per la parte onerata di produrre una simile prova.

Una tale interpretazione impatta, peraltro, sul termine di prescrizione che rimane
ancorato, quindi, anche per il medico ai dieci anni previsti dall’art. 2046 c.c. per tutti gli eventi accaduti prima del 01.04.2017.

Il Tribunale di Roma affronta, inoltre, il tema del danno differenziale e si pone in una
posizione interpretativa intermedia, volta a riequilibrare da una parte l’ingiusta
penalizzazione del danneggiato (qualora si applicasse il metodo secco) ovvero la
irragionevole attribuzione di colpa al danneggiante (nel caso in cui venisse applicato il
metodo differenziale del valore economico).

Secondo il Tribunale di Roma, quindi, la giusta soluzione si colloca nel mezzo, o meglio,
va determinata integrando il metodo secco (ossia il valore punto di invalidità riconosciuto al
danneggiato senza il ricorso al differenziale con il maggior danno) con una valutazione
equitativa che tenga conto delle effettive conseguenze lesive subite dal danneggiato.
L’effetto che sortisce tale siffatta nuova valutazione è innegabilmente più rispettosa di
quei criteri volti al conseguimento del giusto ristoro del danno, ma presentando il ricorso ad
una valutazione “equitativa” non permette di allocare tale procedura a parametri univoci,
qualsivoglia sia il pensiero dell’interprete.

Il Tribunale di Roma, inoltre, nella doverosa ricerca di sviluppare un sistema
applicativo della L. 24/2017 che possa presentare un quadro di lettura unitario, nella
disamina della fattispecie, pur evidenziando profili di censura in capo al sanitario convenuto, si premura di specificare che la condotta dello stesso non assume profili degni di una pronuncia di responsabilità per colpa grave.

Così facendo, il Tribunale di Roma impone un arresto all’eventuale azione di rivalsa
dell’Azienda sanitaria – secondo i nuovi parametri della L. 24/2017 – ma, nel contempo, non esclude che a fronte di una condotta diversa e non responsabile, si potrà assistere ad una prima qualificazione della colpa grave in ambito civile nei confronti del medico, post-riforma Gelli.

Invero, le lacune attuative (i decreti dove sono?) della legge 24/17 – ad oggi incompleta
per molti rilevanti aspetti normativi – limitano l’azione interpretativa, precludendo
all’interprete qualsivoglia impulso applicativo.
In ultimo ma non certo per importanza, il Tribunale di Roma pone a carico dell’assicurato (in questo caso Struttura Sanitaria) l’onere di dimostrare l’esaurimento della “franchigia annua aggregata”, terminata la quale l’assicurazione è chiamata a manlevare il
contraente.
A prescindere dalla natura sperequativa di una “franchigia aggregata” all’interno di un
contratto assicurativo – ma questo è un personalissimo pensiero di chi scrive –, l’esistenza di tale pattuizione negoziale comporta per l’assicurato – secondo il pensiero del tribunale
Capitolino – un onere probatorio che potrà essere raggiunto (per il caso di Strutture Sanitarie) solo attraverso una gestione amministrativa esente da forme di approssimazione.

in conclusione, nel lungo divenire applicativo della L. 24/2017 e, soprattutto, nella
complessa materia della responsabilità medica, il Tribunale di Roma pone altri tasselli
orientativi che inevitabilmente – nel prossimo futuro – necessiteranno di adeguate e
specifiche riflessioni.

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