di Francesco Ninfole
La vigilanza bancaria in Europa è ancora lontana dall’aver raggiunto un assetto ottimale. Nata con grande (forse troppa) velocità in seguito alla crisi finanziaria e dei debiti sovrani, restano «contraddizioni» e «disarmonie» da risolvere, come ha osservato ieri Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza di Bankitalia, intervenuto a Pisa a un convegno della Fondazione Ugo La Malfa. Barbagallo ha indicato ieri possibili ambiti di miglioramento per l’azione (individuale e congiunta) di Single Supervisory Mechanism (Ssm), Eba e Commissione Ue. «Chiarezza, certezza e completezza dell’assetto regolamentare e istituzionale della vigilanza bancaria europea sono obiettivi non ancora raggiunti», ha detto Barbagallo. Solo un breve riferimento implicito è stato rivolto alla questione più recente, ovvero all’addendum Bce sui crediti deteriorati: «Sarebbe opportuno chiarire i limiti dei poteri del Meccanismo di supervisione unico di emanare documenti che assumono, di fatto, il rango di normativa secondaria». Il problema è emerso con l’addendum che ha definito le aspettative di vigilanza sulle coperture dei non-performing loans, creando effetti paragonabili a quelli di una nuova disciplina (che sarebbe però di competenza legislativa).
Più estesa è stata l’analisi sul ruolo dell’Eba. La Commissione Ue ha proposto modifiche alle autorità di vigilanza europee, ma la proposta di Bruxelles secondo Barbagallo «non sembra andare nella giusta direzione», poiché «accresce notevolmente i poteri di supervisione dell’Eba e ne limita il ruolo nell’armonizzazione della regolamentazione. Sarebbe invece auspicabile il contrario».
In particolare, Barbagallo ha osservato che «viene rafforzato il potere di effettuare stress test». Già in fase di consultazione Bankitalia aveva espresso la necessità di cambiare le prove sulle banche: secondo Via Nazionale l’esame non dovrebbe essere pubblico ma restare un semplice input da utilizzare in modo flessibile per l’attività di vigilanza, con responsabilità affidata a banche centrali e Bce (si veda MF-Milano Finanza del 5 luglio). Il quadro potrebbe ulteriormente peggiorare secondo Barbagallo: «Suscita perplessità l’ipotesi di attribuire potere decisionale esclusivo nelle materie di supervisory convergence a un organo esecutivo dell’Eba di nuova costituzione, l’Executive Board, formato dal Presidente e da tre membri permanenti indipendenti dalle autorità nazionali competenti». Ciò significherebbe che «anche due soli membri, peraltro non coinvolti nell’ordinaria attività di vigilanza, potrebbero definirne le priorità strategiche per l’Unione, nonché decidere su tempistiche, modalità e conseguenze degli stress test».
Un altro ambito di preoccupazione di Bankitalia riguarda in negoziato in Europa sul Mrel, ovvero la disciplina che obbliga le banche a detenere un livello minimo di passività svalutabili in caso di risoluzione (proprio ieri è stato raggiunto un primo accordo in Europa sui titoli senior non-preferred, oltre che sull’introduzione graduale del principio Ifrs9). Via Nazionale non critica il principio del Mrel ma «la calibrazione dei requisiti», che potrebbe causare «effetti dannosi sulla redditività delle banche e sul finanziamento dell’economia», ha detto Barbagallo.
Il capo della Vigilanza di Bankitalia, come già in passato, ha inoltre invitato a riflettere sulle risoluzioni, la cui flessibilità è ridotta al minimo per le regole sugli aiuti di Stato del 2013 della Commissione Ue, che riducono i margini per le ricapitalizzazioni pubbliche precauzionali e vietano l’impiego nelle crisi dei fondi interbancari. Un problema che può riguardare anche le piccole banche che non possono accedere alle risoluzioni. Barbagallo ha rinnovato anche l’appello alla garanzia comune sui depositi e all’armonizzazione delle regole fallimentari, fiscali e contabili.
In Europa il cammino per una vera Unione bancaria è quindi ancora lungo. In ambito internazionale è invece in via di definizione l’affinamento delle regole di Basilea 3, a cui alcuni danno il nome di Basilea 4. «I lavori sono sostanzialmente conclusi», ha detto Barbagallo. «Il risultato, anche grazie alle posizioni portate avanti dalla Banca d’Italia, risulterà in linea con le indicazioni del gruppo dei governatori e capi della vigilanza, che aveva chiesto di rivedere le metodologie senza aumentare significativamente i requisiti di capitale». Secondo indiscrezioni l’accordo sull’output floor, ovvero sull’utilizzo massimo dei modelli interni delle banche rispetto a quelli standard, è stato raggiunto al 72,5%.
Bankitalia ha ora auspicato «una pausa nella produzione delle norme», che consenta alle banche di concentrarsi sul problema della bassa redditività. «Un aumento dell’avversione al rischio degli investitori, in un contesto di elevata incertezza, potrebbe rendere più difficile e oneroso l’accesso al mercato dei capitali, proprio nel momento in cui viene richiesta la costruzione di una significativa capacità di assorbimento delle perdite». Perciò secondo Barbagallo è essenziale per le banche recuperare un’adeguata redditività, aumentando l’efficienza, migliorando la governance e investendo in nuove tecnologie. (riproduzione riservata)
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