Pagina a cura di Roxy Tomasicchio

Ogni ora, ogni giorno, fallisce un’impresa (o poco più), soprattutto se opera in Lombardia, nel settore del commercio. A fornire l’analisi dei fallimenti in Italia, aggiornata a fine settembre, è Cribis, società del gruppo Crif specializzata in business information. Circa 27 imprese, ogni giorno, portano i libri in tribunale: tante, ma meno rispetto agli anni passati, soprattutto al 2014, anno in cui è stato raggiunto il numero più alto di fallimenti: 15.336, di cui 2.948 solo nel terzo trimestre. Mentre nel terzo trimestre di quest’anno sono state 2.468 le aziende costrette a dichiarare fallimento. Sale così a 8.656 il totale da gennaio a settembre. Rispetto allo stesso trimestre 2016 (2.704 fallimenti) la riduzione è a doppia cifra:-13,8%. E la percentuale aumenta ancora in rapporto al 2014: -20,6%.

Una tendenza che accomuna l’Italia al resto delle principali economie, in quanto, stando al Global Bankruptcy Report 2017 di Cribis, è in atto una diminuzione generale dei fallimenti sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo. Nel 2017 la percentuale media di fallimenti nei 46 paesi analizzati è lo 0,88% rispetto al totale delle imprese attive, in quattro paesi è superiore al 2%, in sette paesi è compresa tra l’1 e il 2% e in 34 è minore dell’1%. In Europa, da gennaio a giugno, la situazione è positiva: in Germania il tasso di fallimenti è calato dell’8,2%; in Francia del 9,7% così come nell’Europa meridionale dove Spagna e Portogallo hanno visto diminuire i fallimenti rispettivamente del 18,3 e 24,1%. In Gran Bretagna invece, i casi di aziende in bancarotta sono aumentati del 19,8% nella prima metà del 2017 mentre le stime per la crescita sono state riviste al ribasso.

Ma, tornando in Italia, la crisi non è ancora un capitolo chiuso. Nonostante il calo dei fallimenti sia una costante (seppure a ritmi differenti) il confronto con il 2009, quando gli effetti della crisi non erano così presenti, vede un aumento del 36,9% delle imprese costrette a chiudere i battenti: otto anni fa erano infatti solo 1.729, circa 19 ogni giorno, i fallimenti del trimestre esaminato.

Da regione a regione, poi, la situazione cambia, e anche di molto, in relazione alla densità di imprese attive nelle diverse aree. Nei primi nove mesi, nelle prime tre posizioni (ma in tal caso non è un vanto) ci sono la Lombardia, con 1.827 fallimenti (il 29,5% del totale, 24.069 dal 2009 a oggi,); il Lazio, con 1.084 aziende fallite (l’incidenza è del 17,5%, e sono 11.945 dal 2009 a oggi) e la Campania, che quest’anno ha registrato 754 fallimenti, che hanno inciso sul totale italiano per l’12,2%.(9.069 dal 2009). Chiudono la classifica delle prime dieci regioni Veneto (742 fallimenti), Toscana (671), Emilia-Romagna (646), Sicilia (540), Piemonte (531), Puglia (426) e Marche (244).

A soffrire di più è stato il commercio, dove sono state 2.858 le imprese fallite. Qualcosa però inizia a cambiare e il numero di fallimenti di imprese attive nel settore è in costante calo dal 2014, e rispetto a dodici mesi fa è diminuito del 13,4%.

Non meno rosea la situazione nei servizi (2 mila fallimenti), nell’edilizia (1.704) e nell’industria (1.658), mentre tutti gli altri comparti nel loro complesso hanno registrato 436 imprese fallite. Anche nell’industria e nell’edilizia, comunque, il numero di fallimenti è in continua discesa, con una riduzione rispettivamente del 16,2 e del 15,4% rispetto al 2016.
Fonte:
logoitalia oggi7