di Antonio Lusardi
L’efficienza operativa non basta più. Le assicurazioni mondiali attraversano da anni una fase di riduzione della redditività, a cui cercano sempre di più di far fronte sfruttando i propri portafogli. È il risultato del sesto sondaggio globale annuale di BlackRock condotto fra 300 senior executive di compagnie assicurative, responsabili della gestione di quasi 10 mila miliardi di dollari. «Finora la strada per sostenere la redditività è stata agire sul fronte operativo da un lato tagliando i costi e dall’altro lanciando nuovi prodotti», spiega Patrick Liedtke, responsabile della gestione per le compagnie assicurative di BlackRock in Europa, che però indica come queste misure oggi non bastino più. «Due terzi degli intervistati pensano che agire sui portafogli sia la chiave di volta per migliorare la redditività del business». Aumentare il rendimento dei portafogli è però in contrasto con l’esigenza di contenere i rischi. «La percezione dei rischi di mercato, geopolitici e regolatori è ai massimi livelli», spiega Liedtke. Ben il 71% considera i rischi geopolitici uno dei più gravi pericoli macroeconomici, il 51% in più sul 2016. Anche la normativa è percepita come una sfida dal 64% delle società, e per due su cinque è una limitazione alle opzioni d’investimento. Non va meglio sul mercato: oltre il 70% degli intervistati indica come un rischio per il futuro la liquidità, la volatilità e i tassi di interesse. Migliorare la redditività senza aumentare il rischio, percepito come già elevato, non è un compito semplice, ma, secondo Liedtke, le strade non mancano: «Non potendo più aggiungere rischio, solo il 9% è disposto a farlo, è necessario ottimizzare l’esposizione. Lo spazio c’è: solo rafforzando l’efficienza dei portafogli d’investimento si può migliorare la redditività di 20 punti base». Sembra poco, ma su 10 trilioni di euro di asset in gestione, i risultati sono maggiori introiti per 20 miliardi. Uno dei metodi più evidenti per ottimizzare il rendimento è ribilanciare i portafogli, riducendo il rischio di una concentrazione su pochi asset. Più in generale, spiega Liedtke «seppure nei prossimi anni le assicurazioni continueranno a comprare sempre bond, ne ridurranno certamente la loro esposizione, poiché su di essi pendono i rischi di un rialzo tassi. Ciò che va registrato è il cambiamento della composizione dei portafogli verso soluzioni d’investimento differenti».

Queste soluzioni sono le asset class alternative e private. Circa il 39% degli intervistati intende aumentare la propria allocazione al mercato privato, mentre un altro 57% dice di averlo già fatto e si ritiene soddisfatto. «Le strade intraprese finora dalle assicurazioni per esporsi in questi settori sono principalmente quattro: il private equity, il private debt, l’immobiliare e il debito delle infrastrutture. Rispetto all’azionario, queste asset class prevedono anche un minore assorbimento di capitale Solvency», spiega Liedtke. Ma non è un controsenso investire in settori illiquidi quando uno dei principali fattori di rischio indicati è proprio la liquidità? «I gestori vogliono evitare che il rischio di liquidità arrivi da dove non se lo aspettano, cioè dai mercati. Nelle asset class alternative questo rischio è già prezzato», spiega Liedtke, che prosegue, «senza contare il maggior rendimento offerto da questi settori. A titolo di confronto, il private equity offre un ritorno maggiore di 100-300 punti base rispetto ai mercati azionari». (riproduzione riservata)
Fonte: